Mastercastle

Lighthouse Pathetic

Esce il nuovo album dei Mastercastle e vi si annusa, per quanto leggero, un maggiore incremento di tonicità senza per questo abbandonare una certa leggerezza espressiva.

Pier Gonella è comparso nei Vanexa nel 2021 ma riappare subito a inizio 2022 in questo lavoro che non vuole essere meno incisivo rispetto allo spirito che sempre il chitarrista pone nelle sue cose. Infatti non ci sono indecisioni né passaggi vaghi nella musica di questo disco, costruito apparentemente con molta fermezza, regalando alle canzoni dosi precise di calore e di tempra ficcante in un genere metal non durissimo ma comunque intenso. Una dote importante di questo gruppo è la sua riconoscibilità, grazie soprattutto ad una vocalità nettamente identificabile.

Il pezzo d’apertura ‘WHO CARES FOR THE MOON’ contiene la performance di Fabio Lione, ma al di là della bellezza vocale dell’ospite, il pezzo vale di per sé, con la sua apertura leggermente epica e con l’ariosità che respira. Più dura e quadrata la seconda traccia ‘THE LIGHTHOUSE PATHETIC’ che variando da tempo medio a cadenzato, ma anche variando sul tema, rende corposo l’arrangiamento a sostenere una linea vocale che comunque tende ad aprirsi; ottima scelta averla voluta come video, ma in realtà anche altri brani avrebbero potuto ben figurare in un video. Uno dei brani migliori è ‘THAT’S ALL’ perché la verve scura data dalla chitarra di accompagnamento, si fonde magicamente con la voce che sembra malinconica come anche descrittiva, senza contare un assolo che sembra smaltato d’oro alla Deep Purple. Sorprende poi trovare tra le cose migliori anche il rock duro-blues di ‘MONSTER WHISPER’ alla Alannah Myles, Il brano ricalca la tradizione eppure riesce a non farsi deja-vù, ed esso integra bene il suo effetto corposo nella rosa delle song, la chitarra fa le sue trovate elettriche e la voce è davvero suadente: colpisce ed affonda. ‘Call Your Wings’ è forse uno dei momenti più “normali” del disco ma ha tiro e soprattutto ha un arrangiamento ritmico vivido e trascinante che vale più della melodia stessa, la presenza di Lione qui non si sente perché è dentro un flebile coro cha fa sì da collante ma dove non si capisce chi sia a cantarlo.

Lo scenario che presenta ‘Fantastic Planet’ cambia prospettiva verso una impostazione meno metallica, pur se condita con un minimo di shredding chitarristico; qui l’atmosfera è più da brano algido di tipo fine anni settanta per l’evanescenza corale e per l’uso di uno wa-wa chitarristico che ricorda i tempi andati anche al di fuori del rock; si sente persino un chè dei progster Camel. Parlare di Pop per ‘Space’ è fuori luogo, però il cantato ricorda quel rock leggerino che tanto andava negli anni ottanta, scintillante e sbarazzino, senonchè la linea melodica non è così facilotta e la chitarra evita di diluirsi, mantenendo la bella e rotonda distorsione che serve. La bellezza che si vive nelle canzoni rende l’ascolto sempre interessante. Anche un brano minore, ma non filler, come ‘Diamonds’, testimonia come il feeling possa fluire pieno e riuscito, grazie anche ad una chitarra che non demorde mai. Fuoriesce dai canoni della band la cover di ‘Fast as a Shark’ dove la voce di Giorgia è solo accompagnamento, mista al simil- screaming di Flegias che rende più aggressiva una canzone già di per sé agguerrita; e la chitarra nitrisce per aumentarne la quota Heavy, ma ripeto, sembra non appartenere al contesto. Più in linea col disco la cover di ‘Profondo Rosso’, qui intitolata al contrario ‘Rosso Profondo’ forse per una interpretazione personale della sua esecuzione che in effetti la modifica parzialmente nella forma.

Ogni disco di questo gruppo ha una sonorità che si differenzia dalle produzioni metal in senso stretto. La chitarra di Gonella sembra avere un suono diverso dalle altre band in cui egli stesso pure suona e la voce della singer è sempre molto particolare, con la sua tonalità che non assomiglia a nessun’altra nel panorama metal. Va detto che la cantante è migliorata moltissimo e oggi non offre alcun fianco a critiche, mentre in passato qualcosa di ingenuo si percepiva, sebbene sia stata sempre all’altezza del compito. Inoltre le linee cantate sono molto curate, sono create con l’evidente intento di cercare una dimensione aperta, che riesce anche a non essere scontata.

Menzione di tutto rispetto anche alla sezione ritmica che addensa la percezione sonora, ma anche la chitarra ritmica spesso viene gestita a pennata continua, nella tipica forma Heavy Metal ottantiana che sembra perfettamente nelle “corde” di Gonella. Gli assoli non strabordano mai però si fanno di quel gusto classico che sa blandire l’ascoltatore. Le idee compositive non sono statiche, rendono l’album variegato, ma compatto dal punto di vista dell’estetica. Si sentono molte ispirazioni, anche se di base rimane un afflato ben definito dal punto di vista concettuale, legato al metal. Un bel disco, che conferma la serietà del progetto, ma che in molti frangenti migliora anche il proprio status, con un più alto tasso di qualità rispetto ai lavori precedenti. La musica prodotta è lontanissima dalla vera sperimentazione, ma pur non divagando tanto, è difficile catalogarne ogni aspetto.  Non è un disco serioso, ma nemmeno adolescenziale; si ascolta con facilità, eppure non ha né ritornelli immediati, né un carattere superficiale; il suo valore sembra essere riuscire ad afferrare l’orecchiabilità senza smussare gli angoli né svilire i contenuti. Davvero una strana cosa da toccare con le orecchie.

Roberto Sky Latini

Who cares for the Moon  (guest: Fabio Lione)
The Lighthouse Pathetic
That’s All
Rosso Profondo (Andrea DePaoli – keyboards)
Call Your Wings (guest: Fabio Lione)
Monster Whisper
Diamonds (Mattia Sancioiu – drums)
Fantastic Planet (Andrea DePaoli – keyboards)
Space
Fast as a Shark (Flegias – vocals; Francesco LaRosa – drums)

Giorgia Gueglio – vocals
Pier Gonella – guitars
Steve Vawamas – bass
Alessio Spallarossa – drums