JP Harvey

I inside the old Year Dying

Decimo album per la cantautrice rock britannica Polly Jean Harvey, e settimo anno dall’ultima pubblicazione del 2016 ‘The Hope six DemolitionProject’. La sua voce torna e lo fa dentro una  atmosfera  altamente introspettiva, poco solare e stonatamente soffice; stonatamente nel senso che l’arrangiamento si contrappone alla melodia avvolgendo la voce pulita con ritmiche e andamenti sporchi, in uno stile quasi noise, a volte potendo eliminare il “quasi”. Un lavoro per esprimere nei suoni un mondo interiore che basa il concept lirico sul proprio poema dialettale ‘Orlam’, scritto appunto da lei nel 2022.

Non tutti i brani paiono esaustivi, ma le belle escrezioni emergono da alcuni pezzi intensi, come l’iniziale ‘PRAYER AT THE GATE’ che riverbera elettricità attorno alla centralità della voce lenta ma inesorabilmente tesa. Vicina alla musica country americana si dipana l’acustica ‘LWONESOME TONIGHT’ dove l’arrangiamento ‘normale’ evita claustrofobiche dissonanze, ma offre una dolcissima declamazione poetica anche musicalmente. ‘THE NETHER-EDGE’ mette insieme la cupezza con una brezza che l’ugola esterna nel suo alzarsi di tono, e però lo sviluppo ritmico ossessivo, quasi tribale, rende il tutto meno arioso, ma proprio per questo affascinante. Anche ‘I INSIDE THE OLD I DYING’ (da non confondere con la title-track) si pone fra le migliori del lotto; gli strumenti si rifanno al folk , con un drumming strascicato e lo strumento a corde acustico che ricorda anche i Led Zeppelin.

Interessante l’alzarsi e l’abbassarsi della voce di ‘A CHILD’S QUESTION, AUGUST’, anche accompagnato da una voce maschile; fluidamente scorre senza soluzione di continuità, dentro un arrangiamento che è il più particolare nel disco. Gli altri brani sembrano più volte delle semplici sezioni non sviluppate come  avviene in ‘Autumn Term’ che ricorda un po’ l’attitudine del White Album dei Beatles, dove alcuni momenti parevano semplici linearità di tipo sperimentale. Per esempio ‘All Souls’ è troppo semplificata per essere presa sul serio pur possedendo un ottimo spunto. Non ci sono episodi duri nel senso rock classico, l’unico momento un po’ corrosivo è la conclusiva ‘A Noiseless Noise’, al dire invero piuttosto noioso, di cui si salvano solo l’intro e l’outro soft.

L’opera è concepita senza alcun tipo di tentata cattivazione, anzi, non ci sono brani che emozionino in senso romantico, che diano sensazioni da brivido, che possano essere intese come passionali. Nonostante alcuni stacchi di voce suadente, la narrazione appare fredda; eppure ha del tocco comunicativo. Non è un disco che può essere avvicinato al lavoro precedente, diverso l’umore e l’espressività quindi. La scelta stavolta si allontana dall’incedere tonico che agli esordi la faceva assomigliare a Chrissie Hynde dei Pretenders (vedi ad esempio la song ‘Dress’), ma anche lontana da ciò che era sette anni fa, per gestire qui una forma non estroversa. Le linee canore sembrano spesso delle filastrocche ripetute che diventano ipnotiche, aiutate in questo da un ritmo denso ma realizzato come in sordina. S

entiamo delle influenze blues, delle influenze punk, persino Patti Smith nella title-track, tutte vicinanze molto sfumate, e rilette sempre con la verve del crooner. Il disco è infatti molto intimo, e può rientrare nel novero della categoria di quelle artiste che usano vocalità sussurrate o flebili, per pezzi scritti con una certa rarefazione. L’elenco contiene artiste anche differenti, ma che vivono di questo mormorio, come Tori Amos; Suzanne Vega; Agnes Obel; Adna; e anche Dido, considerando il lato mainstream di questa attitudine. Un rock certamente alternativo che la Harvey interpreta comunque con forte carisma, fregandosene della moda o del mercato, rimanendo nella propria nicchia, non aprendo alcuna porta a possibili evoluzioni, anche dentro la stesso genere che qui rimane inteso in senso ristretto e minimalista. La bravura a gestire la voce si sente, ma non vuole essere utilizzata per creare troppe variazioni sul tema, all’ascoltatore deve bastare ciò che c’è, e ciò significa che non è musica per tutti i momenti, ma solo per peculiari e isolati stati d’animo che giungono solo in specifiche situazioni.

Roberto Sky Latini

Partisan Records
www.pjharvey.net

Prayer at the Gate
Autumn Term
Lwonesome tonight
Seem an I
The Nether-Edge
I inside the old Year dying
All Souls
A Child’s Question, August
I inside the old I dying
August
A Child’s Question, July
A Noiseless Noise

PJ Harvey – vocals / guitar
Adam “Cecil” Bartlett – bass
John Paris – drums
Ben Whishaw / Colin Morgan – backing vocals