Trick or Treat
Ghosted
Questi nostri italici power-allegrotti proseguono la loro strada stilisticamente solare e luminosa; non sempre i loro dischi passati hanno brillato in maniera completa, però è innegabile che personalità e creatività siano ogni volta presenti, sebbene in una altalenante ispirazione tra brano e brano. Per quanto il genere provenga dal marchio “Helloween”, non è vero che ne siano una copia, e ciò sia in senso positivo che negativo. In linea di massima i tedeschi rimangono superiori per scrittura, e inoltre la produzione dei loro dischi è più spessa e potente, mentre i Trick preferiscono alleggerire il suono dei riff e della strumentazione; ma per ciò che concerne la propria essenza compositiva gli italiani fanno trasparire anche una parziale diversa impostazione che più di una volta si lega alla via italiana del Power, quella modalità condivisa con altre realtà italiche che vive di luce propria, molto melodica e per questo più aulica ed ariosa.
Dopo un intro inutile, la prima song ‘CRAVEN ROAD’ ha dalla sua una teatralità spinta che gioca su una divertente forma sinistra, ma un’aria sinistra leggera che enfatizza il senso ludico più che quello rockettaro ed in effetti l’idea del gioco prevede diverse divertenti citazioni che in questa canzone è rappresentata al momento 2’22” nella parte solista che inizia con una specie di ‘Volo del Calabrone’. Il rotondo attacco veloce di ‘BLOODMOON’ sarebbe stato un adatto momento d’apertura dell’album, ma il brano non è monolitico e passa dal ritmo Power ad un ritmo cadenzato alternandosi con efficace variabilità ideativa; e la voce dell’ospite femminile è sicuro valore aggiunto che si integra perfettamente col mood del pezzo. Vivacità che fa sorridere per la trovata ma anche di piacere, nella dinamica ‘DANCE WITH THE DANCING CLOWN’ che sembra in più punti una canzone da musical e col ritornello anche leggermente Abba, lasciando che il metal diventi senso kitsch pur rimanendo un brano tutt’altro che stupido.
Ma si intensifica il tasso buffo con la caricatura piratesca di ‘RETURN TO MONKEY ISLAND’ che più che prendere dal Power Helloweeniano sembra far riferimento al metal demenziale dei conterranei Nanowar of Steel; un pezzo riuscitissimo che fluisce con grande disinvoltura e con una qualità strutturale ineccepibile. Anche in senso più scuro il gruppo sa come muoversi e la tonica ‘THE 13th’ impatta con feeling caldo, ossessivamente avanzando a colpi di drumming e passaggi ritmicamente movimentati. In vari momenti si usano citazioni come appunto la già nominata ‘Volo del calabrone, ma anche ‘Ridi Pagliaccio’ (‘Dance with the…’) e ‘Nessun dorma’ (‘Evil Dead never…’), e la cosa funziona così bene che male sarebbe stato evitarlo.
Voce stupenda, modulata con maestria e caratterizzata da gioiosa pregnanza. Chitarre virtuose che non lesinano shredding e purezza, pur senza esagerare. Sezione ritmica sempre in grado di mantenere la tensione. Abbiamo insomma la conferma di ascoltare super musicisti. Lo spirito li rende veraci, sanno come infilare le loro staffilate e i loro colpi ad effetto, lasciando però che le melodie si esprimano esaustive. La band continua a giocare con ironia, prendendo sul serio una musica che apparentemente non si prende sul serio. Il carattere estremo dell’ “happy metal” di questo combo è del tutto appunto “metal”, nel senso che una tale esagerazione estetica, ormai loro marchio di fabbrica, rientra completamente nella mentalità metallica, considerando insita in essa la proprietà di fregarsene del “Metallicamente corretto”, che non esiste in sé, portando alle estreme conseguenze una attitudine rock che è quella di invadere con la propria ecletticità quando e quanto si vuole.
Pur essendo orecchiabili, i Trick non hanno intrapreso la strada di Beast in Black o similari che molte volte dimenticano di stare nell’ambito hard & heavy, e quindi non hanno oltrepassato il confine che li fa smettere di essere duri, anzi, la caratteristiche rimangono interamente dentro la tradizione della musica metal. Non mancano le colorate derivazioni all’Avantasia, ma qualunque siano gli accostamenti possibili, questa band non cede la propria anima a nessuno e respira in piena libertà testimoniando il suo appeal come vera forza di band. In questa occasione si supera in maniera netta il valore del precedente full-lenght ‘Creepy Symphonies’ del 2022, il quale aveva una certa debolezza per colpa di vari episodi appesantiti da note e melodie troppo già sentite. Stavolta si apprezza una chiaro miglioramento, anzi si tratta di un lavoro organico, uno dei migliori della band, dove si gusta netta intelligenza dentro una esuberanza che colpisce nel segno.
Roberto Sky Latini