Homecoming
Those We Knew
Arrivano da Parigi gli Homecoming. Da subito posso dirvi che sono rimasto positivamente colpito da quello che la band è riuscita a mettere in piedi.Post Metal – Alternative, due parole che vogliono dire tante cose, come le sfumature che troviamo all’interno del sound della band.
Nella lorobiografia hanno ammesso di essere stati influenzati da band quali: Alice in Chains, Tool, Cynic, Mastodon, tutto vero, tuttavia gli Homecoming con questo album di debutto sono riusciti a mescolare le carte e uscirne con un sound originale, senza per forza di cose aver inventato nulla.Una cosa è certa questa band transalpina ama sperimentare, grazie anche a una caratura tecnica davvero buona, dove ogni strumento gioca un ruolo da assoluto protagonista. Da una traccia all’altra percepisco nuove sonorità,ora sludge, ora stoner, ora grunge, ora prog/rock seventieen.Una fusione micidiale che non può lasciare indifferenti, riffs robusti, che ci addentrano nella parte più metal della band, voci melodiche invece,rappresentano il momento più rassicurante del disco, anche se un’istante dopo le stesse voci si fanno disperate, gutturali e violentissime!“Those We Knew” questo il titolo dell’album, fatto di sei canzoni, ma non preoccupatevi la band si è fatta perdonare, ogni brano ha una durata piuttosto lunga.
Al via le danze con la bellissima “Tell Me Something” che di certo esprime al meglio tutto quello che di buono sanno fare gli Homecoming, in questa prima traccia infatti, andiamo a scoprire tutto quanto detto, per una durata di oltre 11 minuti, dove siamo scossi dalle parti più cattive in senso musicale, ma un attimo dopo ammagliati dall’eleganza con cui la band riesce a muoversi. La seguente “Red Rose”risulta essere più radiofonica e solo per un attimo, e almeno in parte gli esperimenti sono messi da parte, per far posto al primo impatto. “Blood Of My Blood” dopo un avvio malinconico, un riffs incalzante mi fa saltare dalla sedia, ancora una volta i parigini dimostrano di non amare la staticità e riprendono a spaziare in più generi, questa loro caratteristica li ha fatti conoscere al grande pubblico, in sede live non hanno mai deluso le aspettative, da lì hanno ottenuto un contratto discografico di tutto rispetto con la Copper Feast Records, labelbritannica.
Sono oltre la metà album, quando le note della bellissima“Interlude” mi fa aumentare la dose di stima verso questa band, capace dioffrire un’altra prestazione maiuscola, questa volta senza l’ausilio della bella voce del singer e chitarrista Theo Alves Guitier. Il livello è sempre molto alto, inutile dire che la qualità di ogni musicista garantisce uno standard di assoluto rilievo. “Shores” e “Gift Of Eyes” vanno a completare questo disco davvero notevole, la prima di queste è ricca di sfumature, altri 11 minuti dove gli Homecoming non si pongono limiti e non conoscono confini, la band francese si muove in maniera leggera e de tutto naturale da un genere all’altro. Ultima canzone la già citata “Gift Of Eyes” dai toni Post Metal, a farla da assoluto padrone una sei corde che dispensa riffs eccellenti.
Cosa aggiungere, posso solamente consigliare questo disco, non ve ne pentirete!
Trevor Sadist