Infection Code
Sulphur
A distanza di pochi mesi dalla loro ultima uscita (che ho piazzato tra i migliori album dello scorso anno) tornano, con “Sulphur’ gli Infection Code .
Probabilmente erano perfettamente consapevoli, loro per primi, della felice ispirazione che li stava inondando, e hanno approfittato, giustamente, del momento.Pare proprio che la band abbia trovato la propria natura, la propria dimensione ideale, il luogo in cui esprimere il proprio meglio.Il lavoro si muove sugli stessi binari della loro ultima fatica: un death / thrash monolitico, inesorabile, compatto come un pugno tra i denti e solido come il granito. I riffs si animano su una base ritmica solida e precisa, mostrando varietà, complessità e malignità. Qualità, queste, che trovano perfetto riscontro nella voce, graffiante come il vetriolo, in grado di completare il quadro con una bella passata di nero.
Pezzi come “The Colour out of Space” o “Something Wicked this way come” possono essere presi come bandiera dell’approccio stilistico della band, compendiando aggressività e struttura, furia e ragione, in un mix che consente il trasparire di uno stato d’animo tra l’agghiacciante e lo spietato.Ma sono tutti i brani a muoversi con andamento marziale ed elefantiaco, stritolando l’ascoltatore senza alcuna compassione, come a voler fare della durezza di spirito e dell’inesorabilita’ il proprio regale emblema.
Una bellissima conferma, da parte di una band che non mancherà di sfondare, come peraltro sta già facendo, i confini nazionale. Ottimi.
M. Gambett