Hellacopters

Eyes Of Oblivion

Il metal tradizionale non smette di sorprendere positivamente nelle nuove icone, quelle che non sono più personaggi degli anni settanta/ottanta, ma le generazioni successive createsi negli anni novanta, a loro volta diventati esempi da seguire.

Gli svedesi Hellacopters, band famosa per essere un supergruppo fatto di musicisti già conosciuti, sono all’ottavo album dal 1996. Si erano sciolti nel 2008 ma dopo quattordici anni rieccoli saltare su, e in forma smagliante. Dieci tracce una più bella e accattivante dell’altra.La scanzonata ma perfetta song rockeggiante di ‘REAP A HURRICANE’ è un momento di energia pulita ed esaltante che ricorda quella musica che va ascoltata mentre si corre sulle strade a lunga percorrenza negli Usa, almeno questa è la sensazione dopo tanti film americani visti; un pezzo frizzante, orecchiabile ed elettrico insieme. La freschezza è parte integrante di questo album e tra le più fresche troviamo ‘CAN IT WAIT’ che usa lo stile piacevole di Ace Frehley per la chitarra solista. I Kiss tornano in maniera più organica con ‘A Plow and a Doctor’ che usa adeguatamente la riffica dei mascherati New Yorkesi, sottolineando che tale band ha senso ricordarla nelle proprie ispirazioni. Il pezzo più dinamico, e forse il migliore del lotto, sembra essere quello che in qualche modo si rifà ai Blue Oyster Cult come sound; si tratta della title-track ‘EYES OF OBLIVION’ che vince con la sua chitarra fluida e con il refrain fascinoso che negli anni ottanta avrebbe ottenuto grande successo come 45 giri.

Settantiana al massimo è la leggerezza di ‘Tin Foil Soldier’ che gli Sweet avrebbero potuto contenere nei loro dischi. Finalmente qualcosa dell’urgenza del punk arriva, si trova nella breve ‘Beguiled’ che lega bene riff e cantato, in semplicità ma con la corposità giusta. Ma a mettere in chiaro che la foga giovanile c’è ancora ci pensa ‘TRY ME TONIGHT’ e una volta ancora con l’estetica tradizionalissima che mischia le carte fra Rolling Stones, Hanoi Rocks ed Aerosmith, (mettendo dentro nel finale anche un pezzettino del riff di ‘Good Times, Bad Times’ come citazione dei Led Zeppelin), per poi scatenare una conclusione in crescendo.Il Garage-punk degli esordi si è oggi trasformato in una matura estetica Heavy Metal piena di influssi Hard Rock, spesso Street, una spruzzata di Blues e sonorità prese in prestito dai miti del passato.

Il disco riesce che è una meraviglia perché la bravura compositiva è piena di feeling e il songwriting funziona con essenzialità. Pieno di song che potrebbero essere singoli per la loro facile fruibilità, il disco però non firma canzoni povere o scopiazzate, ma anzi questa leggerezza colpisce e affonda dando felici scosse vibranti. Puro spirito rock’n’roll dentro una musica pervasa di adolescenziale colore nonostante l’attenzione di scrittura senza sbavature fatta da musicisti ormai scafati.

Chi vuole rivivere l’anima del lontano passato storico, ma con una vitalità da giovani leoni, può senza dubbio godere questa opera che di filler non ne ha. Un disco che scorre via che è un piacere ma che non ha nulla di superficiale, rappresentando benissimo l’era che fu, evitando l’eccessivo tasto vintage.

Roberto Sky Latini

Reap A Hurricane
Can It Wait
So Sorry I Could Die
Eyes Of Oblivion
A Plow And A Doctor
Positively Not Knowing
Tin Foil Soldier
Beguiled
The Pressure’s On
Try Me Tonight

Nicke Andersson Platow– vocals / guitar / bass / percussion
Dregen – guitar, percussion
Anders “Boba” Lindström – keyboards / guitar
Robert Eriksson – drums