Skyeye

Soldiers of Light

Sono ormai più d’una le band che seguono la vena IronMaideniana in modo molto vicino al quella stilistica tipica. Ma non tutte hanno la voce di Bruce come presenta questo combo sloveno. In realtà, se non fosse per il cantante, il gruppo non sarebbe poi così Maiden.

Vengono presi molti elementi strumentali e strutturali dal mitico gruppo inglese, ma anche quando le song hanno una diversa essenza, la voce li riporta lì. In ogni loro canzone, nulla che assomigli ai Maiden fa storcere la bocca dato che sempre vige una linea melodica e una serie di accordi che appaiono lontani da qualsiasi plagio. L’ascolto scorre fluido e grintoso, piacevole fino all’ultima goccia di suono.

Dopo l’intro ‘The Arrival’ la song d’attacco iniziale ‘King of the Skies’ è palesemente Maiden. Una delle migliori prove è la title-track ‘SOLDIERS OF LIGHT’ che rende al meglio la cattiveria dei musicisti in questione. Ancora meglio scorre ‘CONSTELLATION’ che è la prima fra le song a prendere le distanze dai Maiden, ariosa ma pressante, nella voce si indurisce e cambia pelle in maniera più cruda e ferale rendendosi più vicina a Judas o Metal Church. Il middle-time di ‘BROTHERS UNDER THE SUN’ cavalca al modo di ‘Powerslave’ eppure la canzone ha una bellezza diversa, più simile agli Accept, e testimonia che la vicinanza ai Maiden in fondo è solo parziale, senza contare che il ponte soft centrale è cantato in una modalità completamente diversa da quella di Dickinson. Anche ‘SON OF GOD’ imprime la sua carica emotiva con una voce che sottolinea forza e aggressione ponendosi nel versante scuro degli americani Vicious Rumors. Ma la traccia più poderosa è ‘DETONATE’ che graffia da brava Power-song qual è, come la pensano ai giorni nostri gli svedesi Wolf. Non male la ballad ‘Eternal Starlight’ anche se l’inizio acustico è di quelli iperabusati. Una certa debolezza, l’unica, sta nel brano ‘Chernobyl’ che termina l’album volendo essere un lungo finale ad effetto ma che appare infantile e scontato in alcuni passaggi; ha anche degli spunti interessanti ma intercalati da momenti un po’ legnosi.

Durante l’ascolto a volte viene in mente che se gli Iron suonassero così, molta meno gente li criticherebbe. Gli Skyeye si affidano al periodo ottantiano generando un ottimo Heavy metal tradizionale, ma pieno di energia e capacità di mettere a fuoco ogni passaggio, su una linea compositiva che rinvigorisce quella musica. E c’e’ una durezza che va oltre gli Iron Maiden, toccando anche altre espressività di quegli anni. La radice più grossa è quella della band di Harris, ed è segno dell’amore che questi rocker nutrono per essa, ma altre radici toccano linfe diverse e, ripeto, mimetizzate nella voce del singer che è troppo simile a quella di Bruce per sembrare altro. Ma se si ascolta con attenzione alcune catene riffiche e certi passaggi, ivi sono contenute potenze di heavy più variegate. Non è quindi un disco fatto con lo stampino. Si percepisce una grande visione metallica, abile nel trovare una forma che abbia quel quid in più, pur rimanendo nel puro alveo classico. Si tratta di una di quelle realtà del panorama musicale che dà valore ad un genere senza inventare stili diversi, ma dall’intelligenza artistica che possiede un’alta pregnanza comunicativa ed una forte maturità. In questo li aiutano anche le abilità tecniche che sanno elevarsi in virtuosismi ficcanti, compresa la voce davvero in gran forma. L’Heavy tradizionale di qualità sdivide in chi vi appone timbri stilistici innovativi e moderni che in qualche modo ne fanno evolvere la concezione, ed in chi invece segue fedelmente le vecchie impronte, ma lo fa con grande capacità compositiva, quest’ultimo è il contenitore degli Skyeye che sanno apporre la loro firma di alto livello.

Roberto Sky Latini

The Arrival (intro)
King Of The Skies
Soldiers Of Light
Constellation
Brothers Under The Same Sun
In Saecula Saeculorum (intro)
Son Of God
Detonate
Eternal Starlight
Chernobyl

Jan Leščanec – vocals
Grega Stalowsky – guitar
Marko Kavčnik – guitar
Primož Lovšin – basso
Jurij Nograšek – guitar