Greta Van Fleet

Starcatcher

Il gruppo americano torna alla carica con il suo terzo album, suona bucolico e hard a seconda dei momenti anche interni alle singole song. Esso non si trasforma, non diventa altro da sé, ma prosegue la sua innata voglia di rimanere nel passato, e lo fa con gusto ed ispirata consapevolezza.

Non un lavoro straordinario ma comunque in grado di creare pathos e vibrazioni. Non eccelso l’arrangiamento forse un po’ troppo caotico a causa di troppi riverberi ed echi che sembrano avere la smania di aumentare inutilmente il senso vintage. In realtà i brani anche con maggiore pulizia non avrebbero assolutamente sfigurato.

La prima traccia è la migliore, e anche la più distante dai Led Zeppelin, con una sua propria magia e fascino suadente. Si tratta di ‘FATE OF THE FAITHFUL’ che inizia l’album come un fiore che si apre, delicatezza e tonicità, in entrambi I casi con estro poetico; bella la vocalizzazione che prosegue la strofa rendendo più ariosa l’atmosfera. Un brano così è perla preziosa. Il resto scende un po’ verso una forma meno personale, però troviamo altri bei momenti. L’orecchiabilità morbida  di ‘SACRED THE THREAD’ culla e trattiene l’ascoltatore che si lascia trasportare. Molto bella anche ‘THE INDIGO STREET’, con la sua elettricità e la verve psych  che gestisce la giusta dose di dinamismo. Il duro riff stoner di ‘FROZEN LIGHT’ si contrappone ad alcuni passaggi meno irruenti che donano elegia ed una certa rarefattezza accattivante; forse l’episodio migliore dopo il brano d’apertura. Alquanto inutile la durezza, l’unica vera del disco, di ‘Runway Blues’ che si fa breve filler, e questa sì, senza originalità alcuna.

Spesso le somiglianze con i Led vanno più verso certo modo di gestire la chitarra o il drumming, ma molto meno nell’essenza vocale. Una voce di qualità che anche se assomiglia a quella di Plant, viene usata in modo talvolta diverso. Non sono sezioni musicali esagerate quelle che si rifanno alla band mitica, anche se al contrario alcuni brevi passaggi fanno sorridere per la totale copia di arpeggio o battuta. Si sentono afflati progressive con un senso acido-psichedelico, per un Hard Rock spesso etereo che però non manca di tensioni. La polemica sull’essere copia considerata di livello più scarso degli Zeppelin, fa ridere, considerando che tanti gruppi vengono apprezzati pur essendo molto derivativi.

Vengono in mente i Vodoo Circle che si rifanno pedissequamente ai Whitesnake senza subire la stessa derisione, sarà forse per la molto minore visibilità e successo, in effetti questi assalti feroci “contro” nascono solo quando tali realtà ottengono grandi riconoscimenti internazionali, lasciando che vengano obnubilate le capacità critiche e quindi nascoste all’ascoltatore antipatico le buone canzoni che invece gli stessi gruppi, stupidamente osteggiati, sono in grado di esprimere. E appunto qui troviamo alcuni begli episodi che viene voglia di riascoltare. E’ la fama e non la musica ad innervosire la gente. Ma il disco è buona musica, quella che ha il sapore antico dell’eleganza, e una visione emozionale della composizione. E’ positivo che ci sia chi vuole continuare in tempi moderni uno stile che troppo presto si era fermato agli anni settanta. Un album che si può godere con serafica tranquillità, senza la necessità di fare paragoni.

Roberto sky Latini

Lava Records
www.gretavanfleet.com

Fate Of The Faithful
Waited All Your Life
The Falling Sky
Sacred The Thread
Runway Blues
The Indigo Streak
Frozen Light
The Archer
Meeting The Master
Farewell For Now

Joshua Kiszka – vocals
Jacob Kiszka – guitar
Samuel Kiszka – bass / keyboardsD
aniel Wagner – drums