Ne Obliviscaris

Exul

Nel corso degli ultimi due decenni qualcosa è cambiato nella geografia del mondo del metal, soprattutto per quel che riguarda il metal estremo, infatti se fino a circa venti anni fa la provenienza di certi generi era ben chiara, oggi le cose sono cambiate parecchio: se si parlava di black metal si pensava subito alla Norvegia o alla Svezia, se si citava il death metal subito scattavano le antenne verso il mondo a stelle e strisce oppure per la scena Svedese o anche all’antica terra di Albione.

Da svariati anni questi riferimenti non sono poi così chiari, infatti oggi, ad esempio, la scena più estrema e qualitativamente più elevata è sicuramente quella francese, sia per quel che riguarda il black, sia per quel che riguarda il death metal, ma se ci si guarda ben bene intorno, ci si potrà rendere conto che c’è un’altra scena che merita molta attenzione perché capace di osare e tirare fuori dei veri e propri capolavori in ambito estremo: parliamo della scena australiana, capace di tirare fuori dei veri talenti musicali in grado di iniziare a dettare legge in campo internazionale. Non ci sono solo gli AC/DC o gli Airburne, ci sono grandi nomi in tutto lo scibile metal e una di queste grandi band risponde al nome di Ne Obliviscaris ed oggi sono qui a parlare del loro ultimo lavoro discografico: Exul. I Ne Obliviscaris escono con questo quarto album che ha avuto una gestazione decisamente lunga e travagliata, tanto da portare la band sull’orlo dello scioglimento ma con grande fatica, dedizione e ingegno sono riusciti a cavarsi d’impaccio e a mettere su un disco che rappresenta la summa di quanto hanno detto con i tre precedenti dischi: attenzione però, non sto dicendo che la band abbia realizzato una specie di best of, dico che le esperienze tratte da ciò che hanno fatto con i tre dischi precedenti sono entrate in maniera dirompente in questo Exul, il che ha comportato una, seppur parziale, rilettura del tutto, spostando il costrutto compositivo su una via più easy listening. Tutto questo però è solo apparente perché la capacità di scrittura si è talmente elevata da far sembrare composizioni decisamente complesse e con una serie immensa di strutture e sovrastrutture, piuttosto semplici: tanto che il disco, nonostante la lunghezza dei singoli brani, scorre molto molto agevolmente.

Come dicevo Exul rappresenta la summa e la punta di diamante della capacità compositiva degli australiani con una trama musicale capace di variare dal progressive death fino al metal classico, passando per un romantic gothic in grado di donare ariosità e ulteriore flessibilità alle composizioni; a questo va ad aggiungersi un comparto vocale da brividi, in grado di sottolineare sempre e comunque ogni cambio emotivo.Exul si pone come nuovo traguardo da eguagliare sia in termini di qualità della scrittura sia per il tipo di scrittura, in grado di catturare l’ascoltatore e catapultarlo in un caleidoscopio emotivo in cui le strutture si compenetrano le une con le altre senza soluzione di continuità, così da riuscire a formare una specie di montagna russa musicale sulla quale far ballare le nostre sensazioni: momenti brutali riescono a sciogliersi in atmosfere oniriche e rarefatte grazie al violino sempre in bella mostra, così come trame progressive si fondono in modulazioni prese in prestito dal classic metal, creando un unicum con le sferzate tipicamente death: il tutto sottolineato da un alternarsi growling/pulito/cori che permette al tutto di scorrere con maggiore agilità, andando a tessere un arazzo di una disarmante complessità ma in grado di rendere semplice l’ascolto.

Tutta la stratificazione compositiva è sorretta, inoltre, da una produzione a dir poco spettacolare: criptica nei momenti più allucinati e lieve e vaporosa nei momenti in cui le trame si fanno più complesse e ficcanti dando particolare risalto sia alle splendide diteggiature bassistiche sia a quelle del violino, capaci di creare armonia e melodia in coordinazione con le chitarre o in opposizione ad esse: non un vero e proprio contrappunto ma quasi un’estensione di ciò che le trame chitarristiche avrebbero potuto esprimere ma che non hanno voluto per non caricare il tutto, così da lasciar respirare le composizioni.Exul è davvero un passo avanti per i Ne Obliviscaris, non tanto a livello musicale in senso stretto anche se si possono ascoltare delle interessanti novità, soprattutto nella capacità di rendere maggiormente integrate tra di loro e fruibili le composizioni, quanto dal punto di vista personale, dato che nonostante i deliri e le contrapposizioni, sia personali, sia legate a ciò che accadeva nel mondo, hanno saputo trovare la forza di portare avanti il progetto rendendolo più coeso e più forte e tutto questo si riflette direttamente nella scrittura.
Semmai ce ne fosse bisogno, i Ne Obliviscaris sono promossi a pieni voti e consigliatissimi a chi abbia la voglia e necessità di seguire un sentiero che già si conosce, anche se non alla perfezione, ma gustarlo in svariati momenti, un sentiero in grado di cambiare faccia a seconda della stagione.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri 

Equus
Misericorde I – As the Flesh Falls
Misericorde II – Anatomy of Quiescence
Suspyre
Graal
Anhedonia

Tim Charles – violin
Xenoyr – vocals death
Matt Klavins – guitar
Benjamin Baret – guitar
Martino Garattoni – bass