Iron Savior

Firestar

Se vogliamo essere negativi riguardo a questo dodicesimo capitolo, possiamo dire che il combo tedesco non prova a sorprenderci con stranezze o particolarità, dato che segue pedissequamente la propria stilistica già da tempo sviluppata. A ciò aggiungiamo alcuni pezzi molto canonici che paiono poco significativi e il risultato non è del tutto positivo. Fortunatamente accanto a questi ne troviamo altri freschi e spigliati, quindi vale la pena prestarci attenzione.

Va detto che la musica Power-Heavy Metal di questi nostri eroi è ormai da ritenere un esempio classico dentro una estetica molto personale, gli Iron Savior hanno realizzato un  modo d’essere che è riconoscibile, soprattutto per il cantato, sebbene sia derivato dai Blind Guardian. E’ un suono stabilizzato, che non sente la necessità di evolvere, almeno sembra che il cantante e leader stesso non voglia farlo evolvere. Nonostante ciò alcune ottime canzoni ancora fuoriescono e permettono di far mantenere a tale combo il ruolo di mantenitori della fede, portando avanti il genuino heavy classico.Sicuramente di qualità ‘CURSE OF THE MACHINERY’ che impazza efficace; grazie alla sua ritmica Power e il susseguirsi dei riff, viene creata compattezza e fluidità: compattezza intensa per l’energia ficcante sprigionata e fluidità per la naturalità dei passaggi processati.

Insieme ai Manowar anche i Judas stillarono brani epici e la maestosa ‘IN THE REALM OF HEAVY METAL’ tratta la materia epica come facevano appunti gli inglesi, e la tratta nel modo migliore, tirando elettricamente a tutta forza la song, passo dopo passo, anche con una parte solista di tutto rispetto. Stessa cosa fa la tesa ‘MASK, CLOACK AND SWORD’ utilizzando eguale afflato epico, sempre alla Judas ma con un pizzico di neoclassicismo sinfonico. E spezza le reni anche ‘RISING FROM ASHES’ che aggiunge eleganza al suo dinamismo potente, curando la forma fino ad alzarsi in un ritornello leggiadro e sinuoso. Tra le migliori tracce si pone inoltre la lineare ‘THROUGH THE FIRES OF HELL’, stavolta allontanandosi dall’enfasi epica, e prediligendo una valenza americaneggiante di più facile orecchiabilità in stile Loudness alla ‘Soldiers of Fortune’ (1989), quello col cantante americano, oppure pensando ai danesi Pretty Maids; e riuscendo in tal modocon ad esprimere una bella performance solare.

In questo disco ci sono anche episodi tralasciabili data la loro scarsa personalità, come ‘Across the Wasteland’ e ancor peggio con ‘Nothing is forever’, continuando infine con altre song minori che non permettono al lavoro di elevarsi verso l’eccellenza. Tra queste la veloce title-track ‘Firestar’, la quale non deve trarre in inganno per la sua forma perfettina e l’ottima produzione tecnica, in quanto sembra di averla già sentita tante volte. Inutilissimo l’intro ‘The Titan’.Varie volte emerge la loro germanità, ciò avviene tramite il senso quadrato e pesante alla Accept, come ‘in ‘Demise of the Tyrant’, ma in linea di massima abbiamo una escrescenza tradizionale che copia lo stile dei Judas Priest. Tale vicinanza passa soprattutto attraverso i riff e gli assoli chitarristici che spessissimo sembrano usciti dalle teste di KK Dawning e Glenn Tipton, ci pensano poi invece le linee melodiche, che trattate come sono da cori e voce del singer, a imparentare strettamente l’ascolto alle visioni melodiche dei compaesani Blind Guardian.

Quindi la durezza dei Judas si sposa con la rotondità scritturale dei Blind, ma questo da sempre nella vita artistica degli Iron Savior. Una simile staticità non determina però per forza una sicurezza in termini di livello compositivo. Album migliori sono stati scritti da tale band, e questo ha le stesse pecche del precedente ‘Skycrest’ del 2020, cioè pesta con belle canzoni ponendovene purtroppo accanto alcune non così luminose, ma anche le migliori immettono riff e passaggi vocali che sembrano varie volte presi dal loro stesso passato o da altri gruppi, per poi venire rimescolati nella propria entità caratteriale. Il risultato è sempre di una certa qualità ma non può rendergli la gloria che altre band hanno conquistato.

Roberto Sky Latini

AFM Records
www.iron-savior.com