Motor Sister

Get Off

Il Rock’n’Roll è duro a morire e così c’è sempre qualche band che lo cavalca senza remore, in questo caso in maniera moderna. Il groove è bello corposo simile a quello degli sciolti Adrenaline Mob o dell’ultimo ‘Leave a Scar’ (2021) di Dee Snider.

Però rispetto ai nomi appena citati i Motor Sister suonano più influenzati dal passato, con tanta anima di vecchio stampo, anche se il sound è ammodernato. Attenzione, si tratta di un supergruppo che spinge intelligentemente in quanto i suoi membri famosi hanno esperienza alle spalle.Lo spirito scuro del riffing di ‘RIGHT THERE, JUST LIKE THAT’ è pieno di anima  rocciosa, ma si sente che gli aliti dorati del metal di più antica fattura sono qui inseriti. Pesante e rutilante ‘EXCUSE ME, YOUR LIFE IS EXPOSED’ che gira con una sonorità che ricorda sia gli inglesi Hellanbach sia gli americani Van Halen del periodo Roth, esprimendo forte dose elettrica ma anche batteria che pesta. Invece, dei Van Halen, il pezzo ‘BRUISE IT OR LOSE IT’ sceglie il lato alla Sammy Hagar, un po’ più hard Rock, ma si mantiene netta la pressione insistita del rock più verace e solido.

Sul rifframa compatto di ‘1,000,000 Miles’ si canta alla maniera degli Aerosmith, in senso sporco e vizioso così da rendersi totalmente rockettari, per poi inserire in mezzo un doom pachidermico leggermente psichedelico che dura poco ma fa capire che lo spirito non ha voglia di scendere a patti con la commercialità. L’unico filler sembra essere la ballata ‘Sooner or later’ mischiando malamente gli stili di Bryan Adams e di Thin Lizzy in una traccia scontatissima. La vera ballata d’eccellenza è la malinconica ‘PAIN’, quasi sessantiana (Un po’ Beatles, un pò Rolling Stones? Decidete voi)  e davvero fascinosa, bella, un momento che vibra. Minore, ma funzionante ‘Time’s up’ che diverte per la tipica verve rock’n’roll dei Kiss pre-1978, dove i riff sono gestiti proprio in quel modo come anche il cantato. Ultimamente sembra che quel tipo di “Bacio” diventi un modello generalizzato per più di un gruppo. Il disco finisce con la bella cover dei Mother Superior,Rolling Boy Blues’, un intrigante ritmo fluidamente swingato che regala una cavalcata alla Ted Nugent e similari, in perfetto stile oltreoceano timbrando la cittadinanza culturale di cui questi artisti fanno parte.

L’ugola calda del cantante è un pezzo di eccellenza per interpretazione e feeling, ma a doppiarla nei cori è presente la brava figlia di Meat Loaf a cui purtroppo è affidata una sola traccia come voce principale (la diretta e sfacciata ‘Coming for You’), mentre avrebbe tutte le carte in regola per dare di più. La chitarra non si diletta in lunghi assoli proprio perchè predilige la sostanza impattante  della ritmica, la quale con calda determinazione fa parecchie scelte estetiche dalla presa assicurata. Si tratta di una chitarra con molte variazioni sul tema e quindi ricca di idee, senza perdere mai il filo del discorso che rimane costantemente ficcante. Il senso del metallo è coniugato sempre in chiave cantabile e saltellabile, tutta roba perfetta per i concerti. Con contenuti variabili che passano dallo street metal a certi modi urgenti di tipo punk, a un heavy senza tanti fronzoli, anche se gli arrangiamenti non sono scontati, la band sferraglia cercando di non farsi mai troppo cerebrale. Uno dei migliori dischi dell’anno per attitudine e songwriting, questa nuova realtà USA viene al mondo già quasi perfetta (il primo album era riempito di cover, questo è il primo di inediti) e sembra che i suoi autori ci siano davvero divertiti. Tanto si sono divertiti loro a comporlo, tanto ci divertiamo noi ad ascoltarlo.

Roberto sky Latini

Can’t Get High Enough
Coming for You
Right There, Just Like That
Sooner or Later
Excuse Me, Your Life Is Exposed
Lion’s Den
1,000,000 Miles
Pain
Bulletproof
Bruise It or Lose It
Time’s Up
Rolling Boy Blues

Jim Wilson – vocals / guitar (Mother Superior)
Pearl Aday – vocals
Scott Ian – guitar (Anthrax)
Joey Vera – bass (Armored Saint)
John Tempesta  – drums (White Zombie; Cult)