Arch Blade

Kill the Witch

Quando l’aura  vintage diventa un valore aggiunto ci si diverte ed il piacere è assicurato. E’ quello che succede con gli Arch Blade, americani con singer ucraino, di sincera fede metallica.

E’ quello che si evince dall’ascolto del disco, davvero suonato alla maniera che ricorda soprattutto i mitici anni ‘82/’83, sia per le idee espresse, sia per la produzione tecnica un po’ grezza. L’armamentario ideativo e tecnico discende dalla NWOBHM con escrezioni soprattutto Speed quando accelera, ma anche thrash, seppure in maniera molto minore. Preponderante l’Heavy Metal tradizionale, ma inspessito da input storici successivi. Una mente troppo raffinata forse non lo apprezzerà, ma un rude metal kid potrà giovarsene.La durezza veloce di ‘TYRANT-RHAPSODY’ si inalbera con l’acidità dell’ugola che non si risparmia, anche se il ritornello preferisce stemperarsi in un allegra orecchiabilità, che però rimane rockettara. Un altro momento ficcante è la title-track ‘KILL THE WITCH’ dal riff meno standard, ma anche colorato di uno sviluppo melodico interessante, che in qualche modo è originale, mantenendo in ogni caso tonicità e pressione; senza contare che gli assoli non vanno in secondo piano.

La massiccia ‘BREAK THE SILENCE’ combatte una battaglia sonora epica. Ma la violenza aumenta di livello con il puro Thrash di ‘TOUCHED BY DEATH’ che fa venire in mente i Dark Angel; un bel pezzo rutilante che schizza via disinvolto con sezioni ben intersecate fra loro. Brano particolare è ‘Factory of Sin’ che gioca in campo Street-Metal, con una certa legnosità del rifframa che però sta benissimo nell’accostarsi alla linea vocale. In una band come questa la ballata poteva far storcere il naso, invece ‘House of Dreams’ è decente, non dà vita ad una grande atmosfera ma funziona ed è una soft-song del tutto metallica, completata da un assolo teso e da un senso corale finale. Non abbiamo momenti di stanca, la fruizione è piena di rivoli attrattivi. I giri riffici sono classici, parecchio derivativi, ma miscelati per funzionare a dovere. La sei-corde solista si dà da fare per fornire elettricità e dinamismo, dilungandosi anche più del dovuto solo per blandire l’ascoltatore che può godere di tali lame, e anche formando delle circonvoluzioni a doppia chitarra.

In determinati pezzi molto si sentono gli Iron Maiden ma non è una presenza univoca, infatti molte di più sembrano le tendenze, pur in una stilistica ben personalizzata, tra cui i Judas Priest per via di certe riffiche associate ad alcuni passaggi vocali infuocati, ma anche alcuni passi alla Warlord o primi Savatage. La verve speed sembra simile a quella dei belgi Killer, in realtà non è proprio così in quanto la forma è meno semplicistica. Il cantato un po’ roco e graffiante non è raffinato ma riesce a utilizzare melodie variegate, evitando la banalità; in alcuni casi sfiora il carattere di Tim Baker dei Cirith Ungol. Non è una voce virtuosa ma sa cambiare quando serve, quindi evita di apparire piatta. La costruzione generale è efficace anche se il gruppo rimane un minore, ma un minore intelligente, non scarso, che sa mettere insieme tutti i segmenti con la bravura concettuale di chi ha compreso perfettamente la materia, anche se gli arrangiamenti non sono sempre perfetti. Filler non ce ne sono quindi è un lavoro gustabile, idoneo al metallaro che ama le vecchie cose, ed è ciò che conta. Sembra di tornare piacevolmente indietro nel tempo.

Roberto Sky Latini

Abduction
Nightbreed
Tyrant Rhapsody
Kill the Witch
Factory of Sin
House of Dreams
Break the Silence   To
uched by Death
Queen of the Damned
Under the Mask

Denys Podmazko – vocals  ucraino
Big Rob Villarreal – guitar
Robert Villarreal – guitar
Nigel Caicedo – bass
Al ‘Mayhem’ Mendez- drums