DBDTRIO

Bridge The Gap

Questa recensione potremo intitolarla “il disco che non ti aspetti”.

“Bridge the Gap”, il titolo del lavoro che vado a presentarvi, è in assoluto il debutto discografico del DBD TRIO con il quale il batterista Matteo Dragoni, il bassista Matteo Bassi e il chitarrista Lorenzo De Angelis si cimentano in un disco composto da otto canzoni originali tutte strumentali, che vertono tutte verso una fusion “intercambiabile”, se così si può dire. Questa secondo me è uno degli aspetti che fanno di questo disco una delle cose più belle ascoltate finora.Pur trattandosi di musica strumentale  questo lavoro è stato ben congegnato in modo che tutto funzionasse sin dal primo ascolto, ed effettivamente debbo dire che mai scelta fu più giusta, perché questo è un disco che si ascolta che è un piacere e si percepisce subito che è stato realizzato con grande minuziosità e passione. Sopratutto la passione è quella cosa che fa muovere il tutto, c’è grande cuore in questo disco e soprattutto non ci si annoia mai: quando il disco finisce, si ha voglia  subito di ricominciare di nuovo. Fatto questo, il lavoro, come ho detto prima, consta solamente di otto brani tutti diversi l’uno dall’altro. Sì, perché non si può dire che esso appartenga ad un genere piuttosto che ad un altro: ci sono tutti. Anche se  qualcuno sarà più portato verso un genere piuttosto che un altro, sicuramente  ascolterà tutti gli altri pezzi.

È sorprendente, ad esempio, la duttilità nello stile dei tre componenti che si adattano perfettamente l’un l’atro a seconda del genere che prendono in considerazione: l’esposizione chitarristica, ad esempio, fatta di precisione ed equilibrio perfettamente calibrate tra loro, si sposano a pieno con l’estro delle linee di basso e l’estrema precisione e la musicalità della batteria.Questo è uno dei tanti punti a favore di questo disco: nessuno dei componenti, nella loro bravura, travalica i ruoli dell’altro e la produzione pur se non perfetta rileva tutto questo e l’attenzione al lavoro degli altri è un valore aggiunto.

Parlando delle canzoni invece  si inizia subito  alla grande con il brano introduttivo: “Magnificent Desolation”, dove le atmosfere del basso riescono a creare questa sensazione immaginifica che riesce ad imprimerti nella mente un’immagine desertica: non a caso, Matteo Bassi e Lorenzo De Angelis hanno inserito la voce di Buzz Aldrin alla fine del brano, in cui, parlando del deserto lunare, descrive il tutto come una “Magnifica Desolazione”.Come detto ce ne per tutti gusti in questo disco e, se scorriamo più giù, dopo il primo brano pieno di energia “Come Back” incontriamo subito uno dei pezzi a mio avviso più evocativi ed emozionali, ovvero “Earth’s Scream”, un blues dal grande pathos in cui la chitarra elettrica di Lorenzo De Angelis sfodera un assolo a mio avviso molto degno di nota.

Dopo la movimentata “Rock’n’roll Boiler”, arriva a riscaldarci un momento d’intimità con “Please Let me sleep”, brano intimo e tranquillo, dove la chitarra acustica e il fretless  portano l’ascoltatore verso un piano più emotivo e riflessivo (e dove, conoscendo da tempo Lorenzo e avendolo visto crescere, posso affermare che esprima “in toto” la sua essenza).

La canzone clou del disco, che è tutta un programma a partire dal titolo, è rappresentata  da “Path”, il quale fa intendere sia il “sentiero” che ognuno dei musicisti (così come ognuno di noi) sta percorrendo, che un amore incondizionato da parte del trio verso Path Metheny. Un pezzo da ascoltare con attenzione, soprattutto per l’assolo del pianoforte, dove registriamo una featuring con Edoardo Petretti, pianista e arrangiatore.

Non è l’unica featuring del disco perché nella canzone “Black Forest”, brano dal sapore progressive, partecipa anche la pianista Licia Missori, pianista con vari album solisti all’attivo, in questa occasione ai synth, sia nella parte ritmica che solista.Qui degna di nota è la performance di Matteo Bassi al basso (scusate il gioco di parole, ma non è assolutamente voluto). Veramente bello il “botta e risposta” tra basso e chitarra, dove però, a farla da padrone, è la batteria di Matteo Dragoni.Nota di merito doverosa va a “Domenico”, brano intimo e melodico. Questo è decisamente un brano emozionante!!! Stupendo!

Qui il lavoro più grosso è svolto dai due con chitarra e basso, che dialogano seguiti dalla batteria, che inizialmente percuote in maniera semplice e dinamica il bordo del rullante per poi gradualmente esplodere assieme ad uno degli assoli di chitarra più belli del disco. Brano che si conclude con una risata evocativa che, immaginiamo appartenga al “Domenico” protagonista del brano. Caratteristica, questa, che rende ancor più struggente sia il brano che il disco in sé e per sè.In conclusione “Bridge The Gap”, pur essendo un debutto discografico, rappresenta tutta l’essenza dei musicisti di questo gruppo: un disco che sprizza positività da tutti i pori, pieno di emozioni, che saprà farvi riflettere su cosa realmente conti nella vita. Non c’è bisogno che sia sempre la voce di questo o quel cantante a toccare le corde dei cuori, anche gli altri strumenti se suonati nel modo giusto hanno la capacità di toccarci il cuore: cosi è stato con questo disco. In inglese il titolo del disco significa  “Colmare la distanza”, un aspetto divenuto sempre più in evidenza nei tempi che stiamo vivendo, ma anche un “Colmare un vuoto” che potrebbe essere quello del nostro cuore, che solo noi sappiamo con cosa si potrebbe colmare.

Forse il cuore di ogni componente di questo trio è stato colmato da questo disco, che ha, oltre il grande cuore, una grande anima.

Stefano Bonelli

Magnificent Desolation
Come Back
Earth’s Scream
Rock ‘n Roll Boiler
Please, Let Me Sleep!
Path (feat. Edoardo Petretti)
Black Forest (feat. Licia Missori)
Domenico

Matteo Bassi – bass
Lorenzo Pikkio De Angelis  – guitars
Matteo Dragoni – drums