Horrendous

Ontological Mysterium

Capita, a volte, di trovarsi dinnanzi ad una release di una band di cui non avevi mai sentito parlare e capita di restarne piacevolmente sorpresi e contenti di essere riusciti ad allargare i propri orizzonti musicali, soprattutto se la descrizione della band in questione risponde a delle caratteristiche che non ti vanno esattamente a genio; questo perché oggi come oggi, parlare di death metal tecnico corrisponde, troppo spesso, ad essere costretti ad ascoltare gruppi che non solo suonano tutti uguali ma di una freddezza disarmante: precisi e chirurgici quanto si vuole ma senza un’anima capace di farti vibrare, per lo meno questo è ciò che accade a me ascoltando le nuove produzioni.

Troppe volte mi è capitato di trovarmi ad ascoltare dischi che più che contenere canzoni, rappresentavano un mero esercizio di velocità e sfoggio di tecnica, senza un riff capace di restarti in testa, senza una concezione musicale: violenza e tecnica allo stato puro e nulla più, pertanto quando mi sono ritrovato tra le mani, anzi tra le orecchie, questo platter rilasciato dalla Season Of Mist, ho fortemente sperato di non trovarmi dinnanzi all’ennesima band fotocopia di altre technical death metal.Leggendo le info allegate al primo, pian piano la mia speranza si tramutava sempre di più in una certezza: la descrizione del sound della band rispondeva a ciò che cercavo e non mi sono visto costretto a fare buon viso a cattivo gioco.Finalmente premo play e mi trovo dentro i timpani gli Horrendous e il loro Ontological Mysterium: un disco solido come la roccia con classe da vendere e soprattutto tanto materiale da analizzare. Inziamo subito con il dire, per chi come me non li conoscesse, che gli Horrendous sono una technical death metal band della Pennsylvania e più esattamente di Philadelphia, cresciuta pertanto a pane e death metal di stampo americano, pur non disdegnando quello europeo.

Ontological Mysterium è il quinto album in studio della band e arriva a cinque anni di distanza dal precedente Idol, del quale riprende sicuramente l’aspetto tecnico pur distanziandosene parecchio nella struttura, che in questo caso risulta più quadrata e a fuoco e non si va perdendo in elucubrazioni tecniche che a volte rischiano di fare perdere il focus e il tiro di un brano: siamo dinnanzi ad un disco pienamente centrato, in grado di bilanciare perfettamente tecnica, ferocia, melodia, strutturazione armonica e follia metronomica. Questo è quanto potrete trovare, fino a saziarvi, in questo bellissimo nuovo album del quartetto di Philadelphia, un concentrato di death metal di stampo classico arricchito da una buona dose di melodic death metal e da iniezioni importanti di metal classico, il tutto condito da tempi sghembi, ritmiche serrate e momenti più rilassati in cui fa capolino anche qualche partitura jazzata che riesce a mantenere vivo il groove dei brani, continuando a mantenere alto il livello di attenzione; difficile davvero che possa sopraggiungere la noia, anche qualora non siate amanti delle partiture complesse, perché nonostante qui la tecnica si senta perfettamente e i tempi riescono a far sembrare il tutto un tagadà impazzito, la scrittura è talmente valida da scorrere molto molto bene, riuscendo a fondere il tutto in un continuum armonico e melodico in grado di riuscire a far apparire anche le parti più complesse, come fossero lineari. Non è assolutamente semplice riuscire a fare una cosa del genere, soprattutto quando siamo nel campo del death metal, però i Nostri riescono a portare a casa un risultato davvero importante, capace di fondere il variegato e brutale mondo di gruppi come Atheist e Pestilence su tutti, con i Dream Theater per l’ispirazione legata alla forma-canzone e l’efferatezza diretta delle ritmiche thrash, attraversando nel rifferama, tutte le sfumature che passano dall’abrasivo vecchio thrash fino al melodeath più tecnico.

Svariati sono i punti di forza di Ontological Mysterium e perdersi l’occasione di offrirgli un’opportunità sarebbe davvero un grave errore, perché il disco merita, è prodotto bene, i musicisti sanno il fatto loro, pertanto di qualsiasi strumento siate appassionati qui potrete davvero trovare pane per i vostri denti, godendovi una continua camminata sui carboni ardenti, scoprendo però che questi emanano un calore piacevole, è solo necessario prestare attenzione e tenere alta la concentrazione, perché una volta entrati dentro questo vortice estremamente stratificato, difficilmente vorrete uscirne soprattutto perché i sobbalzi che esso provoca sono estremamente divertenti e lineari.

Finalmente, dopo qualche piccolo passo falso relativo al precedente Idol, gli Horrendous, complici anche gli stop legati alla pandemia, riescono a rimettere in sesto le idee e a scansare quella “necessità” di dover sempre giocare all’ attacco, in maniera sconsiderata; questa volta in attacco si gioca con la testa concentrata e il lavoro che ne è uscito fuori è lì a testimoniarlo, attraverso un grandissimo lavoro chitarristico e di basso (vero funanbolo del disco in esame), che costruiscono e decostruiscono partiture melodico-assassine che vanno a giocare su tappeti ritmici dispari, composti e quasi mai lineari, a volte adagiandosi su questi pattern, altre volte quasi a volerli rifuggire ponendosi a contraltare, con intrecci melodici e ritmici dall’appeal decisamente più votato all’ easy listening (nei limiti del possibile ovviamente, stiamo sempre parlando di death metal), ed è lì che emerge prepotente la porzione più metal classica, con riff che fanno ampio riferimento ai Judas Priest e ai Mercyful Fate per quel che riguarda il metal classico e a Megadeth, Exodus e Dark Angel per quel che riguarda la porzione più thrash; insomma Ontological ha ottimi spunti per tutti i gusti ritornando un po’ in quei territori techno-death di cui si sentiva la mancanza dalla dipartita di Chuck Schuldiner e di conseguenza dallo scioglimento dei suoi inimitabili e grandissimi Death: qui torna a parlare la musica e non la tecnica fine a se stessa, come troppo spesso accade oggi nel mondo del metal estremo.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri

 The Blaze
Chrysopoeia (The Archaeology of Dawn)
Neon Leviathan
Aurora Neoterica
Preterition Hymn
Cult of Shaad’oah
Exeg(en)esis
Ontological Mysterium
The Death Knell Ringeth

Damian Herring – guitar, vocals
Jamie Knox – drums
Matt Knox – guitar, vocals
Alex Kulick – bass