Of Destruction New Dawn

Remains

Fluidi, diretti e virili, i pezzi Power Metal di questa band finlandese sono guidati da una voce liricamente poderosa. Ci si rifà a connotati già di per sé noti al pubblico, ma la forza impressa rende funzionante anche le idee meno originali.

Le idee frizzanti ci sono e si coniugano benissimo con gli arrangiamenti studiati adeguatamente. Non tutte le idee però sono ben poste e così talvolta i ROD tendono ad usarle in un modo già sentito. Questi musicisti hanno esordito nel 2020 con un singolo, ma il full-lenght arriva solo ora nel 2022, ed è un esordio che brilla a metà. L’altra metà, quello meno valoriale, ha comunque un certo appeal che può irretire chi è un giovane metallaro che non conosce tutta la storia del metal.

L’apripista ‘BLOOD MOON’è uno splendido gioiellino tonico il cui ritornello è perfetto per le sedi live, e ci si possono immaginare i pugni alzati mentre si canta con il frontman. Su una base alla Malmsteen di ‘FINAL LIGHT’ s’invola un cantato muscolare rinforzato da pezzi di coro da guerriero. ‘GAZE UPON THE STARS’ è un tipico Power alla finlandese, niente di nuovo ma costruito con abile feeling ed elettricità per colpire in maniera ficcante. L’atmosferica ‘Northern Star’ possiede una certa evocatività rinforzata da un ritornello epico azzeccato. Un parziale sinfonismo emerge da ‘Mankind’s Banquet’, un buon pezzo nonostante le soluzioni antiche usate. L’ultimo pezzo ‘From Shadows we rise’ si distacca nettamente dal resto della produzione dato che utilizza un incedere iniziale elettronico con una parte melodica commerciale, sebbene l’arrangiamento permanga nella concezione  heavy, rinforzata vocalmente da una presenza di cori combattivi.

La band sembra prendersi davvero sul serio, ma vista la bravura strumentale e di impostazione strutturale, il senso enfatico e battagliero che esprimono ha totalmente senso. Il batterista sa sempre come appoggiare bene le sue pelli all’organizzazione strumentale del gruppo. Il dinamismo è corroborato infatti da un drumming ben piazzato. Alcuni inizi tastieristici invece sono un po’ di maniera, scontati e a volte inutili, però poi le song decollano e non si fanno ammorbidire da questi incipit leggermente vuoti. Alcuni passaggi atmosferici ricordano Ronnie Dio, anche se la timbrica del singer è differente, però l’anima viene da lì. Appare anche un growling, unico in ‘Mastermind’, ma ben piazzato. Ogni traccia porta l’ascoltatore progressivamente, durante gli ascolti, a canticchiare le melodie poiché esse sono orecchiabili il giusto per farsi accattivanti e sempre più automaticamente da seguire. C’è di più però, e la scuola di tanta tradizione ha fatto effettivamente presa su di un combo che sa valorizzare l’ispirazione ottantiana, ma anche quella scandinava che viene da molte band anni novanta. Questo loro ancoraggio ai fasti famosi è sia un pregio che un difetto, dipende tutto dal songwriting che in alcuni casi ha una presa non totalizzante, in effetti l’intero lavoro si poggia sulla voce e gli altri strumenti mancano di coraggio sembrando essere troppo al servizio della linea melodica, così se la melodia non è originalissima anche la costruzione risulta debole. Il tipo di metal può essere vincente, la band appare ancora acerba compositivamente, anche se l’approccio sembra di mestiere, cioè quello di una vecchia realtà matura.

 

Roberto Sky Latini

Blood moon
Final light
New dawn
Mastermind
Mankind’s bequest
Gaze upon the stars
Northern stars
Silvery fields
From shadows we rise

Jesse Yrjölä – vocals
Timo Pelkonen – guitars
Saalas Ruokangas – guitars
Osmo Lassila – keyboards
Jaakko Saloranta – bass
Janne Ollikainen – drums