Slayer
Show No Mercy
Il 3 dicembre del 1983 esce il primo disco degli americani Slayer. Non è un disco perfettamente thrash avendo molte reminescenze riffiche speed più vicine all’Heavy. E’ anche un esplicito mescolare stridule vocalizzazioni e frasi brevi eruttate in senso punkeggiante.
Il prodotto non ha ancora ben chiaro dove voglia dirigersi, al momento si tratta di belle canzoni che non appaiono un autonomo espressionismo della band, quanto un utilizzare quanto di meglio ci sia già nell’ambiente per essere i più duri e aggressivi possibile. Nonostante il suono grezzo, la produzione è sufficiente e qualitativa abbastanza da permettere di goderne gli afflati e le tecnicità, meglio dei primi due dischi dei Venom, o di certe produzioni della NWOBHM. Un debutto di fuoco ma non del tutto messo a fuoco, nonostante la qualità sia presente.
Si ha in ‘EVIL HAS NO BOUNDARIES’ un pezzo d’aggressione al fulmicotone, suonato tecnicamente più speed all’Exciter che in senso totalmente thrash, ma comunque inossidalmente funzionante. Ottima anche la corposa THE ANTICHRIST dove si sente l’ispirazione proveniente dai Metallica di pochi mesi prima. Con ‘FIGH TILL DEATH’ ancora forte accentazione Speed/Thrash, che trova alcune escrescenze alla Metallica nella chitarra solista. Un bellissimo brano compatto. Il thrash d’assalto ‘BLACK MAGIC’ toglie il respiro e presenta il virtuosismo in acuto del singer che diventa un voce assassina tra modulazioni scure e alzate di tono avvinghiante. Appare stupenda la tirata title-track ‘SHOW NO MERCY’ se non fosse il quasi plagio dei Metallica che si percepisce sia nei riff che nel cantato in particolare facendo riferimento a ‘No Remorse’, in una parte della melodia (minuto 0.38 fino a 0.48, poi ripetuto più avanti) anche se velocizzata: in generale qui sembrano i Metallica che suonano come i Venom; ma per il resto grande efficacia virulenta. Fino a qua i pezzi migliori.
Sono gustosi anche gli altri episodi. ‘Die by the Sword’ è un brano Heavy Metal alla Venom, con alcune cadenze thrash e una certa oscurità simil-Angel Witch, che ne rimarcano l’essere contenuti in una decade ancora non ben staccata dalla sostanza formale dei primi anni ottanta, NWOBHM compresa pur essendo la band statunitense. Nella incombente ‘Metal storm/face the Slayer’ si perde addirittura il senso speed per assomigliare a certe circonvoluzioni maideniane ancora ben in auge in quell’anno che vedeva uscire lo strepitoso ‘Piece of Mind’, rimanendo completamente nel genere heavy, ma certo fornendo una performance valoriale, seppur minore rispetto al livello del disco. Di nuovo poco thrash dentro ‘Tormentor’ che è un heavy-speed poderoso, ricco di intransigente anima metallara, e con emergente un assolo lancinante dal taglio affilato. Poi ritroviamo un senso alla Metallica di ‘Kill’em All’ in ‘Final Command’, con una originalità parziale rispetto a gruppi dello stesso periodo. Anche ‘Crionics’ è una cavalcata Maideniana, con in aggiunta una verve sporca che la diversifica dagli inglesi senza prenderne realmente le distanze.
Gli Slayer cantano in modo similare agli Exciter ma anche con un rifframa che li ricorda. Il cantato è insomma un irriverente afflato urlato che rispetto ai Metallica cerca meno melodia, un po’ in stile punk, come i gruppi che furono il momento di transizione speed. Rispetto ad Hetfield c’è meno personalità canora, meno interpretazione espressiva. Abbiamo un lavoro che permane quindi a cavallo tra Venom; Exciter e Metallica, in una dimensione che non si è ancora staccata dall’heavy precedente e ispirandosi ai Metallica per alcuni tratti, ispirazione che li porterà in futuro verso un maggiore risvolto thrash. Considerando sia il non perfetto passaggio al thrash, oltre ad esplicite citazioni sonore di altri gruppi già famosi, è chiaro che il contributo degli Slayer non è quello della fondazione vera e propria di un genere che rende i Metallica invece i veri creatori del Thrash, avvenuta ben tre mesi prima; per le mode tre mesi sono un enorme lasso di tempo nell’arte. I Metallica nel mese di luglio di quell’anno furono quindi la vera novità, i veri primi esecutori del Thrash, imponendo positivamente se stessi agli altri, imponendosi anche sugli Slayer di quell’anno. Possiamo dire che ‘Show no Mercy’ contribuì comunque all’indurimento dei suoni nel panorama metal, e con anche dei bei numeri valoriali.
Un buonissimo lavoro, con punte ottime, che però non trova ancora la propria originale specificità sebbene si percepisca che la band abbia un bel potenziale da sviluppare, una scintilla in ogni caso assente in altri gruppi del momento. Lo stesso cantante Tom Araya citò i Venom come loro influenza, come reale appartenenza di genere. La fase veramente thrash arrivò dopo e anche in ritardo rispetto ai Metallica, per cui possiamo dire con tranquillità che i veri inventori del thrash siano stati i Metallica, anche se quest’ultimi non hanno indagato tutte le possibilità evolutive coperte poi da altre band di genere (ma lo stesso avvenne per Led Zeppelin; Deep Purple e Black Sabbath). Gli stessi Slayer, una volta intrapresa con più decisione la via del Thrash, ne hanno sviluppato una branca ben differente, molto personale, che ha trascinato altri sulla propria strada. I Metallica apparivano più luminosi, gli Slayer fomentarono il lato più scuro e violento. Val bene celebrarne il quarantennale perché si tratta del debutto di un gruppo fondamentale per la storia del metal, la cui musica ha segnato uno spirito metallico differente all’interno del genere suonato, anche se poco si avverte in questo primo singulto. Ben più significativo sarà in effetti il secondo lavoro, quel mitico ‘Reign in Blood’ del 1986, che però già qui trova alcune caratteristiche che risuonano potenti. In ogni caso un disco forte fatto da musicisti che hanno già deciso quale livello di cattiveria vogliano esprimere nella loro carriera.
Roberto Sky Latini
Metal Blade
www.slayer.net
Side A
Evil Has No Boundaries
The Antichrist
Die by the Sword
Fight Till Death
Metal Storm/Face the Slayer
Side B
Black Magic
Tormentor
The Final Command
Crionics
Show No Mercy
Tom Araya – vocals / bass
Jeff Hanneman – guitar
Kerry King – guitar
Dave Lombardo – drums