REPORT A CURA DI Daniele “Darklordfilthy” Valeri

Monster of Death Live europe 18 gennaio 2023 live Traffic Roma

Finalmente, dopo anni, ritorno a vedere un live con l’intento di doverne fare un report e questo lo dico perché di solito, quando vado a vedere un concerto con il compito di doverne fare una recensione è come se scattasse qualcosa di diverso dentro di me che mi spinge ad essere più attento ai particolari, ai piccoli dettagli che poi possono rendere grande o meno un live. In particolar modo tenevo molto a questo concerto perché gli headliner sono sempre stati tra le mie band preferite in ambito death metal. Ed è così che mi accingo a recensire il live dei Monstrosity che si è tenuto la scorsa settimana al Traffic di Roma e più precisamente mercoledì 18 gennaio.Nonostante le previsioni meteo fossero completamente sfavorevoli, come poteva essere altrimenti visto che mi rimettevo in viaggio dopo molto tempo, decido di partire, insieme ad altri die hard, alla volta di Roma, decisi ad affrontare le previste avversità. Non ci sono stati sconti durante tutto il viaggio, dalla pioggia alla neve, passando per nebbia e vento forte, incontri ravvicinati con spazzaneve e spargisale, ma questo ha reso ancora più interessante il viaggio e la voglia di live.

Finalmente, dopo un passaggio attraverso Mordor, arrivo in quel di Roma, preparandomi ad affrontare il suo mitologico traffico, che ho immaginato essere abbastanza congestionato data anche la giornata particolarmente piovosa e fredda; invece nulla di tutto ciò è accaduto, non solo non pioveva ma la strada che portava al Traffic era decisamente poco trafficata. Nonostante questo, purtroppo ho perso la prima band, gli Estoni Intrepid. Arrivo che il Traffic è poco affollato e giusto in tempo per poter vedere sin dall’inizio, la performance del secondo gruppo in scaletta: i Belgi Reject The Sickness, autori di un interessante crossover di brutal death ad elevato tasso tecnico, con partiture black e melodic death. Performance che supera la mezz’ora e decisamente godibilissima, con la band in grande forma e capace di snocciolare riffoni annichilenti e potenti che fanno una bella presa sul pubblico presente che reagisce prestando molta attenzione all’esibizione del quartetto belga il quale, nonostante la proposta sicuramente non originalissima, convince e diverte e contribuisce a far passare il tempo godendo di un ottimo live.

Giusto il tempo di una birra, una sigaretta e due chiacchiere con amici che non si rivedevano da tempo, ed ecco giungere alle orecchie i primi growling del check microfono: gli Origin, coheadliner del tour, sono pronti a salire sul palco e a scardinare tutto con il loro contaminatissimo technical brutal death; poco dopo inizia la bolgia e subito si viene catapultati in un atmosfera che ha quasi del cibernetico. Un assalto senza esclusione di colpi, con cascate di note che sembrano simulare i colpi esplosi da una mitragliatrice lascia presagire come sarà stare nel pit. Il quartetto americano, nonostante una professionalità allucinante però non sembra in ottima forma, forse infastiditi dal fatto che il pubblico è abbastanza fermo sul proprio posto, sembrerebbero eseguire la scaletta, che spazia soprattutto nell’ultima porzione della loro discografia, in maniera quasi asettica; sempre con enorme perizia tecnica ma con un po’ di scazzo che appanna un po’ la performance.

