Northen Lines

I Think We’re Fine

Esce finalmente il  terzo disco dei Northern Lines che si intitola I Think we’re fine uscito dopo circa sette anni dal precedente disco chiamato The Fearmonger del 2017. Loro sono una band capitolina che si cimenta in un genere che potremmo definire come vario perché spaziano parecchio in tutto l’arco  del disco. Indubbiamente suonano rock  ma anche jazz e progressive creando  questa miscela particolare dove nei brani non troveremo nessuna canzone cantata perché la loro musica è completamente strumentale e questo già li pone  in una situazione di certo non facile  da assimilare non perché non sappiano fare le loro  cose  ma perché in giro c’è veramente poca roba  dello stesso  genere .Certamente i Northern Lines sono consapevoli di aver fatto una scelta trasversale soprattutto per il modo di porsi rispetto al mercato musicale odierno che non accetta di buon grado  questo tipo di band ma questo è un altro discorso .

Ma come suona I Think We’re Fine? Il disco suona molto  con una produzione accurata dove tutti gli strumenti sono ben  equilibrati ed il tutto  veramente piacevole da ascoltare anche  perché loro hanno la capacità di comporre  delle strutture musicali non troppo complicate  e malgrado siano dei musicisti affiatati e bravi nella loro musica ci si può accorgere di una certa auto ironia riscontrabile anche nella copertina fumettosa  ma molto ben realizzata di cui  però la band ha perso completamente  le tracce, in pratica si tratta di un autore anonimo .

I Think We’re Fine (Credo che siamo a posto in italiano), si compone di  10 tracce  un disco dalla durata ideale  perchè se fosse stato più lungo forse avrebbe annoiato io infatti  quando mi imbatto in dischi con dieci tracce già me li pongono a mio favore. I brani che compongono il disco hanno una durata media di circa cinque minuti tranne che per l’opener Under a purple sky che supera  i sei minuti circa si apre con un tema principale  suonato dalle tastiere  di Leonardo Disco che poi si ripeterà alla fine del pezzo durante la chiusura. Bear it è un classico pezzo jazz rock in stile anni settanta molto bello Neither The First, Nor The Last non è né il primo ne l’ultimo pezzo che ascolteremo del disco  e non perché sia uno dei pezzi del disco anzi subito arriva ’68 brano dalla struttura funky che va a pescare sonorità settantiane che a un certo punto s’interrompe bruscamente Dall’assolo al piano in perfetto stile jazz dell’ottimo tastierista.

That’s my son uscito anche come singolo, dove la band spiega il senso del titolo che è come proiettare la propria immagine nel futuro è come esercitare la genitorialità delle proprie idee. Ecco, questo è mio figlio, frutto di un percorso di immaginazione, dal complesso al semplice, dalla moltitudine alla singolarità. E si scoprirà che scrutando il futuro molti frammenti di passato vengono alla luce. That’s my son è guardarsi allo specchio e immaginare un altro tempo, non un altro sé.Non voglio fare un track by track ma il disco  sarebbe da citare  interamente anche perchè attraverso i titoli dei brani ci si accorge  di un percorso filosofico e vitale  per la band stessa  ma anche per chi ascolterà il disco.

Io però fossi in voi darei un ascolto attento alla title track veramente bella trattasi di ballad strumentale molto ben congeniata e quindi cari miei in chiusura di  recensione  non posso far altro che fare i complimenti per questo ottimo lavoro  e quindi ragazzi se voi state apposto lo siamo anche noi.

Stefano Bonelli  

Joe’s J. Edizioni Musicali Released
www.facebook.com/NorthernLinesOfficial

Under A Purple Sky
Bear It
Neither The First, Nor The Last
’68
That’s My Son
Brother Nick
I Think We’re Fine
Site Of The Ritual
Consequences Of Bad Bahaviour
Wind’s Howling

Alberto Lo Bascio – guitar
Cristiano Schirò – drums
Stefano Silvestri – bass
Leonardo Disco – keyboards piano