Säteilijä
Säteilijä
I Säteilijä sono finlandesi e presentano questo album di debutto omonimo di otto canzoni, il cui vinile è stato distribuito a partire dal settembre dello scorso anno. Da Ikiyo notiamo come i loro suoni ricordano, almeno al primo ascolto, quelli dell’omonimo di Hetfield e compagni anche per una caratteristica che all’inizio mi aveva sinceramente spiazzato:
la timbrica della voce.Possiamo avvicinarci a questo disco come a quello di un metal moderno a tratti stoner, con melodie aperte nei ritornelli supportate adeguatamente, anzi, evidenziate ad hoc dal lavoro del batterista Daniel Kuitunen.Del secondo brano Aikapommi osserviamo la cadenza sabbathiana ed il solo di chitarra, più attento alla sperimentazione ed all’armonia che non allo shredding puro. Dicevo prima, la voce di Ville Hytonen ha una timbrica chiara, priva di forzature rauche, growl o scream ed inizialmente mi è sembrata quasi fuori contesto, fuori luogo, date le timbriche delle chitarre. Poi nell’interezza del disco, si capisce che rappresenta una delle caratteristiche fondanti e distintive del gruppo insieme all’approccio esecutivo dei soli e degli arrangiamenti delle chitarre in tutti gli altri brani. Essa non appesantisce troppo, ma fa da contrappeso al granitico suono della band. Approfondendo la questione suoni, parliamo di distorsioni belle piene, nitide e tutto è ben mixato, senza squilibri o compressioni troppo invadenti. Tornando a parlare delle tracce, Soutaja cambia leggermente le coordinate di ascolto fin qui esposte, con una bella dodici corde che introduce la canzone: qui la voce si staglia meglio, che non nelle altre composizioni, non a livello di volume bensì come elemento fra gli altri e le linee melodiche esprimono una sensibilità più nord europea che non classicamente anglosassone. Si capisce anche da questo brano il perché, di nuovo, i Black Sabbath siano stati spermatici nella storia del rock.
Sono gli stacchi e la struttura di questo brano che forse fanno fare il salto di qualità a tutto l’album che da qui in poi acquisisce più colore e spessore. Loma è quasi un pezzo hard rock punk, mentre con Ihmishurrikaani si torna su terreni più metal anche se non dalle tonalità pesantissime, un andamento simil maideniano. Hairiosignaali presenta quei cori da cantare a squarciagola, con un solo melodico, armonizzato ricco di pathos. Hypnoosissa si apre con una ritmica dispari, con una chitarra che intesse melodie, con la voce che dopo la strofa, lancia un ritornello melanconico. Il brano raggiunge il suo apex, complice il raddoppio della batteria, durante il solo di chitarra armonizzato. Gli otto brani sono tutti sullo stesso livello compositivo come anche nelle velocità di esecuzione, grosso modo; se non consideriamo l’ultima canzone, mancano scatti in avanti di velocità o indietro verso ballad. Il lavoro va giù dritto senza scossoni verso un crescendo di coinvolgimento dell’ascoltatore, come dicevo ben registrato, e permette di assaporare tutte le sfaccettature della band dalla composizione, agli arrangiamenti, alle strutture, e poi mixaggio e post produzione. La compattezza e l’omogeneità che ne deriva la possiamo trasferire anche sul gruppo; considerazioni queste che mi permettono di consigliare l’album di debutto sia per gli amanti del genere, come anche per chi vi si vuol avvicinare. Questo omonimo rappresenta una bella pausa dallo standard dell’universo rock inventato dagli anglo sassoni, senza per questo allontanarsi chissà dove.
Ivanohe