Nazareth

Surviving the Law

Che feeling caldo, che rockitudine grassa e rotonda, che bel tuffo nel passato espresso con una così tale bravura.

L’ennesimo, ventisettesimo,  album dei Nazareth, gruppo scozzese con singer inglese, stavolta funziona in ogni sua song, mentre fino a quello precedente (‘Tattoed on my Brain’ del 2018) aveva sempre qualcosa di meno attraente per quanto di classe; oggi la forma è smagliante, con brani vintage ma gustosissimi. Il verbo rock’n’roll di questo Dio minore, perché nella storia musicale si tratta di un gruppo minore, è oggi fulgido.

Energia subito con l’apripista ‘STRANGE DAYS’, pulita nel suono, ma compatta, a cui manca un assolo di chitarra per brillare in senso massimale. E l’elettrica ‘RUNAWAY’ si aggiunge a questa dinamica sonora aumentando la velocità, per un pezzo classicamente hard, con la frizzante chitarretta che rimanda agli anni settanta in modo spudorato. La stessa prestazione celere si ha con l’incalzante ‘SINNER’, davvero tosta, che però pecca come la song di apertura, di un’assenza solista, ma del resto dura solo due minuti ed è pensata per infilarti e poi dileguarsi, senza tanti complimenti. Il riff alla ZZ Top scorre fluidamente in ‘MIND BOMB’, un bel pezzo cadenzato che fa muovere all’unisono corpo e mente, carnoso incedere di chitarrismo e melodia. ‘FALLING IN LOVE’ fa respirare sudore e vapori fumanti, in un’aria densa e pigra che dà un’immagine di locale con avventori che tengono boccali di birra in mano; riff granulosi e assolo colloso. ‘Love Breaks’ ricorda con il drumming e con l’ugola, i Kiss cantati da Paul Stanley. L’unico pezzo meno antico pare essere ‘Psycho Skies’ più leggero e divertente, ma anche decorato di una chitarra solista dal suono fascinoso. Le influenze blues sono nette e reggono alcune tradizionali dinamiche chitarristiche che regalano eleganza ad una band che ha le radici nelle pastose avventure di un tempo lontano, ma che sempre fanno parte della cultura rock. E ‘You made Me’, accompagnata da accordi di tastiera,  termina l’album con l’episodio più blues di tutti, sembrando un po’ Eric Clapton, e riuscendo a mantenersi intrigante, anche qui come abbiamo detto in altri pezzi, manca un qualche assolo che assolutamente in questo caso apparirebbe proprio necessario. Positivamente nessun filler.

Il cantante appassiona con la sua tonica performance e regala linee melodiche funzionanti, accattivanti il giusto, sia nelle versioni bluesate o melodiche, che in quelle più rockeggianti e ruvide. La varietà si sposa con la voglia di andare diretti al punto evitando che la banalità arrivi da qualche buco espressivo, ma i buchi appunto non ci sono. Non ci sono insomma stanche in un songwriting  che presenta estrnazioni ispirate. E’ una ispirazione ruspante ma piena di sensazioni vibranti. I giri caldissimi di chitarra sono la base di ogni traccia, in un rifframa azzeccato e basato sulla corposa qualità atmosferica. C’è una semplicità che non è mai superficialità descrittiva, è essa invece in grado di elicitare sinuosi brividi a pelle per chi sa lasciarsi andare al ritmo. Le song penetrano in testa con facilità, e non è un elemento negativo che ci riescano. Siamo al cospetto di hard-rock, verace misto ad altre sonorità. E’ per questo che molti ritmi non sono accelerati, ma è proprio anche qui la loro bellezza. E’ una pesantezza facilmente fruibile, suoni rocciosi ma linee vocali orecchiabilmente ficcanti. E’ un disco pulsante, un’opera per cuori tesi alla passione, che può piacere in ogni suo risvolto. Non è musica nuova, ma è la musica vecchia che vogliamo ancora sentire, soprattutto se è così in forma.

Roberto Sky Latini

 

Strange Days
You Gotta Pass It Around
Runaway
Better Leave It Out
Mind Bomb
Sweet Kiss
Falling In Love
Waiting For The World To End
Let The Whisky Flow
Sinner
Ciggies And Booze
Psycho Skies
Love Breaks
You Made Me

Carl Sentance – vocals
Jimmy Murrison – guitar
Pete Agnew – bass
Lee Agnew – drums