BEHEMOTH

Opvs Contra Natvram

Behemoth! Un nome che, oggi più che mai, suona altisonante, un nome che genera hype ovunque venga scritto o pronunciato, un nome che risuona largamente nel panorama del metal estremo e non solo da anni, ma esattamente di quali anni parliamo? Sicuramente non stiamo parlando degli esordi o dei dischi successivi, infatti se fino a Demigod i Polacchi erano la nuova ondata di estremo nel mondo “underground”, da quel meraviglioso platter e, volendo, anche i successivi The Apostacy ed Evangelion, qualcosa è cambiato, qualcosa ha portato Nergal e soci a rivedere il proprio approccio alla musica e alla scrittura. Il cambiamento è poi divenuto lampante con l’uscita di The Satanist, disco del 2014, che ha portato ad un vero e proprio cambio di rotta, lasciando un po’ da parte la furia Death/Black che ha sempre contraddistinto i Nostri, a favore di ritmi più pacati e inserti Gothic presi in prestito da band come Fields Of The Nephilim e The Sister Of Mercy e, fin qui, niente di male, d’altronde non si può nemmeno pensare che una band, soprattutto se capitanata da un soggetto eclettico come Nergal, possa riproporre all’infinito lo stesso disco; pertanto ben vengano i cambiamenti a patto che questi non vadano ad inficiare la qualità della scrittura. Ed è proprio qui che iniziano i problemi: oltre ad assistere ad un cambio di rotta, si iniziano ad intravedere diverse crepe nella scrittura dei Behemoth, crepe che diventano sempre più evidenti con il passare del tempo e dei dischi, fino a giungere al disco che mi accingo a recensire oggi, in cui è il puro manierismo a farla da padrone.

Continuo pertanto a chiedermi il perché di tanto hype che accompagna il nome Behemoth, il perché abbiano perso per strada molti fan di vecchia data, tra cui chi vi scrive, mentre abbiano guadagnato migliaia e migliaia di nuovi seguaci che gli hanno garantito l’accesso a tour prima impensabili e posizioni di headliner sui palchi principali di festival come Wacken o Download. Penso che ormai il numero di followers, come si ama dire oggigiorno, sia inversamente proporzionale alla qualità della proposta, perché è esattamente di questo che parliamo: The Satanist e I Love You At Your Darkest non rappresentano affatto i Behemoth, sono Behemoth semplicemente perché sulla copertina c’è scritto il loro nome, ma il resto è pressoché il nulla; discorso che vale un po’ di meno per The Satanist, che risente ancora delle influenze della vecchia produzione, quanto per il successivo, targato 2018 e l’ultimo Opvs Contra Natvram che lascia davvero l’amaro in bocca, non solo per quanto è volutamente piacione ma soprattutto per quel che riguarda il riffing, in cui, a parte qualche concessione a echi del passato, praticamente sembra di ascoltare una versione metallizzata dei Fields Of The Nephilim e, quando va bene, si ascoltano rimandi lontani dei Celtic Frost di Monolith. Di ciò che erano i Behemoth e della capacità di sperimentare di Nergal non è rimasto quasi nulla. Certo non si può dire che il disco sia fatto male o registrato con i piedi, parliamo sempre di un degno livello compositivo, che fosse stato fatto da un altro gruppo avrebbe fatto gridare al miracolo e parliamo di una produzione decisamente spettacolare, capace di lasciare spazio, in tutto lo spettro sonoro, ad ogni minimo dettaglio presente nelle composizioni, ma il tarlo è proprio lì, nelle composizioni, le quali risultano non solo poco ispirate ma altamente di maniera, quasi fossero composte per accontentare un pubblico distratto, capace di restare in superficie e basta.

