Evile

The Unknown

Questa band britannica è nata come cover band dei Metallica (si chiamavano Metal Milita), e ciò si sente molto chiaramente anche in questo sesto lavoro. Dei Metallica però scelgono il lato più doom e scuro, del resto i temi sono soffocanti tra descrizioni di incubi e malattie mentali. Il cantato è strettamente lo stesso di  James Hetfield, ma anche le strutture e la riffica fanno il verso agli americani. Nonostante ciò la musica è affascinante e funziona, pur non stabilendo nuove coordinate del thrash.

L’apripista title-track ‘THE UNKNOWN’  è una darkeggiante nenia metallica che trasporta in una atmosfera senza luci, compressa e goticamente melliflua. Un altro episodio interessante è la collosa ‘AT MIRROR’S SPEECH’, densa, a progressione lenta, in cui voce e cori hanno una cadenza dura e cattiva. Poca irruenza in questo album dove la velocità non è la norma, ma tra le migliori incontriamo l’accelerazione incombente di ‘OUT OF SIGHT’ che travolge e convince, non scatenatissima, ma tirata sufficientemente perché possa far scapocciare a dovere. Tra le velocizzazioni va segnalata la dinamica ‘BALANCE OF TIME’ davvero efficace, con una certa epicità di fondo. Non veloce, ma una bella cadenza ritmica per l’ottima ‘BEGINNING OF THE WORLD’ che accenta l’ascolto permettendo all’ascoltatore di percepire meno angoscia sonora e più verve rockettara con nel finale un crescendo atmosferico che amplia il quadro dipinto; il tutto un po’ Testament.

Ma la migliore traccia è quella simil-ballata, che ricalca stilisticamente proprio le ballate dei Metallica, quelle dal puro spirito metal che abbandonarono le scelte pop di tanti metallari del passato nella creazione di un brano soft. Si tratta di ‘WHEN MORTAL COILS SHED’ che infatti non ha alcuna originalità di genere ma una perfetta trovata melodica e d’arrangiamento che la fa essere bellissima, ricordando però anche certe escrescenze dei Metal Church, in una raffinatezza che ben si collega all’animo duro.

Tra i brani minori ‘The Mask we Wear’ (troppo scopiazzatura dei Metallica) e l’elefantiaca ‘Monolith’ che sembrano una prosecuzione della prima traccia, senza dare nulla di più, e poi il vero filler nella debole ‘Reap what You sow’.
L’album è abbastanza asciutto stilisticamente, il muro dei riff non permette ariosità o inserti troppo delicati. Inoltre non ci sono stravaganze né  eccentricità fuori dalle righe, la scrittura è seriorissima. Il genere spesso appare come un thrash-doom, ma non mancano alcuni passaggi che derivano dal Grunge, di sicuro la mentalità alla Metallica è la base su cui si fonda il loro sound, e non è certo un elemento che viene nascosto. Stesse vocalizzazioni, stesso modus operandi, cercando semplicemente di fare canzoni che non siano plagi.
Chitarra solista che non straripa ma funziona, e invece più studiato il drumming, in grado di essere valore aggiunto. E senza toccare apici artistici alti, il disco riesce a dare emozioni e piacere, in un ascolto introspettivo ma anche fisico e adatto a sudare. Insomma un disco da godere con calma e che si attesta tra le cose medio alte dell’anno.

Roberto Sky Latini

 

The Unknown
The Mask We wear
Monolith
When Mortal coils Shed
Slepless Eyes
Out of Sight
At Mirror’s Speech
Reap what You sow
Beginning of the End
Balance of Time

Ol Drake – vocals /guitar
Adam Smith – guitar
Joel Graham – bass
Ben Carter – drums