Methedras
Human Deception
Gli italici Methedras hanno groove e buonissima attitudine, suonando un dinamico Thrash/Death dall’alto tasso espressivo. Ma utilizzare il growling come fosse rap o hip hop, finisce per rovinare pure il bel suono caldo che emana la vocalizzazione (e non succede raramente nel cantato del panorama estremo).
Fortuna che il cantante sa anche fare cambiamenti articolati capaci di rendere non troppo unidirezionale lo standard stilistico. Esordio nel 2004, sono quasi vent’anni, e oggi la band è cambiata di due membri, cantante e batterista, forgiando un sound un po’ diverso e nettamente migliorato.Certamente la riffica e la struttura di ‘KNOW IT ALL’ è ottimamente allestita, con un poderoso feeling accattivante e funzionante, ma un altro cantato, meno rappato, come si diceva, l’avrebbe valorizzata meglio. Anche ‘ENVY SOCIETY’ tiene alta l’attenzione con una scorribanda dinamica e provocatrice.
‘ANOTHER FALL’ è altrettanto bollente, ma contiene un cantato che nel ritornello si pulisce in metalcore senza però diventarlo davvero, ed è meglio che questa essenza sia solo parziale ed esteriore, perché così si mantiene alta la tensione. Dentro ‘A NEW DEAL’ si sente l’americanità di gruppi thrash come i canadesi Annihilator o gli statunitensi Dark Angel. Particolare l’escrescenza di ‘PSYCHOTIC’ dove voce cavernosa, screaming e voce pulita si dibattono in una mescolanza che l’epicità e l’oscurità declinano in senso maligno ed enfatico: grande pezzo teatrale che evoca anfratti sinistri, mentre l’assolo fluidissimo si accenta di freschezza classica. Insieme a tale canzone, magnifica possiamo considerare anche il muro compatto di ‘INJECTED THOUGHTS’, una coppia perfetta da considerare il miglior livello dell’album, anche se quest’ultima è ben più tradizionale, sia nel songwriting sia nell’assolo, ma anche ben più ficcante, realizzando una bellissima song tutta-energia e inserendo pure passi raffinati.
Meno thrash e più Heavy la sostanza della minore ‘The Abyss’, eppure qui quando parliamo di brani minori non vogliamo mai intendere scadenti, solo leggermente meno caratteristici. Meno dura ma non meno prestante ‘Layers of Grief’, impreziosita dalle tastiere per una diversa concezione stilistica, che in effetti esce un po’ dallo stilema del disco.
Con una qualità di tal fatta, si può soprassedere ai momenti vocali che dicevamo eccessivamente rappati. In realtà ciò avviene molto parzialmente, mantenendo un profilo metallico in senso stretto. Il rifframa è di una ricchezza creativa davvero consistente, portando l’ascoltatore con sé accordo dopo accordo. Si percepisce una vena “alternative” abbastanza esplicita, pur toccando anche tradizioni piuttosto canoniche. Insomma questi musicisti riescono a non farsi inscatolare in una stilistica ristretta, presentando molta personalità.
L’intelligenza compositiva è anche abile intuito a far convergere corrosività ed ideazione elegante in un unicum artistico. I toni foschi sono racchiusi in una fruibilità sinuosa pur nella sua cruenta durezza. Le suggestioni sono differenziate anche se di base si insiste su di una caratterialità non indulgente. Un sesto album, questo infatti, dallo spirito irriverente e focoso da affrontare tramite un ascolto attento, ma al secondo potete già lasciarvi andare perché vi trascinerà con grande facilità.
Al netto del piccolo difetto nella scelta vocale, di cui accennato, presente in maniera limitata, il disco è uno dei più belli di quest’anno, in grado di farsi notare grazie alla luce peculiare che brilla in ogni singola traccia.
Roberto Sky Latini