Spectral Darkwave

Live Fire Exorcise

Una musica dal forte tasso scenico, che dal vivo dirompe verso l’ascoltatore in maniera quasi ostile. Ma alla fine afferra tutta l’assemblea e diventa suono trascinatore, accattivante pur nella sua violenza. Nel mese di ottobre del 2021, presso l’Hitchin’s Club 85, Londra, città di provenienza dei musicisti, la band ha registrato il proprio show suonando tutto il nuovo album ‘At Outer Dark’. Appena secondo album, uscito dopo sei anni dal lavoro precedente, e sembra che si voglia recuperare il tempo perduto. E così ecco qui subito voler sottolineare il ritorno come momento da celebrare nel significato di “Siamo tornati per rimanerci!”. Il gruppo infatti dimostra di essere in gamba e voler dimostrare un carattere di forza con la sua performance in concerto.

Non tutti gli undici pezzi dell’album da studio vengono inseriti in questo lavoro che ne presenta solo sette. Vengono lasciati fuori ‘The founding of Man’; Galactic North’ e ‘The Season of abyssal Screams’. Le altre tracce sono in fila senza salti seguendo la linea tracciata dalla versione da studio. Il brano di partenza ‘Insertion/731’ non era il più feroce, e anche sul palco mantiene la stessa caratteristica di heavy oscuro, ma non eccessivamente sinistro, in qualche modo era ed è uno dei momenti meno personali, anche se funziona. La carta che era vincente invece è la seconda ‘THE MARCH OF SSES’ che racconta di elefanti in battaglia; la sua appunto elefantiaca avanzata si percepisce nella pesantezza della cadenza, e il suono di barrito e poi di trombe enfatizza un  carattere imponente che le tastiere accompagnano con rituale maestosità, senza contare che qui il drumming è fondamentale. L’altro pezzo spettacolare è ‘THE FIRST CHURCH OF CHAOS’ il cui doom devasta e conquista; dal vivo è una colata lavica implacabile che si fonde come melma rovente dilagando sulla platea, offrendo una atmosfera avvolgente che lo spettatore può gustare ciondolando col corpo anche se non mancano parti ritmate in maniera straniante che diventano più pungenti; tra l’altro il pubblico qui ha un momento in cui può rispondere al cantato. ‘VOYAGE OF THE NECRONAUT’ segue la scia dei pezzi precedenti ma apporta una ulteriore eco sonora, in senso più cosmico, quasi trascendentale nel suo modo magico-sulfureo di porsi. Altra cima spettacolare è la suite ‘AT OUTER DARK’ dall’emanazione dura, propagandosi tramite momenti diversificati, che è in grado di mantenere continuativa l’attenzione per tutti gli otto minuti e passa, perfetta nel ruolo di fine- concerto grazie alla sua magniloquenza.

Il loro album da studio usa aggressioni orrorifiche, con un Death di tipo doom, aggiungendo strati sinfonici e particelle Industrial, accentando un input o un altro in maniere differenti a seconda dei pezzi, per cui una certa monoliticità di base viene spezzata da canzoni che singolarmente non usano le stesse dosi di ingredienti. Ma il Doom è il lato che riescono a mantenere di base, con profonda sensibilità. Il senso generale sembra anche visivo, quasi cinematografico, e le variazioni sul tema che non riesce a realizzare il growling un po’ statico, pur efficace, le inducono gli inserti una volta sinfonici, una volta riffici, pur in alcuni casi limitandosi nella quantità espressiva. In sede live l’album guadagna personalità perché è la situazione migliore per questo tipo di sound. Viene meno la pulizia tecnica del disco da studio, con una certa minima grossolanità che però non guasta. Suoni più “grossi” e più rozzi che impattano senza pietà proteggendone l’efficacia. Soprattutto la batteria è molto cialtrona, ma non deve farsi carina, che la musica suonata se ne frega di averne una raffinata. Le chitarre sono pezzi crudi di corposità, ma gli accenni solisti, solo inserti, hanno gusto, e forse qualcosa in più della loro essenza poteva starci. La presenza del pubblico è poca, almeno nella registrazione le pause tra un brano e l’altro fanno perdere tonicità alla prestanza del disco. Siccome questo spettacolo ha nella musica parecchio senso teatrale, legare le varie tracce tra una song e l’altra con qualcosa di più impostato dal punto di vista della recitazione avrebbe aumentato la tensione emotiva già alta. Possiamo considerare insieme questo live e il disco da studio relativo come un duplice massiccio colpo di mazza ben riuscito. Il tutto ha un ché di classico, non particolarmente innovativo ma  dal valore significativo proprio perché sembra sistematizzare con abile maturità ciò che il panorama ha inventato di questo tipo, creando grandi canzoni che funzionano sia da studio che dal vivo.

Roberto Sky Latini

Insertion / 731
The March Of Sses
The First Church Of Chaos   The founding of man  Galactic North
The Last Red Hypergiant  The Season of abyssal Screams
A Toll Is Due
Voyage Of The Necronaut
At Outer Dark

The Arch Kakoph – vocals / guitar
The Gunner – bass |
The Engineer Joe Lyndon – drums / additional guitars