Kreator

Hate Uber Alles

Il Thrash, pur essendo ferale, non è musica estrema, eppure vi è insita una dose di cattiveria e di violenza che spesso è più pesante di certo Black o Death vigente in questo nostro panorama metal. Ascoltando i tedeschi Kreator questo appare ancor più vero, anche se dentro ci infilano cose meno violente. Ad ogni modo qualsiasi scelta formale essi  utilizzino, le idee risultano sempre particolarmente efficaci. Quindicesimo album, degno di una guerra musicale iniziata nel 1985. Ciò che di tradizionale si sente qui dentro essi stessi hanno contribuito a plasmarlo nei decenni, e oggi sembrano freschi e pimpanti come giovincelli convintissimi.Poco interessante da un punto di vista musicale l’intro ‘Sergio Corbucci is dead’ ma è interessante il motivo per cui la band ha deciso questo titolo, legandolo al fatto che il regista italiano avesse l’attitudine di schierarsi sui temi sociali; la band vuole significare, visto che l’album parla di oppressioni, che l’artista in quanto tale ha il dovere di prendere posizione, mentre oggi nell’arte e nello spettacolo si tende a non farlo più.  Al di là delle liriche, la musica vince. La title-track ‘HATE UBER ALLES’ ricorda gli ultimi Slayer, il suo titolo pesantentemente gridato amoplifica l’enfasi generale e l’assolo è una rasoiata mortale per creare un pezzo tradizionalissimo eppure avvincente.

Alla stessa stregua ‘KILLER OF JESUS’ invade il mondo con virulenta classicità, regalando un tasso di epicità possente ed implacabile. Scura ma cadenzata, invece che veloce, la cruda ‘CRUSH THE TYRANT’ che nell’avanzare schiaccia il terreno con passi pesanti, e l’assolo, pur orecchiabile, sembra un esercito in marcia che si impone, ed è una chitarra solista di livello. Invece il chitarrismo che guida ‘STRONGEST OF THE STRONG’ fa diventare melodic-thrash l’ascolto, un po’ alla Arch Enemy, per una song che in realtà è bella compatta e pressante al punto giusto, dove l’elemento principale è appunto la chitarra solista che dura per tutta la traccia. La voce ha poche modulazioni e quindi a volte essa viene accompagnata da inserti che rendono più melodico un cantato altrimenti molto monolitico, avviene con la sei-corde e poi con la voce in ‘CONQUER AND DESTROY’, anche qui ricordando gli Arch Enemy; e avviene anche, e in modo molto più affascinante, in ‘MIDNIGHT SUN’ che usa una cifra atmosferica più rarefatta e ammaliante grazie al cantato femminile molto azzeccato.

E’ thrash, ma ‘Become Immortal’ sembra ispirarsi ai guerreschi pezzi Manowariani, con anche coro enfatico incorporato, un po’ trito, ma comunque efficace. Anche ‘PRIDE BEFORE THE FALL’ è un bell’attacco epico, ma è migliore di molto, sebbene rimanga ancorato perfettamente alla vecchia stilistica del genere; si percepisce che è stato scritto in maniera più emozionale. Tra i brani minori sta ‘Demonic Future’ perché è il momento chiaramente più standard guardando al thrash passatista, eppure seguire il ritmo scatenato non può che dare piacere dato che non è un filler. Il quasi riempitivo è l’ultima traccia ‘Dying Planet’ che sembra di aver sentito mille volte anche se nella volontà dei musicisti si capisce che voleva essere un brano evocativo e da grandeur per il finale del lavoro; intento non riuscito.

Ci sono vari episodi che vivono di ritmiche marziali, a sottolineare la durezza epica delle loro espressività. Ma ci sono anche molte parti più orecchiabili e morbide che convivono bellamente con le evoluzioni feroci o grevi di cui sono fatte le canzoni. Non è musica innovativa, però alcune soluzioni sono in grado di donare personalità ad una strutturazione comunque tipica del genere. Le trovate più morbide sono evocative, tipo la scelta di alcuni ritornelli che espandono il feeling. tali refrain sono vincenti è perché adatti ad essere ripetuti in concerto. L’ugola è ruvida ma ben tonica, impattante, in grado di dare fuoco alle polveri. nel songwriting ci sono muri compatti ma anche aperture che registrano escursioni più ariose. E la chitarra contiene lo spirito adeguato a cesellare ogni song, infatti riuscendo a potenziare l’essenza delle stesse. Non siamo al cospetto di un disco che si possa ritenere “superiore”, ma si assestano colpi netti e decisi che ne fanno un prodotto corposamente riuscito.

Roberto Sky Latini

Sergio Corbucci Is Dead
Hate Über Alles
Killer Of Jesus
Crush The Tyrants
Strongest Of The Strong
Become Immortal
Conquer And Destroy
Midnight Sun  (feat. Sofia Portanet – vocals)
Demonic Future
Pride Comes Before The Fall
Dying Planet

Mille Petrozza – vocals / guitar
Sami Yli-Sirnio – guitar
frederic Leclercq – bass
Ventor – drums