Beriedir

Aqva

Suoni puliti e chiari per una Power-band italica con anfratti sonori di tipo Progressive. Il primo album, ‘The Path beyond the Moon’ del 2018, aveva la stessa anima e però una impostazione più prettamente heavy, qui invece è maggiore la raffinatezza e si possiede anche la maturità di migliorare la propria essenza artistica, senza perdere un grammo di incisività, anzi potenziandola.
Il lavoro liricamente si rifà all’acqua ed ogni canzone ne parla portando descrizioni diverse e insieme significative. Il moniker è preso dalla lingua elfica di Tolkien, dove il significato è “Guardiano”. La fruizione non permette momenti di ristagno grazie ad una eccelsa intelligenza scritturale pur nella tradizione; il tutto risulta molto ficcante. Si ha l’impressione di vivere una bella avventura che ridà energia ad un genere ultimamente meno reattivo nei prodotti, pur buoni, di vecchie glorie, rinverdendolo. Si percepisce uno spirito di giovinezza adolescenziale in senso positivo, cioè senza ingenuità banalizzanti. E’ una bella bevuta di, appunto, acqua rigenerante che fa venire voglia di dissetarsi alla stessa sorgente riascoltandola.

‘AT CANDLE LIGHT’ fornisce subito, all’inizio di album, un’aria frizzante dall’atmosfera limpida anche se nella parte strumentale, tra le parti cantate, viene scurita leggermente l’atmosfera. La minisuite ‘THE DOVE AND THE SERPENT’ aumenta il tasso epico del disco con un pezzo enfatico che però rimane fluido e scorrevole come il resto, evitando orpelli artificiosi; qui meno velocità come ritmo, ma egualmente tonico l’nsieme. L’epicità è chiara anche in ‘MOONLIGHT REQUIEM’ emanante una fragranza che profuma di purezza cristallina pur nel ritmo arrembante alla Hammerfall. ‘THE ANGEL IN THE LIGHTHOUSE’ possiede afflati luminosi che ricordano i Rush, con quella nettezza tecnica che era la loro tipica caratteristica. ‘ARKANGELOS’ gioca una carta più metallica nella vocalità ma si espande anche con parti morbide sorrette da un tappeto tastieristico che si pone in contrasto con la durezza.

Le tastiere hanno sicuramente un ruolo importante ed ampliano le condensazioni dell’arrangiamento donando sinuosità e potenza parallelamente al rifframa chitarristico. La sei-corde infatti predilige la ritmica agli assoli. Effettivamente in alcune song poca è la presenza di parti soliste, in altre invece si trovano escursioni virtuosistiche di ampio spazio. La voce non è aggressiva ma riesce ad essere incisiva tanto quanto le altre sezioni strumentali. L’ugola appare insomma sempre in grado di gestire la propria verve espressiva con la giusta dose di melodiosità e vivacità, pur senza mai arrochirsi o indurirsi particolarmente; una vocalità da poter classificare tra le migliori del panorama.

Dinamicamente parlando c’è molta agilità esecutiva, per un songwriting in grado di apparire novità pur nel suo seguire la tradizione di tanto metal esistente. Forse in parte possiamo vederci più i Threshold che i Dream Theater, oppure certa capacità descrittiva tipica degli Orden Ogan. E’ musica sveglia, compositivamente accattivante e tecnicamente ineccepibile. Sentendola entra immediatamente in testa, facile da seguire e vibrante di fluida scioltezza; lontana, comunque, dal senso commerciale di bassa lega. Non è un disco da lasciar passare nel dimenticatoio. Davvero un quadro di qualità che avvince e permette di lasciarsi andare nel vento rinfrescante che le canzoni sembrano soffiare; capelli al vento e gocce di salsedine sulla pelle.

Roberto Sky Latini

At Candle Light
Departure Song
The Dove And The Serpent
The Angel In The Lighthouse
The Drowned
Stormbound (Feat. Ivan Giannini-Vision Divine)
Arkangelos
Of Dew And Frost
Rain
Moonlight Requiem

Stefano Nüsperli – vocals / keyboards
Francesco Ideo – guitar
Simone Bacchi Montin – guitar
Daniele Cantaboni – bass
Ciro Salvi – drums