Savatage
Sirens / The Dungeons are calling
Nel 1983, anno di importanti cambiamenti evolutivi nel metal, debuttano discograficamente anche gli americani Savatage, oggi mitici. In quell’anno vengono costruite 15 canzoni, prima uscì in data 11 aprile l’album ‘Sirens’ (9 tracce) e successivamente l’ep ‘The Dungeons is calling’ (6 tracce). Perché mettere insieme in questa recensione il primo album con l’ep che uscì ben due anni dopo? Per il semplice fatto che furono registrati insieme nel gennaio del 1983, appunto. Il vuoto del 1984 portò alla pubblicazione di ‘Dungeons…’ a posteriori, ma concettualmente i due lavori poggiano sulla stessa creatività proprio per essere stati realizzati insieme.
Il genere non è rivoluzionario rispetto all’heavy metal corrente, mentre stavano nascendo il Thrash ed il Black, ma è subito chiaro che la personalità è tanta. Si vive una atmosfera epica per come vengono concepiti i pezzi, con l’aggiunta di una abile verve interpretativa del cantante. In realtà i metal kid di allora non presero atto subito della nascita di una creatura molto particolare, anche per colpa di una produzione non raffinatissima. Poi la musica della band evolverà in una espressività dalla profonda ispirazione artistica che, del resto, a posteriori, è evidente che esistesse già in embrione in questo primo vagito. L’effetto iniziale fu di curiosità dato che una certa pregnanza già si respirava. Il genere heavy qui suonato possiede anche alcune velocizzazioni Speed e lo stile è comunque proiettato nel futuro.
SIRENS(1983). Le due opere d’arte magnifiche sono i primi due brani. ‘SIRENS’ è il vero colpo di genio in cui si sente la grandezza del singer; a renderla fascinosa è il senso di oscurità e di mistero che pervade l’aria. Emette un ritmo cadenzato e produce ceselli di chitarra che avvolgono le strofe, soprattutto il merito va al ritornello, semplice ma evocativo, il quale è in grado di rendere il pathos emozionalmente ficcante, e infine gli acuti stranianti pieni di lucida follia. ‘HOLOCAUST’ vive dello stesso spirito dark; bello in particolare il giro di chitarra che separa le linee melodiche, modalità portante della struttura. Gli altri episodi sono interessanti, ma non eccellono come questi, pure sanno portare in qualche modo una certa novità stilistica che non è ancora raffinata come lo sarà in futuro, però non possono certo essere considerati ininfluenti sul processo in atto nel panorama metal internazionale. ‘I believe’ è un ottimo momento per la solita capacità melodica di portare la linea cantata in variabili canore sempre funzionanti, la parte finale che inizia dall’assolo assume connotati speed e colpisce in modo diretto senza fronzoli. Lo Speed nudo e crudo appare con una delle song minori, ‘RAGE’, dal riff iper-abusato nel mondo dell’Heavy (simile a quello utilizzato già da Riot; Judas; Killer e persino gli italiani Skiantos). Pienamente ancorato alla New Wave Of British Heavy Metal ‘On the Run’ con una eco americaneggiante dello Street Metal, per un pezzo divertente ma non certo eccezionale. Anche ‘Twisted little Sister’ affonda le radici nella NWOBHM, ma fa meglio della precedente con una certa ossessività che calca la mano su una intimidatoria aggressività in agguato ma non deflagrante, preferendo mettere l’accento su uno spirito incombente e minaccioso; essa non sembra essere esaustiva, però ha un buonissimo appeal. ‘Living for the Night’ vuole essere maggiormente melodica, ma anche se la sezione ritmica è efficace, il cantato non eccelle. La cavalcata classica alla Iron Maiden di ‘Scream Murder’, viene gestita in modo riuscito, senza difetti formali, ed è in grado di afferrare l’ascoltatore diventando sicuramente perfetto per essere eseguito in sede live. Termina l’ascolto una semiballata che ha un feeling azzeccato, ‘Out on the Street’ infatti è una delle tracce migliori ma di certo è la più vicina alla tradizione metallica sviluppatasi fino all ’83.
‘THE DUNGEONS ARE CALLING’ (1985). Come fa l’album, anche l’ep comincia con una tonica opera d’arte tramite la title-track ‘THE DUNGEONS ARE CALLING’ che nel suo incipit soft offre l’anima poetica che poi la band svilupperà negli anni successivi, è solo un prologo breve, ma interessante; poi subentra la cattiveria, non con la stessa aria dark della song ‘Sirens’, però si sente l’afflato enfatico dell’idea creata. Ma per il livello di ‘Sirens’ bisogna aspettare ‘’BY THE GRACE OF THE WITCH’ che è un superbo graffio evocativo, con ‘Sirens’ essa fa coppia d’eccellenza, superiore a tutte le 15 canzoni pubblicate nel 1983. Tra le migliori tracce va annoverata anche la judaspriestiana ‘MIDAS KNIGHT’, classicissimamente Heavy Metal, arricchita di acuti vocali evocativi e assolo chitarristico di alto lignaggio. ‘Visions’ è perfettamente brano calato nello speed assomigliando per riffing agli Exciter che esordiscono lo stesso anno; essa rimane minore come qualità anche se il cantato possiede un carattere NWOBHM considerandone l’accenno epico. Minore pure ‘City beneath the Surface’ per il basso tasso di personalità, una mezza copiatura di Diamond Head nel riff, quello di ‘Am I Evil’ di tre anni prima; ma ha il pregio di fornire una interpretazione vocale che assomiglia allo stile di David Mustaine dei Megadeth che verranno e naturalmente come al solito ottima parte solista. Carina ‘The Whip’ ma non certo un pezzone; la quale segue spudoratamente la scia dei Raven e snocciola riff alla Judas.
L’anno dopo esordiscono I Metal Church che in qualche modo, sia nella voce, sia nelle atmosfere, sembrano rifarsi ai Savatage di questi due dischi. La vocalità di John è graffiante ma anche suggestiva nei suoi passaggi migliori, e i pochi acuti utilizzati (solo quattro volte nell’album e due nell’ep) sono iconici. Talvolta è un’ugola rozza rispetto alla tecnica migliorata che verrà in futuro, però sempre tenta, in ogni episodio, orgogliosamente di sollevarsi sopra la mediocrità, invero riuscendoci quasi sempre. La chitarra solista non si accontenta di fare le scale, ma vuole riuscire ogni volta a donare quel qualcosa in più, non sempre perfettamente, ma con una certa magniloquenza che ne esalta le doti. Un lavoro che in effetti dà la percezione di essere un esordio alquanto acerbo, ma in ogni caso fortemente lontano dalla banalità. Non due lavori sorprendenti, rimanendo legati a estetiche già sfruttate ampiamente, eppure facendo emerere in molti punti accenti particolarmente innovativi, che per quanto limitati quantitativamente hanno in embrione grandi potenzialità. In realtà ‘Sirens’ e ‘By the Grace of the Witch’ appartengono già al futuro e sono queste due escoriazioni la testimonianza che i Savatage sono diversi ed in grado di poter dare molto al panorama musicale. Infatti sarà così e vale la pena celebrare un esordio discografico per un combo che dopo quarant’anni è riconosciuto fra i grandi della storia metal.
Roberto Sky Latini