DØDHEIMSGARD

Black Medium Current

Capita a volte di approcciarsi ad un ascolto con le idee ben chiare in testa perché so conosce già il singolo artista o la band da recensire e non è raro trovarsi, invece, dinnanzi a qualcosa di veramente spiazzante o comunque non affatto in linea con i propri pensieri e le proprie idee in merito: sono questi i momenti più complessi, perché sei necessariamente costretto a resettare tutto e a porti in ascolto con un nuovo spirito.

Tutto ciò è quanto mi è accaduto ascoltando l’ultima fatica in studio dei Dødheimsgard: Black Medium Current. Questo disco arriva come un fulmine a ciel sereno poiché dei Norvegesi sì erano perse le tracce nell’ormai lontano 2015, anno di uscita di A Umbra Omega: un album stratosferico, capace di andare oltre il black metal, oltre l’avantgarde black, oltre la psichedelia trasposta in ambito metal, oltre un bel po’ di cose, tanto da essere considerato il loro capolavoro e un disco a cui guardare quando si decide di abbattere ogni confine.Black Medium Current non è molto differente, negli intenti, dal precedente e dal mood che ha caratterizzato tutta la carriera dei nostri; otto anni sono tanti, così come può essere tanta la pressione cui i musicisti stessi possono sottoporsi sapendo di aver dato alla luce un capolavoro come A Umbra Omega, invece Vicotnik e soci non si sono affatto adagiati sugli allori o lasciati spaventare dalla loro stessa creatura e sono riusciti a forgiare un altro disco-capolavoro capace di vivere di versatilità e risultare coerente al tempo stesso, vivere di violenza e risultare, nonostante tutto, carezzevole, vivere all’interno di un viaggio interstellare e risultare comunque ben ancorato a terra.È davvero complesso riuscire a descrivere questo ultimo capitolo dei Dødheimsgard perché le iniezioni musicali che si incrociano sono davvero tante e sono tutte messe al punto giusto e al momento giusto, tanto che non è affatto difficile riuscire a passare da un tipico momento black metal ad un momento in cui è la psichedelia a prendere il sopravvento e, nel mentre ci si sta ancora adattando al cambio di direzione, ecco sopraggiungere un altro cambio stilistico che vira verso momenti ed atmosfere circensi o alternative rock: sembra di osservare uno di quei quadri del realismo Ceco in cui si trova riprodotto il ghetto ebraico e all’inizio osservi solo un mucchio di case e casette addossate le une alle altre con il loro tipico Skyline appeso, ma se ti avvicini e osservi meglio, ti rendi conto della miriade di dettagli che caratterizzano quei dipinti; il paesaggio resta sempre sghembo, cadente e sgangherato ma assume un fascino completamente diverso perché i dettagli riescono a donare a quelle figure decadenti un’alone di magia e di bellezza misteriosa.

È esattamente ciò che accade ascoltando Black Medium Current: un disco che fa della decadenza il suo filo conduttore, un disco che guarda alla volta celeste per scandagliare in realtà le profondità dell’animo umano, ed esattamente come l’animo si presenta mellifluo e sfaccettato, questa ultima release dei Norvegesi, si presenta articolata, ricca di sfumature, decadente, animata e totalmente precaria; attenzione però, in questo caso la precarietà non è data da una povertà di scrittura o da una scrittura pedestre, qui la precarietà è parte delle atmosfere e sottolinea in maniera perfetta ogni cambio ed ogni emozione, esattamente come la precarietà agisce all’interno del nostro essere.
I Dødheimsgard riescono nuovamente a tirare fuori dal cilindro un altro coniglio bianco e lo fanno andando a pescare la lezione di un sacramento della musica: Richard Wright! La sua lezione all’interno delle opere dei Pink Floyd non è passata inosservata da queste parti, anzi Vicotnik ha fatto tesoro delle capacità di creare tappeti sonori, momenti di ambiente e folli inserti psichedelici del maestro inglese e, nel processo di scrittura e costruzione dei livelli musicali cui fanno capo gli splendidi arrangiamenti che caratterizzano questo platter, ha saputo trarre il meglio per sé e per ciò che sentiva di dover dire, riuscendo a rendere atmosfere complesse, semplici e accattivanti e quindi andando ad aggiungere un quid a tutto il comparto compositivo, in grado di elevare ogni singolo momento. In tutto questo, sempre restando in casa Pink Floyd, non rare sono anche le digressioni nel campo che teneva di più verso il simbolo della psichedelia: Syd Barrett! Non è affatto raro, infatti, confrontarsi con armonie care a colui che ha saputo far arrivare i Pink Floyd nel mondo dei grandi. Black Medium Current non ha paura di esporsi, non ha paura di risultare complesso, istrionico e grottesco perché sa di essere un disco ben congeniato e ben scritto, capace di interpretare le variazioni dell’anima e delle visioni che le stesse comportano andando a gettare ulteriore luce sulle capacità interiori su cui l’uomo può contare per farne un punto di forza. Non sarà affatto semplice non sentirsi trascinati da un parte all’altra, musicalmente parlando, e riuscire a trovare un equilibrio dipenderà solo dalla vostra predisposizione e dalla capacità di ascoltarvi, perché ogni atmosfera, soprattutto quella più giullaresca, cercherà di ghermirvi ma se vorrete godere a pieno della grandezza di questo disco, dovrete dare importanza a tutte le mutazioni di cui esso è capace.

Un disco che non è assolutamente da primo ascolto e che necessita di una certa dedizione e mente aperta e un po’ contorta, un disco che ricorda, a livello di mood e di instabilità emotiva, un po’ La Masquerade Infernale degli Arcturus, così come il successivo The Sham Mirrors per la sua concretezza eclettica, ma è un album in grado di offrire grandi soddisfazioni, ottimi spunti di riflessione, soprattutto se siete musicisti, e la giusta dose di follia: consigliatissimo.

Daniele “Darklordfilthy” Valeri  

 

Peaceville Records
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Et Smelter
Tankespinnerens Smerte
Interstellar Nexus
It Does Not Follow
Voyager
Halow
Det Tomme Kalde Mørke
Abyss Perihelion Transit
Requiem Aeternum

Vicotnik – vocals and guitar
L.E. Måløy – bass
Tommy “Guns” Thunberg – lead guitar
Myrvoll – drums