Haken

Fauna

Tornano i ritmatori dell’asimmetria compulsiva con il loro prog-Metal moderno. Il tema del concept creato parla di animali, ma il sound rimane molto ‘artificiale’ in senso tecnico-espressivo.
I britannici Haken usano molta freddezza concettuale nonostante certa attitudine all’orecchiabilità. In realtà c’è ben poco di innovativo in questo lavoro, anzi, le inflessioni  sembrano prendere molto addirittura dagli anni settanta, anche di tipo inaspettato, e in ogni caso la loro contemporaneità ideativa è ormai una contemporaneità comune a tanti, divenuta da tempo stile affermato e condiviso. Gli Haken ne sono tra i principali esponenti, co-protagonisti dello sviluppo di tale modalità all’interno del genere, ma non si può più parlare di sperimentazione. Per ciò che concerne il senso antico settantiano si nota che la cosa è vissuta non in modo classico, riuscendo invece a trovare sagome evolute facendo sì che si possa parlare di rilettura di quelle forme espressive e non di riproposizione.
La descrittività dal paesaggio ampio di ‘NIGHTINGALE’ è piuttosto tonica, usa riff anche duri, e infila una rarefazione soft che spezza la traccia senza indebolirne l’ascolto; in qualche modo qui troviamo addirittura molto del Banco italiano. ‘BENEATH THE WHITE RAINBOW’ respira una alternanza di ombrosità e luminosa speranza, come un non volersi chiudere in un’unica dimensione emozionale; anche se l’inizio pare avere un aspetto lineare, poi alla fine deve comunque cedere alle solite dinamiche nervose, qui però il songwriting supera di molto la media dell’album. Il pezzo forte del disco lo troviamo con la teatrale suite ‘ELEPHANT NEVER FORGET’ che raggiunge una magnificenza estetica mescolando persino i Queen sia nella sonorità, sia nella sequenza dei riff iniziali, e poi aggiungendo l’antico Banco, e non solo nella voce, fino agli Yes di ‘90125’ del 1983; la sua luce frizzante viene scurita dal momento centrale davvero ben riuscito, che forse c’entra poco con ciò che è il resto della traccia ma è parecchio efficace e la rende più ricca. Nella leggerezza di ‘Lovebite’ fa effetto trovare anche echi di Police; è un brano minore in un disco che però non ha alcun filler.
Gli spunti musicali variano molto passando da ispirazioni che vengono da gruppi della storia anche lontani formalmente fra loro, ma perfettamente integrati nel contenitore di un lavoro come questo. Accenni di Djent o di elettronica non traggono in inganno, la vicinanza alle cose del passato si notano anche se così ben gestite da evitare qualsiasi sensazione passatista. La band usa molte sezioni circolari, navigando sulle parti con una melodia sempre trasversale in grado di essere continuità del brano, pur utilizzando intelligenti variazioni sul tema. Un disco dal gusto ben fruibile, non semplicistico eppure non difficilissimo. Intervenire con i coretti non sembra sempre migliorare le tracce, ma mettere un sax morbido o il pianoforte attutito riesce a far sì che l’ascolto diventi intrigante. L’atmosfera è generalmente algida, dove c’è un po’ di pathos si va sempre verso la triste malinconia, sebbene momenti più solari esistano. Il cantato sempre pulito e mai aggressivo sembra volersi avvicinare varie volte al feeling pop, ma invece non vi sfocia mai, come riuscendo con bravura a plasmare una linea melodica che finge soltanto di essere ruffiana, dando invece un altro senso a quel tipo di melodia. Un settimo full-lenght esaustivo, dove la voce vuole essere accattivante, ma il resto no, combattendo una qualsiasi idea di farsi commerciale, anche se in alcuni tratti pare esserlo. Una musica quindi  in grado di straniare chi ci si avvicinasse per la prima volta, ma gustosamente stimolante per chi vi è già abituato, e dopo più ascolti anche funzionale per lasciarsi trasportare senza tanti pensieri.

Roberto Sky Latini

Inside Out
www.hakenmusic.com

Taurus
Nightingale
The Alphabet Of Me
Sempiternal Beings
Beneath The White Rainbow
Island In The Clouds
Lovebite
Elephants Never Forget
Eyes Of Ebony

Ross Jennings – vocals
Charlie Griffiths – guitars
Richard Henshall – guitars / keyboards
Pete Jones – keyboards
Conner Green – bass
Ray Hearne – drums