Opvs Contra Natvram rappresenta al cento per cento il modo, quasi usa e getta, di intendere e fruire della musica oggi, rappresenta la possibilità di ascolti senza impegno, perché tanto non ha senso scavare oltre la superficie, visto che sotto non vi si trova assolutamente nulla, se non la presa di coscienza per chi, da vecchio fan continua ancora a seguirli, di ritrovarsi dinnanzi a qualcosa che è stato completamente svuotato di senso. Nergal fa assolutamente bene a fare ciò che fa, visto che alla fine i dati gli danno ragione e, parlando in termini oggettivi, non si può assolutamente dire che il disco sia brutto, dato che scorre molto molto bene, le composizioni sono fatte e strutturate in maniera impeccabile e i riff si concatenano tra loro quasi alla perfezione e, a parte due o tre brani di stanca, tutti furbescamente confinati nella parte finale del disco, Opvs non avrebbe nulla di che vergognarsi, soprattutto per quel che riguarda il concept che si cela dietro: in questo senso Nergal non ha perso un briciolo della sua brutalità nello scagliarsi contro il dogmatico, ha solo imparato a farlo meglio, snocciolando citazioni storiche e allegorie capaci di raggiungere l’obiettivo per chi è un attento ascoltatore e conoscitore della critica al cristianesimo e alle religioni monoteiste. Purtroppo però da vergognarsi c’è perché la scrittura appare decisamente stanca e stantia, essendo non poche le autocitazioni prese da The Satanist e da I Love You At Your Darkest, ma soprattutto appare davvero fatta per puro manierismo. Sicuramente i Behemoth di mestiere ne hanno tanto, visto che questo è il dodicesimo album in studio, e questo mestiere si sente davvero tutto in un disco decisamente mediocre, capace di salvarsi solo perché comunque i Nostri i brani li sanno scrivere.

Non mi aspetto e non mi aspettavo di poter ascoltare i Behemoth di un tempo ed è una cosa che non sarebbe nemmeno giusta nei confronti dell’artista, ma non mi aspettavo nemmeno di ascoltare qualcosa di così banale. Attenzione però, il mio dire che il disco è banale è riferito unicamente a loro, alla loro capacità di elevare un riff apparentemente semplice ad un riff grandioso, grazie al fatto che sanno essere dei grandi arrangiatori e dei grandi riffer, riuscendo a trasformare un riff semplice in qualcosa di più complesso e perfettamente in grado di rendere in atmosfera, brutalità e melodia. In questo Opvs Contra Natvram non c’è nulla di tutto questo, eccezion fatta forse per gli arrangiamenti generali, perché il riffing è proprio banalotto sia nel modo di essere presentato ed esposto nella sua interezza, sia negli arrangiamenti che non sanno abbellirlo e renderlo necessario.Forse sarà la stanchezza di anni e anni in cui Nergal si porta dietro tutto, o quasi, il peso dei Behemoth, forse saranno le distrazioni legate agli altri progetti (spettacolari i Me And That Men), fatto sta che i Behemoth hanno cambiato il senso di esistenza e rappresentano un quasi totalmente altro da ciò che erano prima.

Disco consigliato solo a chi non ha mai avuto nulla a che spartire con Behemoth o a chi li ha conosciuti con le due precedenti release oppure se proprio siete dei fan sfegatati della band e per voi ogni uscita è come il vangelo, allora questo disco potrà piacervi e potrete non essere minimamente d’accordo con ciò che ho scritto. Per tutti gli altri vi consiglio di ascoltarlo, se proprio volete, ma si può tranquillamente passare oltre, dato che il mercato offre band decisamente più interessanti degli ultimi Behemoth. 

Daniele “Darklordfilthy”

Nuclear Blast
www.behemoth.pl

 Post-God Nirvana
Malaria Vvlgata
The Deathless Sun
Ov My Herculean Exile
Neo-Spartacvs
Disinheritance
Off To War!
Once Upon A Pale Horse
Thy Becoming Eternal
Versvs Christvs

Nergal – vocals and guitar
Orion –bass
Inferno – drums