Meshuggah
Immutable
La musica estrema del tipo ipertecnico, che guarda ai suoni più moderni, trova negli svedesi Meshuggah una coniugazione claustrofobica molto personale che li rese all’inizio completamente all’avanguardia.
Se l’album odierno, targato 2022, non appare più sperimentale, non lo appare facendo riferimento solo alla loro propria discografia, perché in realtà, guardando al panorama metal generale essi rimangono ancora una rara mosca bianca anche se c’è un certo numero di band che ne prende alcuni parametri. Questo nono album dal 1991, è abbastanza in linea con le cose che hanno già pubblicato, ma l’efficacia rimane inalterata.
Già dal primo pezzo ‘BROKEN COG’ si vive una sulfurea oppressione sonora cucita senza soluzione di continuità, che avvolge quanto travolge. Ancora più martellante ‘THE ABYSMAL EYE’ che usa poi un assolo stridente, insinuoso. ‘LIGATURE MARKS’ è il pezzo più straniante e meno feroce, per le note alte che accompagnano il groove, ma è anche uno dei momenti più interessanti del disco per la sua più spinta diversità. Scorre in modo molto naturale la lunga ‘THEY MOVE BELOW’ (oltre nove minuti e mezzo) che sceglie un’aria più liquida inizialmente nella parte soft, e più rarefatta in quella dura successiva con una minore asfissia compositiva. ‘Black cathedral’ è uno strumentale mono–espressivo che esprime bene il significato del titolo con la sua verve dark, testimoniando come questi musicisti abbiano una pregnanza artistica anche quando fanno delle escursioni meno ricche strumentalmente; è un pezzo a sé, che ha lo stesso ruolo che, tanto per fare un lontano paragone, aveva l’assolo di basso ‘Black Arrows’ dei Manowar in ‘Hail to England’ nel 1984. Ritmica nervosa in ‘ I’am the Thirst’ nei modi che oggi sono quelli dei gruppi prog ipertecnici.
Difficile trovare pezzi minori, avendo tutti specifiche peculiarità. Non si abbandona né approccio math, né quello djent, cercando sempre di stordire con la propria ossessività. La musica procede, ma sembra sempre rimanere avvolta su se stessa, e con una tale abilità però da usare tanti passaggi per descrivere canzoni solo apparentemente inamovibili, così da poter dire di stare ascoltando una “dinamicità statica”. Il loro genio sta nel sembrare mantenere una spirale piena di variabilità per una concezione che sembra colpire sempre sullo stesso punto dell’anima, come la goccia usata nella tortura cinese che colpisce lo stesso punto della fronte. Qui sembrano più colpi in testa, e però ripetuti in maniera maniacale come a fermarsi sulla stessa posizione espressiva. E’ interessante notare che ci sono tanti risvolti sonori per dire la stessa cosa, in un approccio quasi filosofico di una musica che ha però anche altre caratteristiche. Una è quella ipnotica che, diversamente dalla musica onirica psichedelica, non ti trasporta cullandoti, ma sfregiandoti. Il groove esplicitato con i toni bassi è incombente, scuro e spinge ad un headbanging meno violento del Death, ma più grasso, fluido. A volte gli accordi chitarristici sono melliflui, non certo rassicuranti. I colpi ritmici hanno la caratteristica di andare all’unisono con i colpi di batteria, cosa che avviene più o meno in tutte le canzoni. Il growl cavernoso a volte non sottolinea bene i passaggi strumentali, quando cioè risulta meno variegato e diversificato, quando invece cambia ritmo o aumenta i saliscendi tonici, allora si interseca bene con la struttura valorizzandola; non è insomma una performance sempre qualitativa allo stesso modo. C’è un senso gotico seppure dentro un contenitore tanto modernista e industriale, che fa mantenere un pathos di fondo, per una musica che esala respiri angosciati come se fossero gli ultimi. E’ la musica tra le più post-metal che si possano trovare, se il termine vuole significare la distanza più ampia dall’Heavy classico considerandovi anche Death/Black e Thrash, stilemi che comunque i Mesuggah talvolta usano stravolgendoli.
Roberto Sky Latini
Atomic Fire Records
www.meshuggah.net
Broken Cog
The Abysmal Eye
Light The Shortening Fuse
Phantoms
Ligature Marks
God He Sees In Mirrors
They Move Below
Kaleidoscope
Black Cathedral
I Am That Thirst
The Faultless
Armies Of The Preposterous
Past Tense
Jens Kidman – vocals
Mårten Hagström – guitar
Dick Lövgren – bass
Fredrik Thordendal – guitar
Tomas Haake – drums