Blood Star
First Sighting
Dopo l’ep ‘The Fear’ del 2020, ecco il primo full-lenght, e la qualità è assolutamente presente, pur navigando in mari vintage.
Heavy Metal legato molto strettamente alla N.W.O.B.H.M. e comunque al sound inglese pur essendo una realtà del metallo americano. Anima rockeggiante e strutture fruibilissime arrivando in maniera diretta all’ascoltatore, senza avere la canzoncica semplice. Si sente una ispirazione passatista che però viene gestita sentitamente, dando all’interpretazione l’angolazione giusta. E così il disco è in grado di piacere senza farsi mera copia dei tempi antichi.
L’apripista ‘ALL FOR NOTHING’ scorre fluida, e tiene acceso l’interesse per tutto il tempo della traccia, attirando subito grazie alla sua spontaneità. Stessa cosa avviene per la ruscellante, parzialmente in stile Diamond Head, ‘FEARLESS PRINCELESS’ che supera in feeling il pezzo precedente. ‘COLD MOON’ è un eccellente episodio epico, con un pathos dalla verve metallica che sa avvolgere e irretire; dentro c’è qualcosa dei Maiden, però poi per la fase solista si esprime un riff che deriva apertamente dai Thin Lizzy. ‘No One Wins’ e la power ‘WAIT TO DIE’ hanno entrambe la struttura e l’attitudine alla Motorhead, levigando i suoni e ampliando lo schema canoro, ma sotto si sente che l’ispirazione viene da lì; e la resa è personale pur lasciando che quel gruppo traspaia nettamente.
In ‘The Observers’ c’è un filo di americanismo alla Blue Oyster Cult, infatti il pezzo si rifà alla leggerezza elegante di quel gruppo statunitense sia per arrangiamento che per magia vocale, stavolta maschile (comunque vi si infila anche quella femminile). Invece in ‘Going Hone’ il ponte soft centrale è ben evidente che sia stato preso da ‘Crusader’ dei Saxon. L’acusticità di ‘Dawn Phenomenon’ è interessante, ma pare un errore per due motivi, il primo è che sembrava poter essere approfondita, l’altra è che era perfetta per essere un crescendo iniziale di una canzone, mentre come traccia a sé non appare esaustiva; ad ogni modo da essa traspare una capacità intuitiva che rende merito alla portanza artistica del gruppo. Nessun filler avendo anche i brani minori la stoffa per farsi notare.
La sezione ritmica, in particolare nel drumming, è sciolta, lineare ma efficace, proprio quella che ci voleva; è il senso che fa muovere sempre piede e testa. Il basso poi si prende anche momenti per farsi notare, e bene fa visto che funziona, anzi, lo si fa troppo poco. L’ugola femminile, che è quella a cantare la maggior parte delle canzoni , è densa e possiede la bravura di avvolgere con calore come rendersi più aperta e ficcante, senza mai renderla aggressiva pur con alcune escrescenze simil-roche, ma potente sì. La chitarra ritmica produce riff non corrosivi, facendo parte di quel metal di vecchia data che aveva in tale suono una arrembanza meno cattiva ma più corposa ed avvolgente. La band è in grado di frenare e riprendere l’andamento quando serve, immettendo nelle linee melodiche e nella struttura i necessari accorgimenti perché non si perda il filo né si prolunghino le sezioni perdendo tono.
Più volte dei pattern riffici sono chiaramente estratti da canzoni conosciute, ma siccome c’è l’intelligenza di legarle ad altro non si costruisce plagio o mera scopiazzatura. Per quanto non ci sia nulla di rivoluzionario, c’è un livello creativo che rende degno questo disco di essere apprezzato senza mai che si possa storcere il naso. E’ l’esempio di come il vero metallo non possa morire mai, e di come tale musica porti con sé quasi sempre una espressività difficile da abbattere. In generale, l’innovazione non è sempre di alto livello, e la riproposizione del vecchio modello non è sempre di basso livello. Qui il vecchio modello vince senza tanta fatica, poi potrete trovare maggiore personalità altrove, ma qui trovate comunque buona musica.
Roberto Sky Latini