Il cantante Jason Keyser prova però a metterci una pezza, continuando ad incitare il pubblico accorso (nel frattempo la sala ha cominciato a riempirsi) a cimentarsi in circle pit, pogo e wall of death e pian piano, man mano che l’esibizione proseguiva, il pubblico ha iniziato a sciogliersi e a darci sotto con pogo sfrenato e circle pit, soprattutto nei momenti più death “classici” e nei momenti più hardcore. In ogni caso gli Origin sono delle vere e proprie macchine da guerra, non sbagliano un colpo, non una virgola fuori posto e suoni veramente devastanti, capaci di martellarti le cervella a dovere e scuoterti direttamente dall’interno. La band del Kansas sfodera uno show musicalmente impeccabile, con suoni degni della loro costruzione musicale e ci tiene compagnia per circa un’ora brutalizzando tutte le orecchie che captano i loro suoni: brutali e chirurgici come pochi altri live act che si possono vedere e ascoltare sui palchi e con le parti più slam e hardcore ben in evidenza riescono a prendersi la scena in maniera inesorabile, seppur con qualche difficoltà, ma si sa, il genere non è dei più semplici da esporre in sede live e non è raro che per molti possano risultare noiosi.Terminata la truce mattanza dei quattro torniamo fuori a prendere una boccata d’aria, in attesa dei campioni della serata e chi vi scrive non nega di essere andato lì praticamente solo per loro, data soprattutto l’occasione di festeggiare i 30 anni del divino Imperial Doom: signore e signori i Monstrosity!

L’occasione è delle più ghiotte e l’attesa si fa abbastanza spasmodica e nell’aria si sente la volontà di potersi gustare, finalmente in sede live, tutto il meraviglioso disco d’esordio dei Monstrosity; certo alla voce non c’è più George Corpsegrinder Fisher, ormai da anni in forza ai Cannibal Corpse, e non ci sono nemmeno più tutti gli altri componenti che registrarono quel disco, formazione di cui è rimasto solo il mastodontico Harrison.Finalmente lo show ha inizio, anticipato dai growling del check microfoni, e lo scenario, nonostante la location sia sempre la stessa, cambia completamente, così come cambiano radicalmente i suoni: finalmente a farla da padrone sono amplificatori testata e cassa completamente valvolari e una batteria decisamente meno triggerata, di colpo ci si trova catapultati negli anni ’90, con quel sound marcio, imperfetto ed estremo, dato dalla compressione e saturazione delle valvole.Dopo una intro decisamente sinistra fatta di Synth, il concerto parte subito alla grande e ovviamente a farla da padrone è Imperial Doom; la band sembra essere in grandissimo spolvero e inizia a sparare fuori dall’impianto gli storici riff che compongono il penultimo brano del disco: Final Cremation, ed è subito boato, con il pubblico che si lascia andare ad un headbanging forsennato seguendo i riff che compongono il brano. Si parte subito alla grande e ci si aspetta di continuare su questa linea e il quintetto floridiano non delude affatto, tirando fuori dal cilindro Definitive Inquisition, secondo brano della tracklist di Imperial Doom, con un pubblico che si carica sempre di più, iniziando a pogare e a cantare insieme alla band i testi delle canzoni.

Ma non è finita qui perché i Monstrosity ci regalano perle da un po’ tutta la loro discografia, accontentando anche i fan più giovani che li hanno conosciuti con i dischi più recenti. Non dimenticano, infatti, di regalarci perle dal loro altro capolavoro, a parere di chi scrive, che risponde al nome di In Dark Purity; un disco che si tempi venne un po’ troppo bistrattato per essere riscoperto in un secondo momento. Grande coraggio nel riproporre materiale da quel disco e sembrerebbe che il pubblico apprezzi tantissimo, tributando la band con applausi a scena aperta, corna al cielo e grande partecipazione.Più o meno a metà concerto accade l’imprevisto: il basso si spegne e la sua mancanza si nota subito, dato che fornisce un grande supporto ai riff chitarristici, ai quali sembra mancare decisamente qualcosa; il problema si trascina per circa un brano e mezzo, poi, fortunatamente il basso viene sostituito e la sua pesantezza e brutale presenza torna a farsi sentire ed apprezzare.

