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Hell’s Gate

Siamo al quinto full-lenght e non si sente alcuna flessione nella motivazione, anzi, c’è una forza che pare provenire da una esplicita sicurezza di sé.

Quasi tutte le song prediligono tempi medi o cadenzati e quindi non veloci, perché quello che si esprime passa per la ricerca dei giri riffici e per l’interpretazione vocale. La band suona un Heavy Metal classico, quello posto nel versante meno irruento e più pensato, un po’ come quello di Ronnie James Dio; Savage o venendo ai nostri giorni certe cose di Russel Allen o Jorn Lande, nonostante ciò, rispetto agli album passati, il suono si è indurito lasciando che gli angoli facciano male, e abbandonando il precedente modo di fare che addomesticava parzialmente le canzoni smussandone gli spigoli. Il risultato è fortemente tonico e non è solo merito della vocalità.L’apripista  è la title-track ‘Hell’s gate’ in cui il rifframa è scuro ed epico, un middle-time che sfocia in un ritornello orecchiabile ma non catchy. ‘I’ve been losing You’, se arrangiata diversamente poteva diventare una song  morbida e commerciale, invece viene gestita alzando la tensione attraverso una sonorità dal carattere forte.

Vari brani lasciano che la tradizione sia troppo canonica, ma sono piccoli difetti che non pregiudicano la bellezza dell’insieme. In effetti i brani migliori sono quelli che emergono con maggior lucidità ideativa perché riescono a staccarsi di più dai clichè. Tra questi ‘THE MUSK I LIVE IN’ con un netto tasso dark, buio incrementato rispetto all’apripista sopracitata, e con un cantato che diventa densamente atmosferico, alzando i toni di una traccia che vuole essere imponente. ‘FREE’ inizia con un riff che dà l’idea di una partenza in accelerazione, poi ti frega con un primo ritmo cadenzato, ma la velocità arriva e non poteva essere altrimenti visto il giro riffico presente, ed è in questo giochino che la strumentazione acquista valore, in quanto i cambi di ritmo reggono bene in ogni sezione, senza contare che qui troviamno una parte solista davvero pregnante sia quando dà la scossa sia quando si ammorbidisce. Il doom alla Ozzy di ‘BOYS DON’T CRY’ si lega ad una linea vocale che la rende meno oppressiva, ma che incide sull’aumento della bellezza del pezzo, in una funzionale contrapposizione tra possanza e raffinatezza. ‘PEGASUS’ è un compatto episodio dalla netta personalità heavy che regge benissimo dall’inizio alla fine.  Forse ‘Heartless’ è una di quelle che abbassa il livello compositivo generale perdendo personalità, lasciando però che possa essere godibile. L’album si chiude con due perle evocative, una è l’introspettiva ‘WHAT WILL IT BE’; l’altra è la lunga suite epica ‘VIKING’, di ben 12 minuti, che pur avendo alcuni passaggi non originali, costruisce in altri momenti una sostanziosa emozionalità ficcante.

C’è americanità, altre volte inglesismi alla NWOBHM, per un metallo vissuto con anima e passione. La voce viene gestita in modo tirato, infatti talvolta l’ugola sembra spingere al massimo delle sue possibilità, apparentemente sforzandosi per riuscirci, in ogni caso, pur con qualche indecisione, dona sempre risvolti positivi, ma bisogna abituarsi alla sua incrostazione sonora. Le belle canzoni, dalle ottime intuizioni portate felicemente a termine, ci sono, altre, come abbiamo detto, non sono tutte irresistibili perché talvolta alcuni passaggi risultano piuttosto scontati o l’assolo, ma è più raro, si pone come obbligo professionale senza aggiungere nulla al pezzo. La chitarra va alla ricerca di un rifframa ad effetto, è una bella sensazione ascoltarne la compattezza sotto linee melodiche più aperte, anche se tale apertura è un saliscendi formalmente mutante tra robustezza e gentilezza, mantenendo roccioso il timbro. Un lavoro molto soddisfacente che andrebbe meglio rifinito, ma che comunque regala emozioni dentro un alveo tradizionale di sicuro appeal per un metallaro che ama il mondo classico.

Roberto sky Latini

Hell’s gate
The Musk I live in
Do You Like what You see
I’ve been losing You
Free
Boys don’t cry
Heartless
Pegasus
Little Girl
What will it be
Viking

Davide Dell’Orto – vocals
Stefano Galleano – guitar
Steve Vawamas – bass
Maurizio De Palo – drums