Seven Impale
Summit
Attivi sin dal 2009, i Seven Impale sono una band norvegese con chiare reminiscenze crimsoniane. I componenti, tutti provenienti da altre esperienze musicali, hanno messo a disposzione il loro vari background, dal jazz al trashmetal fino all’operistica, per creare un sound unico e personale pur con influenze stilistiche piu’ o meno pronunciate.
City of the sun del 2014 è stato il loro ottimo album di debutto seguito nel 2016 da Contrapasso. Poi il gruppo comincia a suonare in giro per l’Europa per molti concerti ed è presente a numerosi festival jazz e prog che si tengono nei periodi a seguire. Ovviamente, a causa della pandemia, dal 2020 cambiano radicalmente molte cose nel mondo ed anche il gruppo ne rimane coinvolto.
La vita e le loro questioni familiari ne rallentano la creatività e le possibilità di ulteriori esibizioni dal vivo, cosi’ si arriva al 2023, anno in cui i Seven Impale raggruppano tutto il materiale che hanno in qualche modo prodotto negli anni bui e dopo un’attenta fase di produzione lo convogliano in questo loro terzo lavoro chiamato Summit, ve lo dico subito, si tratta di quattro lunghe tracce che compongono un ottimo album e che c’è bisogno di molti ascolti per fare penetrare tutte le emozioni legate a questo cd nella mente e nella pelle.
L’opener Hunter inizia con un piacevole e delicato pianoforte che ci introduce successivamente senza se e senza ma al mondo dei Van Der Graaf Generator. Un suono lento e sincopato regna incontrastato per tutta la durata della traccia, il cantato ha molto in comune con Peter Hammil ed il ritmo si fa piu aggressivo man mano che il disco gira. La seconda track Hydra, per assurdo, è ancora piu’ bella. Le sonorità VDGG si fondono con altre piu’ legate al suono nordico degli Anglagard per esempio ed il risultato è fantastico, solo il sax suona sempre ed impazzando rende il marchio VDGG sempre vivo e presente.
La tagliente e spigolosa Ikaros ha qualcosa dei mitici Magma, un pezzo molto duro e ritmicamente senza sosta un pò a se stante rispetto al resto del materiale proposto in questo album. Ritorniamo alla “normalità” con la lunga ultima canzone Sisifo che inizia con un bellissimo mood di apparente tranquillità scandito da basso / batteria e sax, una voce bassa e tenebrosa accompagna la musica e dà ritmo e sostanza. Passaggi musicali straordinariamente liquidi e naturali ci accompagnano dolcemente durante tutte le variazioni del pezzo che si trasforma continuamente donandoci un saliscendi continuo di meravigliose emozioni.
Un album veramente bello che si potrebbe definire come un raro e piccolo gioiello di progrock, scuramente un disco fortemente consigliato e da ascoltare ad occhi chiusi in loop.
Massimo Cassibba