Udo
Touchdown
Dopo essere stati in tour in Australia e Giappone e aver dato il via alla stagione dei festival di quest’anno presentando il nuovo bassista Peter Baltes, gli U.D.O. – l’iconico five-piece guidato dal leggendario vocalist Udo Dirkschneider – hanno fatto uscire oggi la prossima notizia: Tra le varie attività dal vivo svolte nel corso dell’anno, la band è stata molto produttiva e ha registrato un enorme album di 13 tracce in varie località. Realizzato con il produttore e mixatore Martin Pfeiffer al Redhead Studio (Wilhelmshaven, Germania) e masterizzato da Stefan Kaufmann al ROXX Studio (Solingen, Germania), il disco include anche un’apparizione del violinista Stefan Pintev nella traccia di chiusura, mentre le tracce di basso sono state registrate da Baltes. L’artwork è statorealizzato da Martin Häusler, che si è occupato anche di scattare le foto della band a sostegno della campagna del nuovo album.
Il buon vecchio Udo Dirkschneider. A 44 anni dall’uscita del primo album degli ACCEPT, la leggenda tedesca è ancora in prima linea nel metal. “Touchdown” è il 18° album sotto la bandiera degli U.D.O. e, in particolare, il primo con l’ex bassista degli ACCEPT Peter Baltes. La probabilità che si tratti di qualcosa di diverso da una celebrazione del fottuto heavy metal è, ovviamente, molto bassa. “Touchdown” non delude. Gli ultimi anni sono stati particolarmente fruttuosi per la band di Dirkschneider. In particolare, sia “Steelfactory” che “Game Over” sono stati sforzi forti che hanno lasciato intendere un rinnovato entusiasmo.
Con Baltes ora a bordo, il cantante ha ovviamente ingranato una marcia in più, forse alimentata dai ricordi di quei primi giorni di gloria con la sua ex band. In ogni caso, “Touchdown” è la più forte raccolta di canzoni a cui ha dato il suo nome dai tempi di “Timebomb” del 1991. Il divertimento inizia con due veri e propri inni heavy metal. “Isolation Man” è il punto di partenza perfetto: speed metal melodico e scintillante, arricchito dall’inconfondibile voce magnificamente rauca di Dirkschneider. “The Flood” è più cupa e pesante, con un’atmosfera epica a ritmo medio. Una produzione cristallina ma ingannevolmente pesante dove la batteria ha un suono potente che ricordo è suonata in modo terremotante dal figlio di Udo Sven Dirkschneider scalci e le chitarre facciano tremare i mobili, e che tutto vada bene per il mondo.
La successiva “The Double Dealer’s Club” è un rock leggermente più sciolto, in stile anni ’80, con alcuni punch di chitarra taglienti, mentre “Fight For The Right” è un pezzo immacolato del marchio di fabbrica U.D.O.; una spacconata che (un po’ ottimisticamente) proclama che “il bene vincerà sempre”, prima di lanciarsi in una maliziosa crociata pseudo-classica. Meno imprevedibile è il recente singolo “Forever Free“: canzone anthemica da cantare a squarcia gola con la band con un’andatura sciolta e rivolta ai metal-heads sentimentali di tutto il mondo. Dirkschneider si diverte come un matto, abbaia e ringhia per tutto il resto di “Touchdown”, evidentemente sicuro che il suo gruppo è un maestro del metal tradizionale con una lucentezza all’avanguardia. Dal grintoso slapdown di “Punchline” e dall’impeto rancoroso di “The Betrayer“, al grido di guerra alla GRAVE DIGGER di “The Battle Understood”, “Touchdown” è un esercizio di evangelizzazione dell’heavy metal estremamente efficace, eseguito da veterani collaudati che non hanno nulla da dimostrare e nulla da perdere. chiude il disco la title track, una canzone che potremmo definire una speed of light , ci si potrebbe chiedere ad alta voce come faccia Udo Dirkschneider ad avere ancora le energie per tutto questo. Ma ce l’ha, e “Touchdown” è puro divertimento ma che colpisce duramente.
Stefano Bonelli