Beleth

Silent Genesis

Nella più classica espressività del genere, la band australiana viaggia dentro una intensa compattezza greve, ma alcune singolari soluzioni utilizzate creano interessanti particolarità stilistiche.

Un lavoro d’esordio che impatta nel panorama con già una decisa personalità sebbene non tutto il songwriting si guadagni il necessario apprezzamento. L’album nel complesso è un’opera soddisfacente, e tre degli otto pezzi si pongono su un livello di ottima fattura. Full-lenght breve, ma la sua mezz’ora ricorda gli album dei primi anni settanta. Due uomini soltanto alla guida di questa macchina pachidermica.Un brano che merita di essere elogiato è ‘SILENT GENESIS’ perché sia nei riff che nell’assolo emana personalità e un cercare di rendere più dinamica la proposta. Fuori dal contesto stilistico inizia ‘HERETIC’ che con il suo chitarrismo solista sembra non estremo, ma sia questo suo incipit, sia il resto della traccia, emanano un feeling intrigante.

Lo stesso dicasi per la fluida ‘BLACK SPEECH’ che sul finire testimonia ancora una volta come gli assoli non abbiano le caratteristiche del metal estremo. Un brano come ‘Cries of the Fatherless’ ha un bell’andamento dettato dal riffing cadenzato, ma tale buon rifframa è sprecato perché il pezzo non va oltre, rimanendo piuttosto anonimo; è un filler. L’altro filler è la finale ‘Denouement’ che nella sua atmosfera oscura e rarefatta appare un piatto “outro” troppo lungo, perché tre minuti e mezzo di monotona musica ambient, perché di questo si tratta, sono eccessivi.Le pecche del disco non sono da imputare alla tipologia espressiva del duo, quanto alla creatività compositiva che non ha ottenuto una buona continuità all’ascolto. Alcuni episodi mancano di ispirazione artistica e sembrano più un modesto artigianato.

La voce è una solida crudezza di pietra, è rocciosa, pesante; non virtuosa, ma comunque efficace, tra un growl profondissimo più istintivo ed uno a tonalità più alta che viene elicitata invece in modo rigoroso e preciso. Tutte le song si basano sul ritmo e sui riff, il tutto prendendo tono per plasmare un groove potente. Gli assoli non sono molti, ma fanno parte dell’estetica di scrittura, infatti occupano, facendo ottima figura, un preciso ruolo di completamento dell’idea compositiva; non sono assoli che fanno soltanto bella mostra di sè. Niente velocità, ma neanche troppo doom; si tratta quasi sempre di semplici scorrimenti ritmici cadenzati che unendosi alle chitarre danno vivacità all’insieme, in effetti tutto scorre molto dinamicamente e la pesantezza sonora non è pesantezza percettiva. Anche dove si rallenta questa caratteristica concettuale e formale rimane preponderante. La musica non appare rozza, c’è tecnica sebbene non virtuosismo esecutivo. Uno dei gruppi ai quali i Beleth potrebbero venire accostati sono i Lamb Of Gods, senza esserne del tutto risucchiati, grazie ad una certa dose di personalità. Un Death Metal facilmente assimilabile e però schiacciasassi. Il gruppo sa come gestire le parti ma purtroppo non sempre il songwriting è irresistibile, sarebbe servita maggiore variabilità; non siamo però di fronte ad un lavoro inutile perché l’ascolto è piacevole, e più volte anche intrigante.

Roberto Sky Latini

Scorched Earth Records
www.facebook.com/BelethAU

Thirteenth Spirit
Silent Genesis
Cries Of The Fatherless
Heretic
Black Speech
First Born
Beleth
Denouement

Sebasthian Bentos-Pereira – vocals
Chris Long – guitars /drums