Five Finger Death Punch
AfterLife
AfterLife è il nono album della heavy metal band americana Five Finger Death Punch, realizzato 2 anni fa, il 19 agosto tramite la Better Noise, primo album con il nuovo chitarrista Andy James che ha sostituito Jason Hook.
Il disco era stato preannunciato l’anno prima a fine novembre, quando Ivan Moody aveva postato un nuovo frammento di una canzone tramite Instagram; il video mostrava il frontman che fa headbanging ascoltando una canzone nuova di zecca, in studio, in compagnia del produttore Kevin Churko. Seguirà Il 15 aprile 2022, la pubblicazione del nuovo singolo estratto dall’album chiamato “AfterLife“, annunciando un tour con Megadeth e The Hu. Questa nuova edizione deluxe si caratterizza invece per la presenza di versioni acustiche di tre canzoni dell’album e di una canzone scritta in collaborazione con DMX, per un totale di sedici brani. In realtà l’aggettivo acustico è usato forse impropriamente, visto comunque l’uso dei caratteristici suoni e di elettronica vari è ormai timbro imprescindibile dei FFDP in ogni loro brano e quindi anche in 2 dei tre acustici annunciati.
L’idea della collaborazione con l’artista rap DMX era una idea non recente, ma in ballo da anni, spiegano i cinque metallers americani. DMX veniva visto nell’ambito della band come un “metallaro dell’hip-hop” per il suo esprimersi in maniera aggressiva, grezza, selvaggia verso alcune entità ed era questo coraggio che attirava i FFDP a DMX. Apriamo una parentesi per i testi, per capire meglio quanto appena detto: se prendiamo Welcome to the circus Ivan canta una rebel song verso un mondo visto come un circo violento di cui accettare le apparenze per esserne parte o venire ostracizzato; mentre in Afterlife sono le menzogne scoperte, le indiscrezioni tutte vere, cioè il promettere “diamanti ma pagano sabbia” e quindi la menzogna assurta a regola di vita, cui contrapporre l’agire, senza aspettare che il disastro conduca all’aldilà, ad essere il climax; ci sono Times like these dolorosi quelli da cui vorrebbero svanire, radioballad, o la tonante Roll dem bones in cui i superpoteri giovanili facevano pensare di poter cambiare tutto ma ora … ecco quindi l’affinità con un “metallaro dell’hip hop” sui temi sociali.
A causa della morte di DMX la canzone è diventata purtroppo inconsapevolmente un modo per omaggiare la memoria di questa leggenda. Arricchito di queste chicche acustiche e della collaborazione suddetta AfterLife si presenta il disco dei Five Finger Death Punch che spacca, commercialmente un successo inoppugnabile; neanche sto a parlare della produzione, superlativa, con batterie che hanno tanta botta da sembrare “elettroniche” per il lavoro del 6° uomo Churko; mi concentro sulla tecnica del nuovo chitarrista che sembra addirittura elevare l’asticella rispetto ai precedenti lavori, sulla voce sempre aggressiva e presente di Ivan, con una timbrica fantastica per il genere, ritornelli azzeccatissimi, smargiassi, e lirici “serviti” su un piatto di intrecci armonici funzionali allo scopo. Cambi di tempo, oltre che del clima delle canzoni, e dinamiche da manuale, per questo genere nato negli anni novanta del secolo scorso, che affonda a piene mani dall’eredità di Korn, One minute silence, Rammstein, Orgy. Cavalcate nelle praterie americane come Times like these fanno tanto quanto i mitici film con John Wayne ed il Settimo cavalleggeri. Tanta America a stelle e strisce in queste canzoni, ma con i piedi (negli stivali) per terra.
Ivanhoe