Chronosfear

The Astral Gates – Pt.1: A Secret revealed

L’italica saga del Power Metal espresso dai Chronosfear prosegue e non manca di toccare i punti nevralgici di chi ama questo genere. Ci sono cioè toniche escrescenze che non possono passare inosservate, offrendo piacere e  gustosi quadri descrittivi.

Dopo ‘2101: Ruins of our World’, un intro maestoso ma anche dallo spirito misterioso, è la velocità di ‘FAITHLESS TIMES’ a colpire subito in maniera martellante; questi è un pezzo classicissimo che fonde la potenza metal con le ondate sinfoniche, e risulta in linea con il mondo già esistente di questa musica, senza alcun elemento di novità stilistica, pure con una energia ed una forma che la rende bella canzone degna di essere ascoltata più volte, con una sottolineatura della parte solista che appare studiata con estrema cura per dare quell’accento raffinato in più. Il bel ritmo cadenzato di FOR A NEW TOMORROW’, sempre dentro l’alveo sinfonico, immette in una traccia di maggior valore compositivo, forse la migliore del lotto, il cui riffing più scuro e tenace avvolge una linea melodica più leggera ma di forte appeal tenendo l’ascoltatore felicemente avvinto; e il pianoforte è un valore aggiunto che aiuta a terminare la strofa finale del cantato in maniera più caratterizzata e ulteriormente funzionante, e l’insieme neo-classico risulta vincente e pieno di  esuberante evocatività.

‘EYES OF THE WOLF’ usa un senso più introspettivo alla Kamelot, con una esposizione teatrale molto carica, per un ottima riuscita umorale e il basso dà vita ad una suadenza che in tutta la parte solista è anima e corpo, e poi il passaggio dalla chitarra alla tastiera è degna delle belle trovate alla Deep Purple, davvero un momento alto. ‘THE FORTRESS TOWER’ dà fondo a tutta la potenza di fuoco possibile con un veloce rutilare del tutto anni novanta ma con una verve che mescola frizzantezza e virilità, per un altro brano irresistibile e senza difetti che con i tre precedenti appena citati fa poker ammazzatutti.  Non mancano gli influssi Rhapsodiani come nella epica ‘Under this Bleeding Sky’ dove strofe meno canoniche avrebbero meglio figurato, inserite in una massiccia potenza che invece è perfettamente ficcante e tiene alta la fiaccola del metallo altisonante. ‘Fragments’ insegue l’orecchiabile afflato commerciale con la propria affinità all’AoR, che però nell’arrangiamento acquista una forma pompata e corposa, e nel suo duettare maschile/femminile riesce comunque a farsi accattivante e intrigante come un brano che sa usare il giusto tasto emozionale. La ballata ‘The World I left Behind’ vuole terminare con grande maestosità e funziona, anche se non esce da un retrogusto già sentito, sicuramente è ottima per chi non ha all’attivo molti ascolti della storia musicale.

Un lavoro che scintilla anche se alcuni brani non emergono del tutto sopra il già vissuto. Un’opera che rientra tra le ottime performance italiane, ma non all’apice come altri dischi contemporanei invece sanno fare. La tecnica non è in discussione, e nemmeno l’eleganza esecutiva. Tra drumming ricco, variegato e trascinante, voce di classe, chitarre piene di rivoli torrenziali e tastiere davvero ricche di anima, si evince un arrangiamento parecchio comunicativo, quando enfatico, quando più elegiaco. La bella vocalità non preme per urlare virtuosismi eclettici, ma si stende su melodie addensate spesso dalle tastiere in cui però l’ottima prestazione non canta linee studiate per cercare di staccarsi dalla consuetudine, mancando a volte di quel quid compositivo in più che avrebbe fatto notevole differenza per aumentare il tasso qualitativo di questo album (vedi ‘The Astral Gates ‘ e ‘ Beyond’).  Attenzione, questo disco è testimonianza in ogni caso di abilità, si tratta di musicisti che sanno gestire il materiale, con anche punti creativi di spessore. La composizione presenta maggiore personalità nelle escursioni strumentali e strutturali che in quelle della melodia, dove a volte (e ripeto “a volte”) ci si accontenta, ma non certo per colpa dell’ugola che dalla sua non presenta invece difetti. I Chronosfear, attivi discograficamente dal 2013, sono solo al secondo full-lenght e però possono fregiarsi di una postazione importante, trovandosi già nella tradizione italiana d’eccellenza, senza nulla da dover invidiare a questo mondo pieno di full-lenght valoriali, e quindi concorrendo ad armi pari con tutti gli altri guerrieri Power.

Roberto Sky Latini

2101: Ruins of Our World – Prologue
Faithless Times
For a New Tomorrow
The Astral Gates
Under This Bleeding Sky
Paralyzed – Interlude I
Beyond
Fragments
Code Red – Interlude II
Eyes of the Wolf
The Fortress Tower
The World I Left Behind

Filippo “Fil” Tezza- vocals
Frank Campese – guitars
Davide Baldelli- keyboards
Xavier Rota:- bass
Michele Olmi- drums