Manowar
Battle Hymns
Il metal ha sempre avuto una attitudine all’epicità, in qualche modo il suono distorto e la voce possente regalano già di per sé un senso maestoso. Negli anni settanta canzoni come ‘White Man’ dei Queen; ‘Kashmir’ dei Led Zeppelin o ‘Gates of Babylon’ dei Rainbow hanno un forte tasso epico, senza contare che i Judas Priest di base ne hanno intrinsecamente avuto sempre parecchio di questo spirito. Stranamente è la Svezia nel 1978 a far esordire una prima band metal che cerca di creare una sonorità totalmente incentrata sul senso epico, gli Heavy Load, poi nel 1980 ecco gli statunitensi Manilla Road. Ma alla fine sono i New Yorkesi Manowar a trovare il vero suono epico, quello più intensamente inteso in tal senso. Sono i Manowar a realizzare il perfetto espressionismo del combattente e del Fantasy. Inizia così una saga metallica davvero notevole, molto innovativa ed originale, dove non c’è solo una quadratura atmosferica, ma proprio una stilistica d’avanguardia nel modo di suonare il rock duro, che cercando il perfetto scenario sonoro per l’epicità, lo trasfigura andando oltre.
Nel 1982 il gruppo esordisce e scrive uno dei più grandiosi pezzi della storia rock, il brano si intitola ‘BATTLE HYMN’ ed in esso c’è già la massimizzazione dello stile dei Manowar. L’album nella sua interezza non è ancora del tutto all’avanguardia, ma lo è questo singolo monumento del metal che contiene sia il lato furente, che quello soffice, scolpito con suoni e modalità strumentali davvero nuovi. La struttura è divisa in prima parte soffice strumentale, un cantato fulgido reattivo, una ballata centrale, un imbizzarrimento solista acceso da un acuto battagliero, il ritorno del cantato strofa-ritornello ed un finale magniloquente che non finisce mai, di stampo sinfonico anche se suonato solo con la chitarra distorta. Il momento clou della traccia è proprio il passaggio dalla parte calma centrale all’ingresso dell’assolo in cui si appaiano l’acuto di guerra e le prime note della chitarra che pervadono insieme l’aria con una grinta estroversa da brividi. Forse questa creazione è una delle migliori song in assoluto nella storia metal.Ma se ‘Battle Hymn’ è l’apice, non sono poco significative le altre tracce. La prima ‘DEATH TONE’ invade l’ascoltatore con virile consistenza, per una cadenza non veloce che però ha un bell’approccio tonico; in questo brano la voce è più leggera di tante canzoni che verranno ma già si sentono i classici acuti del cantante, nell’insieme non è ancora una vera novità, anche se si effonde forte una certa personalità. Con ‘METAL DAZE’ si alza il tono epico ed anche la tensione globale, non siamo ancora alla stilistica del secondo album, ma se ne intravedono le potenzialità; un pezzo molto aggressivo dove si emana anche una eleganza strumentale a cui il basso contribuisce notevolmente. ‘MANOWAR’ è un pezzo da concerto, e urla il moniker del combo come fa la song ‘Motorhead’ per la band di Lemmy, e la canzone appare un inno da slogarsi la gola a pugno alzato.
Il disco non ha una eccelsa produzione tecnica, ma fa capire che i suoni delle chitarre sono pensate diversamente rispetto alla moda metallica del tempo, e che anche la ritmica ha una sua propria specificità. L’essenza è un classico Heavy Metal che si indirizza verso l’epicità, ma che lo esprime in una parzialità che non è ancora immersa totalmente nel genere. Di contro è un ottimo disco, con bellissime canzoni, da considerare uno dei migliori album heavy di quel periodo, con tanta personalità ma senza stravolgere i canoni esistenti, se non fosse per due brani, uno dei quali, lo abbiamo già detto, è ‘Battle Hymn’ e l’altro ‘DARK AVENGER’, entrambi che preannunciano i “veri” Manowar in arrivo. ‘DARK AVENGER’ inizia con il basso di DeMaio e la cadenza doom è la base per il cantato melodrammatico che infligge una epica esacerbazione. Il pezzo è famoso per lo spoken interpretato dalla voce recitativamente impostata del mitico Orson Welles. L’acuto in crescendo di Adams dà inizio alla parte tirata con due assoli e un maschio impatto vocale che va alla carica, tipicissimo di ciò che seguirà dal secondo full-lenght in poi. Anche la traccia strumentale ‘William’s Tale’, che è una cover del Guglielmo Tell di Rossini, eseguita col solo basso, è un preambolo ad altre cose simili future, e fa notare che Joey deMaio non è un pinco pallino qualsiasi ma una realtà centrale della band, una delle due menti. I leader infatti sono il chitarrista ed il bassista, unici compositori, e danno lo stimolo caratterizzante, quello che verrà da loro stessi proclamato “Vero Metal”, con l’aggiunta di “Morte al falso Metal”. La leggenda è iniziata! Il metal macho, quello intransigente, è ormai armato e di ascia e spada. Ne festeggiamo il quarantennale dato che con questo lavoro debuttò uno degli aspetti fondamentali della musica metallica.
Roberto Sky Latini
Liberty Records
www.manowar.com
Death Tone
Metal Daze
Fast Taker
Shell Shock
Manowar
Dark Avenger
William’s Tale
Battle Hymn
Eric Adams – vocals
Ross the Boss – guitar
Joey DeMaio – bass
Donny Hamzik – drums