Westing

Future

La forza dello Stoner è possente anche quando è lenta, quando e arrotondata da riff corposi invece che taglienti, sempre che il songwriting sia di qualità.E’ quello che il combo qui in questione riesce a produrre, senza voler cambiare alcuna carta della tavola del genere musicale affrontato; ma è un ottimo esordio, abile ad evitare le trappole del deja-vù, nel senso che anche le canzoni estremamente simili per stile a quelle di gruppi famosi, riescono a non plagiare brani specifici. Americani che hanno assorbito bene anche il sound inglese. In realtà tre dei musicisti già avevano pubblicato insieme sotto il moniker Slow Season, ma aggiunto il quarto membro (alla chitarra), hanno pensato di essere una nuova band, e così essi nascono di nuovo.

Un pezzo hard rock come ‘BACK IN THE TWESTIES’ vive di due anime, una settantiana nel riffing, un’altra sessantiana nel cantato, soprattutto quando la parte calma e dal tono basso introspettivo assomiglia allo stile di Jim Morrison dei Doors; è in episodi come questo che si comprende come il blues abbia creato l’hard rock, con un andamento sornione ma distorto che possiede la carica calda del sound denso del sud. Il lato country-rock di ‘ARTEMISIA COMING DOWN’ è suadente e scivola placida nella sua atmosfera soffice ed elettrica insieme, un po’ alla Neil Young, con una ispirazione  sentita che emerge non solo dalla melodia, ma anche dai suoni che si effondono intorno al cantato e troviamo il migliore assolo chitarristico del lotto.

Le tante derivazioni vedono vincere i Led Zeppelin che in almeno quattro tracce diventano la maggiore a cui fa riferimento la band. ‘LOST RIDERS’ emerge come estremamente Led Zeppeliniana sia nei riff che nel tono vocale anche se aggiunge circolarità melodiche non consone a Plant, e il risultato è comunque ad un livello che non fa venire in mente che essa sia la copia di un qualche brano esistente del nume tutelare, anzi diventa una delle migliori cose di questo disco. Invece ‘Big Trouble’ è un po’ troppo un ricopiaticcio proveniente da quelle ritmiche e cadenze di ‘Houses of the holy’ del 1973, facendo venire su quel tipo di critiche che colpiscono da tempo i Greta Van Fleet, accusati di essere cloni dei Led, e per quattro tracce i Westing fanno lo stesso gioco, anche se questo pezzo è più bello sia di ‘The Crunge’, sia di ‘D’yer Mak’er’, due dei pochi brani brutti del dirigibile.

Si va più indietro, e stavolta al 1970 dell’album ‘III’, dove l’anima acustica dei Led Zeppelin si fa viva con ‘SILENT SHOUT’, ma è davvero notevole l’interpretazione di quello spirito, forse perdendoci in personalità, ma realizzando un eccellente brano onirico. E ancora si prosegue su questa strada con ‘Stanley Wu’, qui poco significativamente, anche se la ritmica è intrigante, ma allora meglio prendersi direttamente i Led. Ci sono momenti standard che evocano situazioni canoniche come ‘Nothing News’ che è comunque una buona canzone anche dal tasso fascinoso, ma ricalca stilemi decisamente già sentiti; pur riuscendo a dare quella sensazione piacevole di avvolgenza che tanto bene fa a chi vuole lasciarsi trasportare. E lo stesso vale per la più accentata ‘Coming back to me’, di cui si può dire che canonicità e fascino realizzino una strana combinazione, ma pare che alla band riesca piuttosto bene affascinare pur senza stupire.

Un lavoro che sarebbe un peccato non ascoltare, considerando che oltre ai bei momenti migliori, anche i brani minori scorrono tra i sensi con piacere. Spesso lo Stoner diventa  musica senza personalità, ma stranamente, anche se avviene lo stesso qui, il valore compositivo raggiunge un certo spessore, in una dinamica che non annoia mai, lasciando che si porti a termine un ascolto intrigante. Questi sono musicisti che hanno capito lo spirito dell’antico suono hard, quello che iniziò la saga traghettando gli anni sessanta nei settanta. Una certa sfacciataggine scorre nelle vene di una band legata al passato in modo vintage ma convincente; un modo di suonare che se ne frega di non apparire moderna, ma che si sente quanto ami quella sonorità, figlia di un momento storico che non tornerà, ma ancora in grado di ammaliare nuovi adepti. Il disco parla del futuro che è già arrivato, ma la band sembra rintanarsi nel passato, e se lo fa così bene, ci rimanga pure, noi lo raggiungeremo felicemente in questo viaggio nel tempo ogni volta che vorremo.

Roberto Sky Latini

Back in the Twenties
Nothing New
Lost Riders intro
Lost Riders
Big Trouble (in the City of Love)
Artemisia coming Down
SilentShout
Stanley Wu
Coming back to Me

Daniel Story Rice – vocals / guitar / keyboards
Ben McLeod – guitar
Hayden Doyel – bass
Cody tarbell – drums