Septem

Pseudonica

Credo che l’Italia sappia suonare ormai qualsiasi tipo di metal e così anche quando si va verso il classico Heavy Metal, troviamo tante ottime band

E i Septem seguono questo trend apparentemente senza nessuna preoccupazione, data la libertà con cui si esprimono nel nuovo disco. Questa realtà italica compie già nove anni discografici dall’esordio del 2013 con la Nadir (in realtà già un demo di quattro brani nel 2011). Nel 2016 esce ‘Living Storm’ e oggi, anno 2022, abbiamo il terzo capitolo.L’intro ‘Limbo’ strumentalmente prima misterioso e poi localmente bucolico, in tutti e due i sensi ha poco a che fare con il seguito praticamente del tutto heavy metal alla NWOBHM.  L’apertura vera e propria viene data dalla traccia ‘THE OTHER SIDE’ che pur prendendo chiaramente dagli Iron Maiden, non cade però nella copia vera e propria; soprattutto chitarre e drumming si rifanno ai mostri sacri, mentre la linea vocale riesce a elaborare una linea piuttosto personale.

La cattiveria di ‘BLOOD AND SOUL’ si allontana dalla Vergine di Ferro e diventa più moderna ed epica, con una voce che non si vergogna di tentare una espressività più sfacciata, sia nel pulito che nel growl, imprimendo anche abilità esecutiva virtuosa. Come ‘Blood and Soul’ anche ‘PSEUDONICA’ e ‘THE NORTH STAR’ usano la greve riffica moderna, sebbene queste più su di una melodia ottantiana. Nella prima c’è il ritornello circondato da un’aria dark-epica di sicura presa che è l’unico momento che potrebbe collegarsi con l’intro dela parte iniziale scura, e sulla seconda s’imbastisce una linea melodica più aperta che esprime al 100% la NWOBHM che fu. Il basso è molto Iron tipo ultima carriera all’inizio della mini-suite ‘Sa Femmina Accabadora’, ma la voce morbida non è pallosa come certe cose di Dickinson, così come anche il resto del cantato, così la canzone riesce ad allontanarsi dalla forma maideniana, ed è bella l’enfasi della parte strumentale. Il brano più lineare e meno elaborato è individuabile in ‘The Lust Within’ la cui classicità molto tradizionale funziona benissimo, e in cui tutto scivola in modo spigliato e fresco, compreso il ponte strumentale centrale di tipo Iron Maideniano che viene sviluppato senza che ne dia fastidio la vicinanza stilistica.  Ogni tanto sarebbero serviti dei cori o delle sovra-incisioni per scaldare a dovere le vocalizzazioni più importanti, per esempio in ‘Man on the bridge’, ‘Devil in Dusguise’  (e non solo), brani nei quali però anche la scrittura appare meno ispirata pur non potendo essere definita filler visto che stilettate intriganti ci sono sempre. Non bene interpretato invece il brano soft ‘Call of Love’, secondo me anche cantato tecnicamente non benissimo, che purtroppo non riesce a trasmettere nulla, sebbene sia una classica ballata heavy e non pop.

Le chitarre soliste non mancano più volte di darsi battaglia e lo fanno con una forte dose di spinta creativa. Sono un elemento che conta in modo centralistico nell’insieme compositivo e paiono sempre sapere ciò che fanno. Ma anche i giri riffici possiedono un carattere decisamente efficace  e sono un punto altrettanto eccitante. Un appunto fa fatto alla registrazione tecnica che non è riuscita ad immergere bene la vocalità nella massa sonora strumentale, cosa che a volte rende freddi e poco incisivi certi passaggi; insomma la parte canora andrebbe più curata dal punto di vista della produzione perché danneggia il feeling.

La voce non è male affatto, anzi, qualche volta riesce ad infilare delle modulazioni anche iper-virtuose, oltre al fatto che le linee melodiche sono accentate ed interessanti. Essa in effetti ancora oggi estrinseca incertezze o sbavature in alcuni pezzi, per esempio in ‘Sa Femmina’ (di nuovo dico “e non solo”), che però non sono alla fine un grande difetto. Va detto che la maggior parte delle song sono perfettamente riuscite, anche in modo potente, quindi il songwriting  è di quelli che colpisce a dovere, e non manca di testimoniare una buona matura pregnanza. Si tratta di uno di quei gruppi che mantiene viva la vecchia militanza metallara riuscendo a non essere fastidiosamente copie; poche sono le sensazioni vintage, e si riesce a godere una forbice tra buona ed ottima musica.  Se anche la voce non si integra con perfetta attenzione alla struttura, possiamo dire che la band realizza una scrittura quasi perfetta, davvero da band che merita visibilità, e che non ha cadute di tono nel suo scrivere metallo pesante.

Roberto Sky Latini

Limbo
The Otherside
Blood And Soul
Man On The Bridge
Sa Femmina Accabadora
Pseudonica
The Lust Within
Devil In Disguise
Call Of Love
The North Star

Daniele Armanini – vocals
Luca Riggio – vocals / guitar
Enrico Montaperto – guitar
Andrea Albericci – bass
Matteo Gigli – drums