Metallica
Kill’em All’
Oggi festeggiamo il quarantennale del primo album degli statunitensi Metallica; un disco bellissimo.
Parlare di questa band non è difficile: sono stati geniali e hanno inventato il thrash, e già questo spiega l’essenza fondamentale della loro esistenza. In quanto fondatori di un genere, stanno nell’empireo rock insieme ai più grandi in assoluto. E il full-lenght pubblicato il 25 luglio 1983 è l’emblema di cosa significhi essere novità pura. Ero metallaro già da cinque anni quando venne alla luce il disco assassino, e appena ascoltato, insieme ai miei amici metallari concordammo che avevamo sentito non solo un gruppo nuovo, ma proprio un metallo innovativo, ne fummo coscienti all’istante; la cosa era chiara ed incontrovertibile perchè saltò subito all’orecchio in modo spontaneo. Gli Slayer uscirono solo cinque mesi dopo, e nel mondo musicale di allora, pochi mesi erano un periodo lunghissimo, perché quando una cosa fa successo tutti gli altri ti seguono a ruota.
E poi l’esordio degli Slayer suona più Venom che Thrash (bisogna aspettare il loro secondo del 1985 per una vera entrata nel genere, quando i Metallica il loro secondo lo avevano già sfornato). L’anno 1983 viene considerato quello della fine della NWOBHM, il genere che però diede lo stimolo fondamentale ad Ulrich e compagni per iniziare una avventura fantastica. Infatti i Metallica furono fan prima che artisti, ma veri fan del metallo, quei fan sfegatati che in modo irriducibile si scatenano facendo guitaring e immedesimandosi nei propri idoli. E amavano il metal più veloce e cattivo del tempo. Il loro legame con l’appena trascorso movimento metal, lo si evince dal fatto che uno dei loro gruppi preferiti furono uno dei più alti rappresentanti della NWOBHM, i Diamond Head. Esisteva già lo Speed dei Motorhead, degli americani Anvil, degli eclettici Raven, in qualche modo precursori del thrash, ma la loro espressività non lo era ancora, l’essenza era ancora del tutto Heavy.
La trasformazione completa la portano a compimento i Metallica, e si può perfettamente sentire come le radici heavy siano presenti ma stravolte, e notevolmente forti anche le ispirazioni provenienti dagli stessi Diamond Head, tanto che talvolta si legge nelle disquisizioni sul gruppo, come i Metallica non siano altro che i Diamond Head incattiviti. Non è completamente vero, ma su ‘Kill’em All’ la sensazione è più forte che nei dischi successivi. E cosa presenta questo folle album? Presenta canzoni fuori dalle righe, oggi forse normalizzate nella mente dei più dall’abitudine al genere, ma esse ebbero allora una evidente potenza che apparve strana e al tempo stesso stravolgente. Non era musica estrema come la intendiamo attualmente, ma lo era per l’epoca, ben lontana dall’essere tranquillizzante.
‘HIT THE LIGHTS’ rende chiaro subito che il Thrash è anche un altro modo di gestire la tecnica riffica; la canzone ha riff micidiali ma anche un assolo al fulmicotone davvero notevole. Il vero capolavoro dell’album è però l’epica ‘THE FOUR HORSEMEN’ che detta legge in quanto diverrà un esempio classico di come si strutturi un brano thrash a middle-time; del pezzo è formidabile tanto l’atmosfera evocativa quanto il songwriting che funziona in ogni suo passaggio senza difetto alcuno, come a cavalcare una bestia massiccia ma ottenendo anche una estetica raffinata pur nella sua crudezza formale. Scintillante la veloce ‘MOTORBREATH’ piccola gemma di grande valore, ma in tale attitudine a scheggia ‘WHIPLASH’ è ancora più valoriale con il suo muro riffico incessante che sa iniettare punte di adrenalina per la presenza di una punteggiatura ritmica scattosa; alla fine essa è traccia che sta nel podio più alto con ‘The four Horsemen’.
