Heiden

Andzjel

Attitudine nera progressive per una narrativa molto paesaggistica. Dalla Repubblica Ceca giunge questo Black Metal piuttosto melodico, in realtà lasciando diluire spesso il genere tanto da perderne le caratteristiche in tanti momenti, alternando però con efficacia incrostazioni sulfuree a rarefazioni algide. In certi anfratti il full-lenght gioca come se fosse musica ambient ma senza mai toccare la noia. La band racconta i Carpazi Bianchi approfondendone tradizioni e usanze, e così viene usata la lingua madre, che invero ci sta benissimo. E’ il nono album dal 2004, ed in effetti le composizioni emanano alta maturità scritturale, perfettamente equilibrata e pienamente esaustiva anche se l’intera durata del disco è appena di 33 minuti. L’album si apre con ‘NEVERIM TEM OCIM’ che porta una densa enfasi come imprinting per l’ascoltatore che da subito sa cosa aspettarsi, donando una doppia facciata espressiva, quando acida e quando suadente per una traccia dal forte senso emotivo. Suadentissimo ‘V HODINE VLKA’ che scorre molto fluidamente nella sua estrema essenzialità, dove poca sembra l’essenza black anche se c’è un senso netto di incombenza; l’insieme risulta intensamente avvolgente.

Particolare come idea quella di ‘MUSIM TI TOLIK RICT’ dato il suo cantato quasi new wave, che si trasforma però in uno scuro riffing corposo. ‘BESU SE NEZBAVIS’ usa frenesia ritmica, riff stoppato e assolo alla Camel per una strana traccia a mescolanza di sonorità che riesce proprio per questo a farsi intrigante e persuasivo, forse un po’ troppo breve, gravido com’è di potenzialità da poter essere sviluppato ulteriormente. ‘Svit, mesicku, jasno’ è un adattamento ad un brano popolare della Moravia, per il resto sono tutte canzoni scritte dall’intera band, a parte i testi che sono del cantante, il quale tra l’altro ha pure disegnato la bella immagine di copertina.

Il gruppo lavora sulle percezioni evocative, suonando in modo da creare una atmosfera onirica ma semplice nel suo dipanarsi. Si evidenzia una poesia di fondo che non è realmente cattiva come il genere farebbe supporre. C’è growl, ma anche voce pulita e persino l’elemento del sussurro, dinamizzando il tutto nella varietà. Il lato morbido del combo è molto ampio, la durezza è limitata ad alcuni momenti interlocutori, però ciò permette di inserire picchi di tonicità che bene fanno al songwriting, per quanto le sezioni soft siano più affascinanti. Poco blasting nella batteria e necessità invece di accompagnare le varie parti con modulazioni che non affoghino i passaggi creati.

La bellezza di questo lavoro è notevole, ma non è fatto per i puristi che prediligono gli aspetti malevoli e feroci del Black; tali cultori forse avrebbero ragione poiché in effetti il disco si allontana più volte dal contesto Black. Si respirano evanescenti dolcezze che superano le ruvide interposizioni inserite e ciò si afferma sempre in modo positivo, non c’è mai necessità di altre aggiunte, e l’ascolto non ha bisogno di irruenza né di rabbia repressa. E’ concettualmente cullante e nemmeno depressivo. Ottima performance.

Roberto Sky Latini

Magik Disk Musick
www.heidenhorde.com

Nevěřím těm očím            (I don’t trust those Eyes)
V hodině vlka                      (The Hour of the Wolf)
Musím ti tolik říct              (I have so much to tell You)
Září                                       (September)
Sviť, měsíčku, jasno          (Shine, Moon, clear)
Běsů se nezbavíš                (You won’ get no of Rage)
Patřím sem                         (I belong Here)

Kverd – vocals / guitars
Tom – guitars
Werlinga – keyboards
Murky – bass
Einsk – drums