Finalmente il sound è nuovamente pieno e lo show può continuare, anche se sorprendentemente ancora per poco: il quintetto della Florida, infatti, suona per poco più di 45 minuti e la delusione è grande nel vedere che in realtà Imperial Doom sia stato eseguito per metà; sì, perché in sede live sono solo 4 gli estratti dal disco e chi, come me, si aspettava di poterlo ascoltare tutto, ne resterà fortemente deluso. La delusione non viene affatto dalla performance, perché su quello non c’è nulla da eccepire, visto che sul palco sono stati veramente eccezionali dimostrando una carica e un’esplosività da ventenni; la delusione arriva perché il tour era stato pubblicizzato mettendo in evidenza che tutto Imperial Doom sarebbe stato suonato per intero. Insomma ci si è un po’ sentiti presi in giro, anche se questo nulla toglie al fatto che il quintetto fosse davvero in palla quella sera, con le due asce in un vero e proprio stato di grazia, scambiandosi in continuazione il ruolo di axeman e supportandosi vicendevolmente nel mantenere il sound compatto, brutale e tecnico al punto giusto, con un ottimo groove garantito sempre dal meraviglioso Harrison dietro le pelli.

Nonostante questo stato di grazia lo show è davvero troppo breve, ci sarebbe stata benissimo un’altra mezz’ora di sano vecchio ed immortale death metal vecchia scuola. Sicuramente sarà una questione di età, soprattutto per quel che riguarda Harrison, che non essendo più un ragazzino di primo pelo e, dovendo stare dietro le pelli, non ce la fa a suonare per più di quel lasso di tempo, pertanto va bene anche così, meglio una performance più corta ma suonata alla grande, piuttosto che un brodo allungato totalmente insipido e impersonale.La serata si conclude così, con i Monstrosity sul palco a prendersi i loro meritatissimi applausi e strette di mano oltre che complimenti da parte di tutti gli astanti, con le luci che si accendono, nemmeno un bis, un piccolo mucchietto di persone che si agita alla ricerca del plettro buttato da uno dei due chitarristi, sguardi felici per aver avuto l’occasione di aver visto live una leggenda e un fondo di tristezza per la brevità dello show e per il fatto che domani, comunque, la vita sarebbe tornata ad essere quella di ogni giorno.

Un viaggio della speranza che è valso la pena affrontare, fosse anche solo per sentire quei quattro brani estratti da Imperial Doom e le due canzoni di In Dark Purity, l’aver conosciuto i belgi Reject The Sickness e constatare che gli Origin non rappresentano, per me, una realtà da vedere dal vivo al di là della performance spettacolare.Per tutti gli amanti del death metal questo live era un must ed effettivamente mi aspettavo di trovare un po’ più di gente, ma sicuramente l’infrasettimanale e le condizioni meteo non proprio favorevoli hanno influito parecchio. Davvero un peccato perché sarebbe stato veramente fantastico aver potuto vedere il Traffic pieno come un uovo.

Intrepid Line-Up:

Raiko Rajalaane – vocals
Simo Atso – guitars
Madis Kaljurand – drums
Siim Soodla – bass
Aldo Jakovlev – guitars

Reject The Sickness Line-Up

Guy Vercruysse – vocals
Zoran Van Bellegem – lead Guitar
Jasen Messiaen – bass
Jamick Govaert – drums

Origin Line-Up:

Jason Keyser – vocals
Paul Ryan – guitars/vocals
Mike Flores – bass/vocals
John Longstreth – drums

Setlist:

Ecophagy
Chaosmos
Accident and Error
Cascade Failures, Diminishing Returns
Disease Called Man
The Burner
Saligia
Cullscape
Decolonizer
Truthslayer
Redistribution of Filth
Portale
The Aftermath
Unattainable Zero

Monstrosity Line-Up:

Lee Harrison – drums
Mike Poggione – bass
Mark English – guitars
Matt Burns – guitars
Mike Hrubovcak – vocals

Setlist:

Cosmic Pandemia
Kingdom of Fire
Firestorm
Suffering to the Conquered
Imperial Doom
Final Cremation
Abysmal Gods
Ceremonial Void
Definitive Inquisition
Destroying Divinity
The Angels Venom
Maniac

MONSTROSITY