UDO

Decadent

Non c’è che dire, la bestia graffiante, per voce e per immagine, è ancora tra noi, più viva che mai in questo 2015. Udo Dirkschneider è il cantante che ara la terra metallica per far fruttare sempre lo stesso tipo di pianta: l’Heavy Metal teutonico targato anni ’80. Poderoso, pressante e quadrato, i soliti aggettivi che si usano per i macigni tedeschi come Grave Digger; Accept, e quindi Udo, che continua ad usare lo stesso approccio che aveva quando era con gli Accept appunto.

La sua voce è cartavetra pura, super granulare, che non può avere molte modulazioni melodiche, ma che ci prova lo stesso, finendo per riuscire a donare, in qualche modo, espressività interessanti. Ma si fanno prossimi a lui chitarre roventi e precise, in grado di esaltare ogni passaggio e ogni atmosfera. I riff sono perfettamente calcolati e in grado di spianare ogni asperità; ma è soprattutto la chitarra solista a cantare magicamente come una sirena incazzata, talvolta con lame affilate che sanno essere taglientissime, altre volte con idee che sanno costruire linee melodiche emozionali.Viene spontaneo fare il paragone con l’album del 2014 degli Accept. Forse non dovremmo visto che pensare a Udo come ad un fuggitivo dagli Accept, dato che ormai dal 1987 è in carriera solista di quindici album (con questo), non è proprio corretto. Ma i due lavori si avvicinano così tanto per stile che sembrano chiamarsi l’un l’altro. Essi si equivalgono e, a seconda dello stato d’animo, si può preferire l’uno o l’altro, pur essendo forse più caldo quello degli Accept, ma qui ci si guadagna in anima d’acciaio. Intendiamoci, non si tratta di album geniale, come non lo era nemmeno quello degli Accept. Forse Udo rimane dietro di un passetto, considerando la migliore capacità interpretativa del singer degli Accept. Il tutto  è però ben costruito e funziona a dovere, compresa l’energia istillata, furente come un carro armato che non ferma la sua progressione davanti a niente, sia quando marcia a mid-tempo, sia quando accelera facendo ruggire i cingoli.

Il pezzo d’apertura è così quadrato da esserlo troppo, piuttosto lineare nell’arrangiamento e troppo semplice nella linea vocale, va bene per scaldare ma non dà molte emozioni, freddo piuttosto. Però man mano che si procede le cose migliorano pur in un grafico oscillante. E’ proprio l’incedere incalzante che permette di non annoiarsi mai. Le due cadenzate “Decadent” e “Untouchable” sono perfette macchine macina-roccia, classiche nella forma ma belle nella loro ricerca riffica e atmosferica, anche se quest’ultima perde in originalità. “MEANING OF LIFE”, piratesca, dal piglio superacceptiano, va assolutamente promossa per la chitarra che non smette mai di ricamarele sue evoluzioni solistiche, anche sotto il cantato; è un continuo incedere senza dare tregua, favolosa.Udo si eccita nelle interviste quando parla di pezzi come “Mistery”, dal cupo tempo medio, che esalta come innovativi. In realtà le trovate tastieristiche che sembrano non canoniche nella musica degli Udo, sono invece ultra-affermate nel mondo metal, con i più svariati risultati. Per gli ascoltatori smaliziati Udo è semplicemente una gustosa scarica di adrenalina, e le novità vanno cercate altrove. Sitratta comunque di scarica bella forte, adatta alle teste dure che sanno cos’è il vero metal. Gli inserti come il battito di mani nell’assolo della veloce “House of Fake” è si inusuale, ma certo non cambia le carte in tavola: è solo divertente. I ritmi che fanno saltellare sono tutti ineccepibili, ma certo quando arriva la velocità Power di un pezzo d’artiglieria come “UNDER YOUR SKIN” si decide che questo è il momento migliore dell’album.

Mancano alcune interpretazioni canore più raffinate che erano presenti in “Steelhammer” del 2013, ma forse questo disco è più valido, anche se non più di tanto. Più valido eccetto che nelle ballate, dove si cede di tono, mentre sul precedente la sofficità era stata realizzata meglio. La cattiveria delle song più dure si stempera  soltanto nella commercialità di “Pain”, dove si ascolta melodia orecchiabile, nonostante la voce raucedica. E pure nel ritornello della fresca “BREATHLESS”, molto vicina all’Accept pensiero come la suddetta “Meaning of life”.Sempre intervistato, Udo loda le chitarre come stimolo che gli ha ridato carica, ed il cantante ha ragione. Le chitarre hanno animato il songwriting con una verve sopra le righe, rendendo il tutto compatto e potente da un lato, fiammante e scattante dall’altro. Un disco dove la parola “METALLO” davvero dice tutto.
Volete davvero Udo di nuovo con gli Accept? Che? Siamo matti? Almeno così abbiamo il doppio dei dischi di classe. Alternativamente l’uno e gli altri ci cullano nel “Fero Metal di Cermania”. 

Roberto Sky Latini

AFM Records
www.udo-online.de

Speeder
Decadent
House of Fake
Mystery
Pain
Secrets in Paradise
Meaning of Life
Breathless
Under your Skin
Untouchable
Rebels of the Night
Words in Flame

Udo Dirkscheneider – vocals
Kapperi Keikkinen – guitars
Andrey Smirnov – guitars
Fitty Wienhold – bass
Francesco Jovino – drums