Krokus

Headhunter

Gli svizzeri Krokus sono una band atipica nello scenario mondiale; lo sono in quanto, pur essendo compositori mai originali nella loro estetica, sono stati però in grado di proporsi con qualità. Nel loro proporsi sono sempre riusciti a inventare bellissimi pezzi sebbene rimanendo in alvei già codificati, conquistando il mercato meritatamente. La loro scelta formale riguardava in maniera più o meno esclusiva gli australiani Ac/Dc, poi il 30 novembre dell’83 eccoli passare invece al moderno Heavy sound, stavolta rifacendosi ai Judas quasi in toto.

Se la scelta sia stata tattica non lo sappiamo, ma il risultato testimonia una bravura artistica ispirata, naturale e spontanea, che fuga qualsiasi dubbio sull’onestà della mutazione.

Il pezzo forte è la title-track ‘HEADHUNTER’, un power metal roccioso tutto dentro lo stile irruente dei Judas, un brano che poteva starsene tranquillamente nel loro britannico album  ‘Screaming for Vengeance’ dell’anno precedente, e in effetti il pezzo fa pensare che gli svizzeri proprio a loro si siano ispirati, vista la forma utilizzata, sia per riffing, sia per la struttura e la potenza del cantato, sia per la progressione chitarristica degli assoli; un pezzo che senza la scuola dei Priest è difficile da immaginare, eppure non assomiglia a nessuna delle song dei Priest, quindi è una canzone che sale giustamente sul podio dell’eccellenza anni ottanta. Ma lo scapocciamento Power torna di nuovo con la  gustosissima compatta ‘NIGHT WOLF’ che diventa una corale elettrica presa metallica di alto rango. Un’altra perla magnifica la troviamo nelle suggestiva soft-song ‘SCREAMING IN THE NIGHT’ che ci spiega come si costruisce una ballata specificatamente metal che non abbia alcuna attinenza con il pop,, qui allontanandosi dalla verve judaspriestiana anticipando modalità che verranno coi Savatage più evoluti e gruppi più cerebrali; una linea vocale  interpretata con sublime sentimento e intrecci sonori dolci e distorti dalla grande ampiezza artistica. L’intro interlocutorio ‘White Din’ immette alla successiva traccia, una poderosa epica ‘RUSSIAN WINTER’, epica stavolta nello stile degli Accept, che irriverente incombe rutilando grazie ad una cavalca incalzante; è un bel suono di senso compiuto che ancora una volta racconta dell’afflato strettamente Heavy Metal.

Fin qui i momenti migliori, ma anche gli altri posseggono il fuoco della scintillante creatività, e sono comunque tutti episodi pieni di grinta e di valore artistico. La cadenzata ‘Eat the Rich’ conserva qualcosa degli AC/DC però così come anche i Judas li vedevano in ‘The Devil’s Child’; ancora una volta un brano perfetto che non plagia nulla. E ancora stando stretti stretti ai Judas, essi fanno arrivare la rockeggiante ‘Ready to Burn’, quadrata e irriducibile, giusta per infiammare gli animi in contesto live; non sarà il caso che essa veda ospite ai cori il grandissimo Rob Halford, appunto singer dei Judas Priest. Scivola via con semplicità ‘Stand and be counted’, fluidamente orecchiabile, e accattivante nella sua verve rock’n’roll di tipo americano e col suo assolo caldo e avvolgente. L’unico momento che non ci azzecca bene è la cover ‘Stayed awake all Night’ degli americani Bachman per due motivi, primo perché abbandona l’heavy per tornare all’Hard e quindi stona un po’ nell’insieme, e secondo perché i B.T.O. stessi nella loro discografia avevano ben altre canzoni che potevano essere coverizzate rimanendo più in sintonia col disco.

Fino al sesto album ‘One Vice at the Time’  i Krokus sono hard rock, poi all’improvviso ecco uscire la loro furia Heavy. Non ci sono avvisaglie, direttamente un colpo ad effetto inaspettato. Anima corposa e arrangiamento compatto. Gli anni della NWOBHM hanno insegnato come rendersi più impattanti, e i Krokus, ormai pieni di esperienza avendo pubblicato il primo full-lenght nel 1976, decidono di rinnovarsi, e lo fanno da musicisti maturi, in grado di utilizzare al meglio tutti i canoni sviluppatisi fino a quel momento. Non estraggono dal cappello solo la loro migliore opera, ma addirittura uno degli album Heavy Metal migliori della storia, un disco tra quelli che si possono scegliere didatticamente per far capire a chi non lo conoscesse, il genere Heavy Metal classico, quello base inventato dai Judas e dai gruppi successivi. Un album perfetto, senza cadute di tono e senza cadute di inventiva. E’ il disco da celebrare nei suoi quarant’anni in quanto esempio di heavy puro, dalla vera essenza metallica.

Roberto Sky Latini

Headhunter
Eat the Rich
Screaming in the Night
Ready to Burn (guest: Rob Halford-chorus)
Night Wolf
Stayed Awake All Night (Bachman-Turner Overdrive Cover)
Stand and Be CountedWhite Din
Russian Winter

Marc Storace – vocals
Fernando von Arb – guitar / bass / keyboards
Mark Kohler – guitar
Chris von Rohr – bass
Steve Pace – drums