Browbeat
Unbreakable
Si alzano nuvole di polvere sulla lunga strada che ci porta verso l’inferno. Chilometri di asfalto, mentre ai lati la terra è rossa e la vegetazione brulla. Siamo arrivati in Messico, un viaggio senza fine, accompagnati fedelmente dalle note del nuovo album dei Browbeat.
La band nostrana non ha assolutamente perso l’energia, quella con cui abbiamo imparato a conoscerli. Per chi non conoscesse la band, si tratta di una formazione emiliana attiva dal 1998. Dopo un paio di album, che hanno riscosso ottimi consensi, la band ha preso una lunga pausa riflessiva per poi rimettere in moto la macchina nel 2017 e nel 2019 viene alla luce “Remove the Control”.“Unbreakable” invece è il titolo del nuovo album. Devo dirvi in anticipo che anche questo nuovo album mi ha convinto. Il loro sound nonostante sia più maturo ha mantenuto il trademark, accostato a band quali: Converge, Biohazard, Slayer, Crowbar, Hatebreed, Madball, Agnostic Front, tuttavia tra una traccia e l’altra saltano all’orecchio altre sfumature, i tempi sono cambiati e siamo pronti a nuove soluzioni.
“The Misers” ha il duro compito di fare gli onori di casa, la canzone che apre le danze mi è piaciuta molto, rispecchia molto bene quello che è il sound della band. Dopo un intro di calma quasi piatta, sfuriate hardcore, prima di fare spazio a un mid tempo che ci prende sotto braccio e ci accompagna alla fine, un vero massacro!Ci si continua a far male, è il momento della temibile “The Real Face”, con riffs energici di scuola thrash.Da subito devo dirvi che la produzione dell’album mi è piaciuta parecchio, in grado di celebrare le intenzioni della band, potente ma al tempo stesso trasparente. I Browbeat sanno suonare e molto bene, “Empire on Fire” e “Condemned to Fear” confermano quanto detto, c’è ritmo, groove, violenza sonora. Le canzoni hanno una durata media di 3:30, scelta che condivido, i Browbeat picchiano duro, ma hanno scelto di metterti al tappeto al primo round. “Loud Voices” un riffs di matrice Slayer, si insinua come un serpente in cerca di una povera preda, la band ha alzato il piede dall’acceleratore ma la rabbia non manca mai.
Superando la metà di “Unbreakable” sono sempre più convinto che questo è un ottimo ritorno, felice di sapere che band come i Browbeat sono ancora in circolazione. “The Slothful” si aggiunge con decisione all’omogeneità del disco, la band resta ancorata al genere e lo fa sempre molto bene.I riffs sono sempre molto potenti, granitici, inutile dire che il genere richiede questi suoni, con la complicità di una sezione ritmica micidiale. “The Call Of Falldown”, ancora un’ottima prova dei Browbeat che si cimentano anche in soluzioni modern, esperimento riuscito. C’è ancora spazio per un paio di canzoni prima di chiudere le ostilità, la prima di queste, dal titolo “Disconnection” esordisce con un arpeggio/intro che non lascia presagire a nulla di buono, sono certo che di lì breve ci troveremo di fronte a una catastrofe sonora, non mi sbagliavo, poche note e i Browbeat sono nuovamente tornati a distruggere tutto.
Mi congedo da questo “Unbreakable” con una piacevole sorpresa, la cover dei grandi Madball “Hold It Down”, i Browbeat hanno reso omaggio alla band newyorkese, facendolo in modo perfetto, aggiungendo un po’ di cattiveria e un ingrediente non troppo segreto, la passione!
Sinceri complimenti ragazzi, avanti così…
Trevor