Whitering Scorn

Prophets of Demise

L’Heavy Metal moderno esiste, in grado di coniugare bene la tradizione con le massicce dosi di attualità. Non è il classico disco alla Frontiers, ma questa etichetta ogni tanto esce dalla comfort zone e accetta altre proposte, anzi, qui se l’è cercata, e lo fa quando i personaggi sono di famosa caratura.

I Withering sono un nuovo gruppo, di gente però con alle spalle sostanziosa esperienza in varie realtà (Megadeth; Act Of Defiance; Fates Warning; Metalium). Eppure non è musica che essi sono soliti suonare, non Prog, non Thrash, ma in qualche modo qualcosa di entrambe le modalità affiora. Qui si cerca l’imponenza che si abbatte sull’ascoltatore adombrandolo d’oscurità, e però senza che sia un qualcosa di troppo stilisticamente rigido. Non è un sound commerciale tutt’altro, ma scontenterà anche chi vuole ritornelli di metallo irriducibile e un minimo di immediatezza, qui la fruizione è per il metallaro maturo e raffinato, anche se la potenza è chiaramente espressa.

Il pezzo forte dell’album è sicuramente la title-track ‘PROPHETS OF DEMISE’ che è un brano bello pieno, con più parti soliste della chitarra ed una linea melodica super-atmosferica; in essa viene eretta una compatta muraglia riffica di assoluto effetto per realizzare una canzone pesantissima ma elegante, dalla verve incombente e dall’anima rovente. Dopo l’ottima partenza così in alto, difficile abituarsi all’abbassamento di livello, ma attenzione, sempre di qualità stiamo parlando e la seconda traccia ‘THE VISION’ è un altro bellissimo episodio, più classico ma anche pieno di gustosi passaggi e una ritmica incessantemente pressante. Ma un’altra grande rocciosa interpretazione la dà la superba ‘ANCIENT DESIRE’, cadenzata e tonica, il cui cantato tra i più affascinanti del lavoro. L’intrigante ‘DARK REFLECTION’ tocca un cantato un po’ Death, un po’ KingDiamond, con una rabbia che diventa esteticamente rilevante. Pezzi di riempimento non ci sono, ma tra i momenti meno personali (eppur valoriali) troviamo ‘Pick up and Pieces’ che ricorda i Judas più acidi del periodo senza Halford (1997-2001), e si può dire che questa song venga da lì, con la cattiveria d’acciaio che nella voce acuta trova l’apice del disco.

La percezione iniziale è quella di stare dentro un’opera monolitica, ma ad un ascolto meno superficiale si sente che le sezioni hanno preso da tante ispirazioni diverse; il fatto che l’ugola non voglia mai uscire da un approccio ferale le fa sembrare non variabilissime, ma ci si accorge invece poi che le differenze vi sono e non sono di poco conto. Tanti infatti gli accostamenti possibili, partendo dai Metal Church fino a certe inflessioni introspettive alla Kamelot, e anche un pizzico di Power. Le parti meno irruenti e simili a quelle di gruppi più melodici sono coperti da una arrangiamento scuro e pressante; il disco quindi risulta davvero heavy senza diventare ruvido, anche quando si usano tecniche thrash si mantiene una notevole eleganza di fondo. La forza d’impatto e lo spirito buio sono punti notevolmente a favore, senza contare che le melodie sanno creare suggestioni. Il cantante ha una bella voce pastosa e grintosa, in grado di dare corpo alle emozioni evocative. Un canto che irrora con un feeling ostile le tracce, ma anche riuscendo ad emettere rivoli accattivanti. L’insieme non permette cori da stadio ai concerti, ma è proprio qui il valore aggiunto, si punta a dare sostanza riflessiva ed emotiva, in una musica fatta per chi non deve solo sbattere la testa.

Roberto Sky Latini

Prophets of Demise
The Vision
Pick Up the Pieces
Ancient Desire
Dark Reflection
Dethroned
Never Again
Eternal Screams

Henning Basse – vocals
Glen Drover – guitar
Joe DiBiase – bass
Shawn Drover – drums