Chronomaster Project

The Android Messiah

I dischi metal odierni dimostrano spesso che si può dare qualcosa in più a generi già ipersfruttati, ma bisogna avere personalità. Il progetto Chronomaster ha questa caratteristica forte, una densità espressiva di ottimo livello dentro un Heavy Metal melodico già chiaro nei suoi connotati tradizionali, eppure vincente.

Power metal con una tonica caratterizzazione grazie al songwriting, ma anche e soprattutto al comparto voci che è molto carico, piuttosto in “grassetto”. Il metal che si presenta è raffinato e ricercatamente enfatizzato, ed è il chitarrista ritmico Jamundo ad aver composto la maggior parte della musica. mentre  Fabio Rancati ha creato la storia .

‘THE MISSION’ è un brano dinamico nei suoi cambi di ritmo, fresco e accattivante nella melodia e nell’arrangiamento, dove la vocalità è il centro della propria essenza. La maggior durezza presentata da ‘THE END OF MY WORLD’ non rinuncia comunque all’appeal orecchiabile; si tratta forse del miglior pezzo dell’album, in questo caso con una voce ancora più esuberante che pare volersi enfatizzare con le sue cadenze eccitate, e dentro il cantato non mancano alcuni passaggi interpretati più alla maniera delle boyband, senza però apparire fuori luogo, e facendo rimanere il brano bello ficcante. Altro episodio di alto livello è l’orientaleggiante ‘THE ANCIENT THRONE OF TESSEV V’, cantato alla Cristina Scabbia, con un abile fascino estremamente suadente, sebbene anche con una grinta bella tosta (troviamo anche del sano growling); da sottolineare l’essenza dell’assolo tastieristico che ricorda fluidamente il suono magico di ‘Gates Of Babylon’ dei Rainbow (’78). Il senso caricaturale più esplicito dell’ugola emerge nell’interpretazione del brano epico ‘THE LAST MAN OF ICE’, dalla verve più scura rispetto alle altre tracce; il tutto reso positivamente in senso teatrale, con una densa tensione estetica che rende bene anche le vibrazioni emozionali. L’intro strumentale della muscolare ‘IN HOC SIGNO VINCES’, accompagnato sinfonicamente dall’organo e dai cori lirici dura ben un minuto e mezzo, poi  il riff ossessivo apre ad una voce anche qui molto eccentrica ed ipertonale, e diventa altrettanto ricchezza espressiva ma c’è anche l’assolo più aggressivo di tutto il lotto.

Più ‘normale’ in senso gotico, ma non scontata, la melodicissima ‘We came in Peace’ la cui voce femminile della Somerville, in questo caso gestendosi alla Evanescence, scorre passionale e ineccepibilmente funzionale; brano minore solo perché ve ne sono altri di maggior spessore. Anche ‘Generation Clash’ e ‘Revenge of the Last’ fanno la loro bella figura grazie ad una carica bella spessa. Si scende dal piedistallo sonoro solo all’ottava traccia ‘The End of your World’, dove la qualità non è più quella (anzi va considerata un filler) spendendosi in una ibridazione Pop/AoR commerciale non perfettamente riuscita e anche scontata in vari passaggi, sebbene mantenga un arrangiamento acceso. E anche la successiva suite ‘Nothing left to lose’ non ha la stessa marcia delle altre, salvandosi solo perché ha un assolo shredding e soprattutto per un finale in crescendo che termina in maniera accalorata il viaggio musicale intrapreso. Non si tratta di gestione strumentale o calo di tecnica, ma la scrittura lineare di quest’ultimo momento diventa meno interessante. Ciò non abbatte l’album che rimane una felice intuizione.

Il metal italiano melodico respira di vita propria, a volte si rigira fra elementi un po’ scontati, ma spesso si autoalimenta generando lavori che trovano ispirazione nel campo che ha prodotto già opere d’arte. E così ogni tanto torna a sorprendere, come in questo caso. La musica melodica che vive in questo disco ha certamente anche rivoli progressive, ma esso non viene esplicitato in modo eccessivo, cercando più le linee melodiche che le inondazioni strumentali, pure strumentalmente l’insieme è ricco, pieno di trovate che donano vigorìa alle composizioni.  L’approccio dei cantati in questo lavoro è tirato, piuttosto corporale pur non mancando di raffinatezze delicate, aumentato insomma di portanza, in qualche caso una timbrica esagerata ma l’esagerazione è utilizzata come mezzo necessario. Ottima perfomance che ha gettato nella mischia un progetto significativo e utile all’evoluzione del genere.

Roberto Sky Latini

   

The Mission (feat. Mark Boals)
The End of my World?
The Ancient Throne of Tessev V (feat. Vicky Psarakis)
The Invader’s Chronicle Part 1: We came in Peace (feat. Amanda Somerville)
The last man of Ice (feat. Snowy Shaw)
The Invaders Chronicle Part 2: In Hoc signo vinces (feat. Guianluca Mastrangelo)
Generation Clash (feat. Mike Mills; Chris Boltendhal)
Revenge of the Last (feat. Nina Osegueda)
The End of Your World
Nothing left to Lose (feat. Marcela Bovio)

Enrico Scutti – vocals
Luigi Lamundo – guitar
Leonardo Porcheddu – lead guitar
Lele Mr.Triton – keyboards
Giorgio Novarino – bass
Carlos Cantatore – drums