Gaijin
Children Of Dust
Registrato nel 2018 e accantonato per l’esplosione pandemica il momento è finalmente arrivato. Trattasi di un monolite strumentale di Technical Death Metal che scorre insieme come un tutt’uno, suddiviso in 4 canzoni.
Con la partecipazione di Conny Pettersson degli Anata alla batteria. Riconoscere la nostra irrilevanza sulla scala cosmica non è sminuire. Non è nichilista. È un’accettazione delle nostre origini e del nostro inevitabile destino. È umiltà. È libertà. Siamo figli delle stelle,(cantava Alan Sorrenti N.D.R.) come tutte le cose – viventi o scintillanti, infinitesimali guizzi senzienti o supermasse senza tempo, come da dove veniamo – torneremo alla polvere.(ricordati che sei cenere e cenere tornerai N.D.R.) “Il silenzio totale che regnava in entrambi gli eserciti era un presagio di orrori imminenti. Quante migliaia di future vittime dell’inimicizia umana godono ancora della vita quel giorno, per poi tornare in polvere il giorno successivo. Così un uomo è destinato a rimanere il giocattolo delle passioni, a raggiungere il cielo con la mente e a scomparire nell’irrilevanza terrena” Tratto da Memorie Ilya Radozhitskii.
I Gaijin, con il loro nuovo album intitolato Children Of Dust, vengono a sorprendere il pubblico e allo stesso tempo ad inserirsi nella scena progressive/death! I Gaijin, composti dai chitarristi/bassisti Vinit Jani e Jay Pardhy, appaiono in questo album, con la partecipazione decisiva di Conny Pettersson degli Anata alla batteria, promettendo ottime uscite future, dato che Children of Dust come punto di partenza credo sia un album eccellente, che porta la firma di Pierre Remillard, un produttore che ha lasciato il segno in gruppi ben noti come Gorguts, Beneath the Massacre e Martyr, e che collabora per la seconda volta con i Gaijin. Children of Dust è stato pubblicato dalla stessa etichetta il 1° agosto come tributo al defunto padre di Jay Pardhy, Hermant Pardhy, considerato il suo custode silenzioso e il suo più grande fan.
Si tratta come album di un unico monolitico progetto strumentale tech/prog death, diviso in 4 canzoni con l’obiettivo, secondo la band, attraverso questo viaggio sonoro di far sentire all’ascoltatore la nostra insignificanza sulla scala cosmica, non in modo dispregiativo o nichilista. ma per fargli capire il suo posto e abbracciare le sue origini e il suo inevitabile destino per raggiungere la modestia e la libertà. A fronte di ciò, i Gaijin ci accompagnano in un viaggio cosmico trascendentale, mostrandoci che gli esseri umani sono figli delle stelle e come tutte le cose nasciamo, fioriamo, decadiamo e torniamo allo stato di polvere, per cui i pezzi vanno in ordine come segue: 1) Clayborn, 2) Avvento della decadenza, 3) Obsolescenza non programmata e 4) Figli della polvere. Come si realizza questo viaggio interstellare di autocoscienza? Tecnicamente è ottenuto da una tempesta tecnica di riff tecnici dinamici, con ritmi esplosivi a velocità di mitragliatrice, pestando senza sosta sui pedali e allo stesso tempo da dolci armonie e bridge che arrivano così a incorniciare la ferocia e la durezza del death con la perfezione tecnica del suono progressive che si vuole creare! Tutto questo senza dimenticare di dirlo attraverso una produzione incredibile in registrazione e mixaggio! Personalmente, direi che si tratta di un lavoro raffinato, abbastanza curato sia dal lato dell’orchestrazione che della produzione. Mi è piaciuto molto perché amo molto il sottogenere tech/prog death e lo consiglio vivamente a chiunque cerchi musica underground con forti connotazioni filosofiche e un suono pulito.
Stefano Bonelli