Pantera

Metal Magic

Il 10 giugno 1983 usciva il primo album dei texani  Pantera. Gruppo diventato  icona però solo anni dopo, nel decennio dei novanta.

Da un disco così minuscolo e canonico come ‘Metal Magic’ chi poteva pensare che sarebbero giunti dei giganti? Uno street metal senza importanti caratteristiche da sottolineare, e la cosa andrà avanti così per altri due successivi album, finchè non arriverà nel 1987 il cantante Phil Anselmo a cambiare l’impostazione di una band che passerà dal metal melodico a quello più tosto e soprattutto moderno, scoppiando in maniera sfavillante con ‘Cowboys from Hell’ ( secondo lavoro con la sua presenza). L’esordio ha una copertina rubata concettualmente ai Riot e una musica non perfettamente centrata. I

n realtà le belle canzoni ci sono e non stonano con il periodo storico in cui emergono, ma sono solo quattro e non ben suonate. In alcuni casi della storia, il primo album è una stupefacente sorpresa, pensiamo ai Van Halen, ai Black Sabbath; agli Iron Maiden . Altre volte invece è come questa situazione qui, con una partenza blanda, per poi deflagrare in seguito, e possiamo nominare Queen; Judas Priest; Motley Crue. Nei Pantera però il livello di partenza è davvero basso, e la cosa fa ancora più effetto per una realtà tanto osannata oggi.

‘RIDE MY ROCKET’ è uno degli episodi più sfavillanti navigando fra NWOBHM alla Def Leppard e Tygers of Pan-Tang;  il pezzo funziona nei riff, nella linea melodica compreso il ritornello frizzante, e nello schitarrare elettrico in maniera adolescenziale. Anche la cadenzata ‘LATEST LOVE’ possiede un appeal luminoso, in grado di attrarre in modo accattivante. La speed title-track ‘METAL MAGIC’ incarna in maniera rocciosa la cattiveria che tiene ancora il piede nella fase pre-thrash, ed infatti Slayer e Metallica non avevano ancora pubblicato le loro escrescenze rivoluzionarie; ma nonostante ciò questa canzone dalla sei-corde molto scintillante fu un buon colpo di sciabola, che poteva stare esteticamente dentro il primo album degli Anthrax (‘Fistful of metal’-1984).

L’unico altro momento considerabile non negativo è l’hair ‘SAD LOVER’ Alcuni pezzi si perdono ma avrebbero comunque internamente dei buoni spunti, purtroppo non sfruttati a dovere, come per esempio succede in ‘Tell Me if You want it’, o nella hair song ‘Bigger past of Me’, cosa che testimonia la lontananza da una maturità ancora di là da venire. ‘I’ll be alright’ e ‘Widowmaker’ non possono che essere filler, non ben disegnate e insalvabili. Globalmente davvero troppo poco per far raggiungere la sufficienza a questo full-lenght.

La produzione tecnica non è qualitativa, però le canzoni riescono ad essere  gustabili quando il songwriting funziona. Pubblicato con l’etichetta di famiglia Abbott, la cattiva produzione è una marcia in meno per cavalcare lo sferragliamento necessario. Ma visto anche il genere suonato, forse con Anselmo la band avrebbe dovuto cambiare moniker, resta il fatto che questa è la base di partenza che ha costruito le esperienze di musicisti che poi evolveranno portando la vera e propria innovazione. La voce non eccelle particolarmente, anzi, qualche volta canta male, ma in molti casi sono assenti anche le melodie vincenti.

La chitarra di Darren però è già un elemento ficcante, sebbene più di una volta commetta delle ingenuità, ma si percepisce un potenziale che oggi sappiamo darà frutti. In generale mancano le idee per migliorare la scrittura. Non si tratta di concezioni da buttare, però il risultato è scadente, nonostante, si diceva, i molteplici passaggi funzionanti valevoli come buoni spunti. Sicuramente una registrazione migliore avrebbe fatto sì che alcuni momenti avrebbero colpito con maggiore efficacia. Ricordiamo questo lavoro non per celebrarlo, essendo uno dei peggiori tra i dischi del metal anni ottanta, ma per celebrare il gruppo, che qui ha dato il primo vagito.

Lo ha fatto in maniera debole, ma poi i Pantera hanno divorato la scena e ora sono considerati capostipiti di uno stile, quello che aumentando il Groove viene chiamato appunto Groove Metal, un nome che in realtà non esprime bene le caratteristiche bombastiche del combo. Tra sonorità thrasheggianti e un Heavy Metal corposo, i Pantera hanno in realtà, più che inventato un genere, riletto il passato in una forma caratteriale compatta, che in qualche modo ha ascoltato ciò che il rap aveva fino a quel momento raccontato artisticamente. Senza cadere in quel genere mainstream, hanno reinventato il mainstream nel metal, proprio abbandonando ciò che di più catchy c’era in loro nei primi lavori. Diventati più duri hanno fatto successo al contrario, non inseguendo la moda ma suscitandola. E il quarantennale del loro debutto va festeggiato anche solo per essere contenti della loro nascita, visto ciò che ne seguirà. E’ proprio il caso di dire: “Ai posteri l’ardua sentenza”, e i posteri siamo noi.

Roberto Sky Latini

Metal  Magic Records
www.pantera.com

Ride My Rocket
I’ll Be Alright
Tell Me if You Want It
Latest Lover
Biggest Part of Me
Metal Magic
Widowmaker
Nothin’ On (But the Radio)
Sad Lover
Rock Out

Terrence Lee – vocals
Darrell Abbott – guitar
Rex Rocker – bass
Vince Abbott – drums