Wings Of Steel

Gates of Twilight

Si presenta col suo primo full-length questa band di Los Angeles  che l’anno scorso aveva esordito con un ep, e subito si conferma la caratura di virtuosismo elevatissimo che i musicisti presentano in tutti i comparti, soprattutto esondando con voce e chitarre. E fa particolarmente specie che sia un lavoro non coperto da alcuna etichetta, ma prodotto in maniera autonoma, considerando che il valore è sublime, eccelso, magistrale.

C’è una maestosità che non deriva dal genere, in quanto di di per sé non è includibile nella sottocategoria epica, quanto invece dovuta alla ricchezza caratteriale ed alla voluttà compositiva. Tra cavalcate, atmosfere dark, parti soffici ed imbizzarrimenti vari, l’insieme è molto variegato e dinamico.

‘FALL IN LINE’ scalpita e corre su una linea heavy che colpisce ed affonda. In ‘CRY OF THE DAMNED’ l’orecchiabilità si lega a riff e assoli taglienti, per una melodia fresca e frizzante. L’Heavy degli anni ottanta era legato a striature blues e anche qui troviamo due esempi in tal senso, uno è la divertente ‘Leather and Lance’, ma la migliore è la corposa ‘GARDEN OF EDEN’ che diventa un middle-time incombente e scuro. Potente l’enfatica ‘GATES OF TWILIGHT’ dove il cantato effonde sfacciatamente frasi in acuto e le evoluzioni della sei-corde impazzano senza remore, con una costruzione artistica delle varie sezioni in grado di emanare densa pregnanza, e qui il miscuglio tra Queensryche ed Helloween è evidente.

Le due ballate sono magnifiche, una ‘SHE CRIES’ che arpeggia alla Scorpions dove però il canto si fa halfordiano nella parte morbida, e l’altra è la soave ‘SLAVE OF SORROWS’ dove c’è una altrettanta soffice presenza halfordiana, in tutte e due i casi nello stile anni settanta dei Judas. Il bello è che queste due canzoni calme lo sono a metà perché poi esternano tutta la loro essenza di ballata metallica indurendosi in una incrostazione che ne aumenta il pathos.

La performance vocale è tecnicamente esuberante, con una tonalità acuta che solo Halford e Kiske sapevano gestire; ma questa abilità è vissuta con sentimento e tante modulazioni anche più basse che fanno commuovere tanto sanno smuovere le emozioni; è un’ugola da brividi, in grado di far emergere con perizia anche i cambiamenti di feeling. Anche il blocco delle chitarre sa scatenarsi e costruire elegantissime evoluzioni, in un modo che non sembra mai esagerare pur nella foga esecutiva; le canzoni hanno proprio gli assoli che servono. Nulla sembra sopra le righe nonostante sia il cantato che i chitarrismi incalzino e tirino al massimo i toni, con una espressività esuberante davvero estroversa. Il cantante cerca di metterci tutto ciò che sia possibile e sfruttare al massimo le potenzialità delle melodie, forse per colpire col primo album i fruitori.

Si tratta di un heavy metal raffinato ed elegante, di quello che deriva dai Judas e dai Queensryche, e in qualche modo anche dagli Helloween nel loro lato non  happy. Magari troviamo anche un po’ di Maiden e Ronnie Dio (‘Lady of the lost’), ed in effetti la band cerca di far vivere i fasti migliori degli anni ottanta; è una di quelle realtà che lascia da parte l’originalità per creare canzoni belle, in grado di  rendere giustizia ad un tipo di Metal che è stato agli apici di un passato glorioso, e loro quella gloria la dimostrano senza fallire nell’intento: aggiungono ciò che c’è da aggiungere per non farsi copia e lasciano dentro ciò che serve per legarsi positivamente alla tradizione. C’è chiaramente una volontà di non fermarsi alle forme semplicistiche, apponendo linee melodiche e inserti strumentali che facciano la differenza. L’opera è legata al passato ma non è vintage, e risulta di bellissima magia, portando suggestioni ed evocando sensazioni plurime.

Roberto Sky Latini

Liar In Love
Fall In Line
Garden Of Eden
Cry Of The Damned
She Cries
Lady Of The Lost
Leather And Lace
Slave Of Sorrows
Gates Of Twilight
Into The Sun

Leo Unnermark – vocals
Parker Halub – guitar / bass
Mike Mahan – drums