Frizzante ‘JUMP IN THE FIRE’, meno thrash e da considerare più uno Speed assimilabile alla tipicità degli Anvil, ma è l’approccio tecnico al riff che rimane peculiare dei Metallica; un brano che evidenzia l’ecletticità anche in qualche modo ironica di gestire il sound. La scura ‘PHANTOM LORD’ è uno di quegli episodi che avremmo potuto trovare nel disco successivo ‘The Ride Lightining’ visto che ne anticipa l’atmosfera ben diversa da quella di questo debutto, anche se pure qui sentiamo la presenza degli Anvil, che forse tramite ‘Forged in Fire’ di tre mesi prima, possono aver influenzato i Metallica, solo che qui l’afflato è Thrash, con anche quel momento acustico che molti gruppi thrash in futuro conserveranno, come una delle caratteristiche derivanti dall’heavy. ‘NO REMORSE’ è un thrasheggiante tempo cadenzato, che poi cambia passo sferragliando più veloce, senza concedere pausa fino alla fine. ‘SEEK AND DESTROY’ è l’altro caposaldo del thrash, tra i migliori pezzi di questo album, anch’esso cadenzato ma estremamente ficcante e cantabile ai concerti, per un headbanging molleggiato, non estremo ma particolarmente ipnotico.
La conclusione è affidata ad una incombente ‘METAL MILITIA’, la cui velocità è sorretta da un riffing micidiale e da un basso corposo che addensa il sound; una vera massa rocciosa che si abbatte sul fruitore donando una sensazione avvolgente ed impattante di indubbia riuscita; un attacco frontale che più thrash non si può.Tutti brani da voto dieci che sanno di adolescenza, ma con una intelligenza costruttiva molto netta. Da sottolineare la strumentale ‘Pulling Teeth’ tutta basata sul basso, che gioca con maestria, riuscendo a coniugare tecnica e logica melodica senza cadute di tono.L’album è compatto nel suo mood, ma non monolitico, in grado di regalare anime diverse all’ascoltatore. Tra le proprietà intrinseche di questo lavoro troviamo lo spirito ribelle rock, ma anche una forza di tipo epico, perciò il suo valore va ben oltre la sola invenzione di un genere. C’è anche una visione chiara di cosa voglia dire fare belle canzoni, e come renderle vibranti ed intense.
Poi naturalmente in ciò sta anche l’abilità esecutiva ed espressiva. La voce sgraziata è al contempo anche melodica, ma un modo melodico urlato, poco consono a quello che erano le stilistiche dell’heavy di Judas, Iron Maiden o Saxon, invece si tratta di espressioni più vicine allo Speed, senza però andare a farsi growl o screaming. La chitarra solista vive di un virtuosismo ideativo ed esecutivo di artistico impatto, senza mai cedere alla banalità; sono assoli arrembanti che dilagano energici e pungenti, snocciolando le note come cristalli taglienti. La bravura del rifframa costruisce percorsi variegati, accostando giri riffici diversi fra loro che compongono l’ossatura dei brani, realizzando una dinamica accentata che non appare mai slegata, intessendo uno dei maggiori valori aggiunti di questo combo. La produzione tecnica di registrazione, in quanto non perfetta, rende meno corposa la sonorità globale penalizzando un po’ l’ottimo basso, ma mette in luce proprio la novità riffica.
E dal punto dei riff bisogna tornare appunto all’invenzione tecnica di Hetfield che ha messo in campo un modo di suonare la chitarra ritmica che è una rasoiata ad ogni colpo col suo “downpicking”. I power-chord che utilizza sono espressi come se percuotesse le corde e ciò determinerà la corrente thrash che più si rifarà ai Metallica (La parte più cospicua di cui fanno parte Anthrax; Megadeth; Overkill; Testament; Death Angel e molti altri) piuttosto che agli Slayer, che determinarono invece una corrente di thrash differente, più oscura. Una nota è d’uopo e riguarda David Mustaine, che al tempo faceva parte della band, prima che il disco venisse pubblicato. Molte idee di quell’esordio sono sue, contribuendo perciò fortemente alla sostanza della musica dei Metallica, ed è giusto riconoscerlo in qualità di co-innovatore del metal verso la forma thrash, del resto i suoi Megadeth sono personalissimi e coniugano una espansione all’interno del genere. Ad ogni modo ‘Kill’em all’ fu un colpo di genio che non sappiamo quanto sia stato consapevole nelle loro menti, ma l’arte pura spesso gioca a rimpiattino fino ad emergere in modo inatteso.
L’opera va quindi celebrata per tanti motivi, per primo il decisivo contributo all’innovazione, e il suo voto non può essere più basso di ‘Master of Puppets’ perché oltre ad essere di grande valore dal punto di vista scritturale, lo è anche in quanto testimonianza della nascita di un genere, mentre nell’anno di ‘Master……’, cioè il 1986, tale genere era stato già sdoganato da tempo. Probabilmente se mandassimo nello spazio i dieci album che hanno cambiato la storia del metal non dovremmo mandarci ‘Master Of Puppets’ perché questo compito lo ha svolto al 110% ‘Kill’em All’.
Roberto Sky Latini